02 giugno 2020

L'ETERNO RITORNO DEL PONTE SULLO STRETTO



Il povero Renzi non sa più cosa dire per far parlare di sè. L'ultima sua trovata riesuma una vecchia idea che torna, periodicamente, ad occupare per qualche ora il dibattito politico italiano: IL PONTE SULLO STRETTO DI MESSINA. Ieri, sullo stesso Giornale che il giorno prima aveva ospitato un intervento di segno opposto, Giuseppe Barbera espone il suo punto di vista che condivido pienamente. (fv)

LO SVILUPPO POST-COVID
NON PASSA DAL PONTE 


     Per conquistare visibilità, in vista di un’elezione, per sognare il passaggio alla storia, per apparire moderni e lungimiranti, in mancanza di idee per il futuro, ecco che ritorna il ponte sullo stretto. Si è abituati e non serve neanche reagire. Si sa che passerà, per ripresentarsi prima o poi. 
Ma questa volta è diverso, perché riproporlo dopo la pandemia del Covid, come ha fatto recentemente un assessore regionale fino a definirlo “madre di tutte le battaglie … che consente di tornare a correre”, significa non avere compreso granchè di quello che è successo. Non aver capito che la pandemia non è un accidente ma conseguenza delle continue aggressioni all’ambiente. Un disastro provocato dall’uomo, compagno di quelli -riscaldamento globale, perdita di biodiversità, invasione di microplastiche, inquinamento ambientale – che presenteranno il conto nei prossimi 20-30 anni. Lo affermano, pressoché unanimi, gli scienziati ai quali finalmente, terrorizzati dal virus, si è dato conto, ma che si è sempre pronti ad ignorare quando gli avvertimenti riguardano altri limiti di sicurezza che il pianeta ha superato e che incombono, apparentemente senza l’urgenza imposta dal virus, sull’immediato futuro.
Il ponte è il campione più illustre di una idea di crescita che riporterebbe e anzi accelererebbe le condizioni che hanno provocato i disastri presenti e futuri. Compagno dei resort che si vogliono far sorgere sulle ultime spiagge, del ponte che vuole collegare i porti di Lampedusa, del porto hub che prevede a Palermo un rendering che solo chi non ha idea della natura e della storia della città può apprezzare. È il fondale di chi torna a parlare di crescita e non di sviluppo (la prima riguarda la quantità, il secondo la qualità) e invoca il ritorno al consumismo dello spreco e della rapina delle risorse. È necessario però che parlino i dati reali, purché non siano solo quelli della sostenibilità economica, e non i miti e le ideologie. I soldi – mi si consenta un richiamo a uno slogan – non si mangiano ma l’aria, l’acqua, la terra, la biodiversità vanno risolutamente difesi perché è da essi che dipende la salute, la vita. Scorrendo, allora, una sintesi del progetto del ponte e qualche testo che lo analizza si giunge a numeri incredibili. Ad esempio, si ha idea di quanto siano alti i piloni che lo sorreggerebbero? 399 metri, cento in più della Torre Eiffel e sette volte la torre di Pisa. Le loro basi poggerebbero su coppie di pilastri di cemento di 55 metri di diametro e i blocchi di ancoraggio dei cavi comporterebbero altro cemento per 500.000 mc. E per raggiungere l’impalcato, alto 60 metri sul quale correrebbero strade e binari, bisogna realizzare svincoli sospesi, viadotti, autostrade di collegamento per 40 km, in buona parte in galleria. E i treni per arrivare lassù avrebbero bisogno di nuovi viadotti e gallerie che consentano di superare le pendenze. E tutto questo per risparmiare 30 minuti per l’attraversamento e, tra Palermo e Messina, se mai arriverà l’alta velocità, poco più di un’ora di viaggio. Non parliamo del rischio sismico, del disastro paesaggistico che oggi ci spinge a criticare la bruttezza delle periferie urbane e domani, col ponte, ci toglierà pure il piacere di ammirare da lontano le linee pure di Scilla e Cariddi. Rimane poi la considerazione che spendere soldi per il dissesto idrogeologico, l'abbandono della viabilità e delle linee ferrate interne e magari per più efficaci e veloci sistemi marittimi tra le due sponde sarebbe certo molto urgente e opportuno. E guardando un po' oltre il nostro naso, pensiamo ai consumi di energia (petrolio), alla quantità di CO2 immessa in atmosfera, alle cave e alle discariche da attivare. Quanti anni di enormi consumi energetici ci attendono con la costruzione del ponte?
In questi mesi di quarantena dovremmo avere compreso che mentre l’impressionante emergenza economica va affrontata con grande urgenza, bisogna al contempo agire per un futuro che non riproponga i problemi che hanno portato alla crisi sanitaria e ambientale. A questo servono il Green Deal europeo e i miliardi che arriveranno del Recovery Fund e i richiami di Papa Francesco. Alex Langer riprendendo il motto olimpico diceva che piuttosto che verso un futuro “più veloce, più alto, più forte” bisogna andare verso uno “più lento, più profondo, più dolce” riscoprendo e praticando, in un mondo sempre più affamato e affollato, alcuni limiti: rallentare (i ritmi di crescita e di sfruttamento), abbassare (i tassi di inquinamento, di produzione, di consumo), attenuare (la nostra pressione verso la biosfera, ogni forma di violenza). Se non riusciamo a farlo in Sicilia, disponendo delle ricchezze della sua natura, storia e cultura, se non ci basiamo su queste fortune immense che la rendono unica e desiderabile, se non riusciamo su questo a impegnare l’intelligenza dei nostri giovani torneremo forse a correre ma su un ponte che porta dritto al precipizio.


Giuseppe Barbera, La Repubblica 2 giugno 2020

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