Una madre nella Siria odierna
Particolare della Guernica (1937) di P. Picasso
Le immagini orribili dei bambini morti in questi giorni in Siria e in tutti i luoghi in cui ci si sbrana per il potere mi hanno fatto ripensare agli antichi versi di Euripide che sembrano scritti oggi:
Un’orribile morte,
caro, ti prese.
Fossi almeno morto tu
in battaglia
per la tua patria,
dopo aver gustato
fiore di giovinezza
e amore e forza
che agli dei ci fanno
così simili,
forse ti chiamerebbero
felice.
Ma tu hai appena visto
il mondo e subito sei morto,
nulla dei suoi beni
conoscendo,
del suo valore ignaro,
senza gioia.
O figlio del dolore,
le mura della patria
costruite dal Lossia,
la tua caduta videro,
si persero i tuoi riccioli
dalla tua testa sfracellata,
i riccioli che amava
ravviare la madre
con la mano amorosa
coprendoli di baci.
Fredde, piccole mani,
come somigliate
alle mani del padre!
Labbra assai care, dalle quali
bambine parole si staccavano
di vanto, ora per sempre mute!
Mentiva la tua voce alta e squillante
quando, tirando il peplo, mi dicevi:
«Quando verrà il tuo tempo di morire
per te, nonna, io taglierò una ciocca
dei miei riccioli, e coi miei compagni
verrò a salutarti nella tomba».
Ora non sei tu a seppellirmi
ora sono io a seppellire te,
io ridotta così, senza i miei figli,
io vecchia, io senza patria, io ora curva,
stanca seppellisco un corpo infranto.
Oh, con quante tenerezze ti ho curato,
quante volte ho vegliato sul tuo sonno!
Che cosa un poeta potrà scrivere
sulla tua tomba, un giorno?
caro, ti prese.
Fossi almeno morto tu
in battaglia
per la tua patria,
dopo aver gustato
fiore di giovinezza
e amore e forza
che agli dei ci fanno
così simili,
forse ti chiamerebbero
felice.
Ma tu hai appena visto
il mondo e subito sei morto,
nulla dei suoi beni
conoscendo,
del suo valore ignaro,
senza gioia.
O figlio del dolore,
le mura della patria
costruite dal Lossia,
la tua caduta videro,
si persero i tuoi riccioli
dalla tua testa sfracellata,
i riccioli che amava
ravviare la madre
con la mano amorosa
coprendoli di baci.
Fredde, piccole mani,
come somigliate
alle mani del padre!
Labbra assai care, dalle quali
bambine parole si staccavano
di vanto, ora per sempre mute!
Mentiva la tua voce alta e squillante
quando, tirando il peplo, mi dicevi:
«Quando verrà il tuo tempo di morire
per te, nonna, io taglierò una ciocca
dei miei riccioli, e coi miei compagni
verrò a salutarti nella tomba».
Ora non sei tu a seppellirmi
ora sono io a seppellire te,
io ridotta così, senza i miei figli,
io vecchia, io senza patria, io ora curva,
stanca seppellisco un corpo infranto.
Oh, con quante tenerezze ti ho curato,
quante volte ho vegliato sul tuo sonno!
Che cosa un poeta potrà scrivere
sulla tua tomba, un giorno?
(Euripide, Le Troiane, vv. 1167-1189)
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