I virili desideri di san Escrivà, fondatore dell’Opus Dei
Juan Goytisolo
Il 6 ottobre in Vaticano
il Papa Giovanni Paolo II canonizza fondatore dell’Opus Dei,
ossessionata dalla conquista del potere. Questa
canonizzazione-espresso,, la più rapida nella storia della Chiesa,
eccita forti emozioni nei numerosi cattolici che conoscono il
sostegno apportato dall’Opus Dei ai regimi più reazionari, in
particolare in America Latina, e i legami storici che uniscono José
Maria Escrivá de Balaguer e il generale Franco, dittatore fascista
della Spagna.
In Spagna, nel corso
degli ultimi anni, dopo la vittoria del partito popolare di José
Maria Aznar, l’Opus Dei, una specie di massoneria cattolica fondata
nel 1928 José Maria Escrivá de Balaguer,da a poco a poco ha ripreso
il potere. Molti militanti dell’Opus Dei hanno rioccupato posti
importanti nelle imprese e nel governo. Il che spiega il rinnovato
interesse suscitato dalla divulgazione del Rapporto confidenziale
sull’Organizzazione segreta dell’Opus Dei, redatto nel 1943
dalla Falange (il partito fascista spagnolo), impegnato a quel tempo
contro mons. Escrivá de Balaguer in una aspra lotta per il potere
nel seno della dittatura franchista. In questo rapporto Escrivá è
descritto come una "mala lingua" dalla vita poco
esemplare, con "parole ed atti pieni di secondi fini"
e con una "devozione ostentata e lacrimosa, per nulla
naturale, con atteggiamenti finti e forzati". Queste accuse
non hanno per nulla disturbato la folgorante ascesa di mons. Escrivá,
dapprima mondana (il fondatore dell’Opus Dei, "modesto"
accumulatore di decorazioni e di onori, aveva ottenuto dal suo amico
il generale Franco un titolo nobiliare: marchese di Peralta) e in
seguito celeste, beatificazione nel 1982 e, consacrazione suprema, la
santità, conseguita il 6 ottobre 2002.
Il lettore curioso della
vita del nuovo santo Escrivá troverà in qualche opera e nelle
agiografie pubblicate dall’Opus abbondanti testimonianze sui fatti
e le gesta. Noi disponiamo di tracce non meno rivelatrici del
personaggio come le sequenze filmate di qualche sua apparizione in
Cadillac nera, in atteggiamenti pieni di grazia.
Ma la mia interpretazione
personale, in Foutricomédie, delle massime tratte dalla sua
opera capitale, Cammino - tradotta in più di quaranta lingue
-, accende una luce nuova sui fantasmi sessuali di Escrivá. Il
fondatore dell’Opus Dei era, non se ne può dubitare, come avrebbe
detto Rabelais, fatto "del legno di cui sono fatti i santi".
L’opera principale del
fondatore dell’Opus Dei, Cammino, fu scritta durante la
guerra civile spagnola (1936-1939) e costituisce un elogio dello
spirito fascista e del dittatore Franco. In uno dei rari incisi
autobiografici del libro l’autore rievoca i momenti di "nobile
e gioioso cameratismo" con gli ufficiali franchisti, durante i
quali aveva ascoltato la canzone di un «giovane tenente dai baffi
bruni» che recitava questa preghiera: «Di cuori condivisi / io non
ne voglio; / e se do il mio / lo do tutto intero» (massima 145).
Il libro riflette il
fervore franchista dell’epoca (“La guerra è il più grande
ostacolo che si innalza sulla via facile. E tuttavia dovremo amarla
[sono io che sottolineo] come il religioso ama i suoi discepoli”
(311) e, naturalmente, la fervente esaltazione del “Caudillo”
Franco (“Lasciarti andare? Tu?... faresti dunque parte del gregge?
Tu sei nato per essere caudillo!” (16). “Caudillos!...Virilizza
la tua volontà perché Dio faccia di te un caudillo” (833). Grazie
al “fervore patriottico” (905) nella lotta contro lo “spirito
voltairiano in parrucca incipriata o i liberalismi sorpassati del XIX
secolo” (849) “la Spagna ritornerà all’antica grandezza dei
suoi santi, dei suoi saggi e dei suoi eroi” (introduzione datata 19
marzo 1939).
Ma se questi aspetti di
Cammino e molti altri, come la sua alta stima della funzione
della donna nella società cristiana (“Le donne non hanno bisogno
di essere istruite, basta che siano modeste, riservate (946)”) sono
stati oggetto di esegesi da parte degli specialisti di Escrivá, mi
rammarico per l’assenza di ciò che si potrebbe chiamare una
lettura della “libido testuale” di Cammino, di quella
santa sessualità esposta nella massima 28: “Mentre mangiare è
un’esigenza dell’individuo, procreare non è che un’esigenza
della specie, alla quale i singoli individui possono sottrarsi”.
Come vedremo, i “singoli” che “si sottraggono” alla
procreazione, come persone assennate possono trovare in Cammino
massime molto sapide e sentirsi confortati nei loro desideri e sante
ispirazioni sessuali.
Il fondatore dell’Opus
Dei ha molta considerazione per il vigore della virilità e non
nasconde il suo disdegno per coloro che ne sono sprovvisti, che egli
qualifica “dolci e teneri come meringhe”. Eccone qualche esempio:
“Abbandona quei gesti e quei modi puerili. Sii virile ”(3); “Sii
forte. Sii. virile. Sii uomo ”(22), “Non essere puerile” (49);
“Non essere molle, indolente ”(193); “Non hai vergogna di
essere così poco virile perfino nei tuoi difetti? ”(50).
Il vigore preconizzato da
Escrivá congloba tutti i campi della vita spirituale e affettiva.
“Chi ti ha detto che non era virile dire delle novene? ”(574). La
preghiera, sottolinea in diverse riprese, deve essere “vigorosa e
virile” (691) e le lacrime di quelli chiamati alla milizia saranno
ugualmente “brucianti e virili (216)”. Per questo conviene
adottare un modello di condotta che non presti il fianco alla
critica: “Se non sei virile e … normale, tu sarai non un
apostolo, ma la sua risibile caricatura”(877). E sottolinea
conseguentemente: “Essere puro come un bambino non significa essere
effeminato ”(888).
A dispetto di queste
esortazioni alla saggezza ci troviamo su una china pericolosa. Non è
necessario essere uno specialista di Freud per apprezzare le metafore
che si ripetono lungo tutto il Cammino: “Virilizza la tua
volontà sì ch’essa sia, con la grazia di Dio, come uno sperone
d’acciaio ”(615), “Braccio di ferro, potente, avvolto in una
guaine di velluto ”(397), “Quel filo saldamente intrecciato che
può sollevare pesi enormi ”(480) oppure “Non dimenticare che
tutto ciò che è grande, sulla terra, è cominciato essendo
piccolo”(821), ecc.
Il Padre redarguisce
teneramente il discepolo: “Che povero strumento sei!”(477) e lo
esorta ad agire con scienza e padronanza. “Grande o piccolo,
delicato o grezzo…, sii uno strumento. (…) Il tuo dovere è di
essere uno strumento”(484). E lo mette in guardia con fermezza:
“Non si può lasciar arrugginire gli strumenti (486)”. Ma non è
tutto petali di rose sulle strade che portano alla santità. “Una
puntura. Un’altra e un’altra ancora. Sopportale! Tu sei così
piccolo, non lo dimenticare, che nella tua vita – sul tuo piccolo
cammino – tu non puoi offrire altro se non queste piccole croci
”(885). La fatica primordiale di lasciare un “deposito”, già
prescritta fin dalla prima massima del libro, permetterà di “far
sgorgare” l’antifona del catecumeno, tal quale un “fiume
tranquillo e largo ”(145). “Ecco una devozione forte e feconda!
(556)”, esclama. E la semenza, oh divina bontà, “germinerà e
darà frutti saporiti, debitamente innaffiati”(119).
Nel momento in cui tanti
preti cattolici sono accusati di pedofilia e di altre “virili”
dissolutezze, la santificazione di Mons. Escrivá può incitare molte
di queste anime tormentate a pregare “con la bramosia del bambino
per i dolciumi, quando ha bevuto una medicina amara”(889).
Verosimilmente le massime di Mons. Escrivá hanno loro apportato una
specie di lubrificante e di guida efficace sul loro cammino cosparso
di spine e di rose. Per questa ragione – secondo la proposta delle
Suore del Perpetuo Soccorso glorificate nella mia Foutricomédie
– il 6 ottobre 2002 essi festeggeranno con gioia l' ascesa di mons.
Escrivá de Balague alle più alte sfere celesti.
Da “le monde
diplomatique”, ottobre 2002, in “il manifesto” 3 ottobre 2002
Giuseppe Queirolo: Molti sono stati santi in vita (o vogliamo chiamarli ''giusti''?) ma non avendo santi in paradiso o non sono stati ''ufficialmente'' riconosciuti come tali o sono in attesa di un lungo iter. La politica ha voluto fare santo subito un escrivia' molto potente in terra. Da vivo e da morto.
RispondiEliminaE sì, caro Giuseppe, nella storia ci sono stati santi e Santi (che, come suggerisci tu, sarebbe stato meglio chiamare GIUSTI!)
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