Antonio Gramsci, studente universitario a Torino
La tessera della libertà (1917)
Antonio Gramsci
La tessera per il pane
non basta - sostiene il «Corriere della Sera» - è necessario
introdurre anche la tessera della libertà. È geniale, non è vero?
Tanto geniale che ci rendiamo subito solidali con la proposta,
rendendola subito concreta.
La tessera potrebbe
consistere in una legge che affermasse: Un cittadino italiano che
venga arrestato, non può per più di dieci giorni essere tenuto
all’oscuro sulle cause del suo arresto, ma deve entro dieci giorni
essere condotto dinanzi al suo giudice naturale, e riottenere la sua
libertà anche se provvisoria. L’arresto preventivo è mantenuto
solo per gli accusati di colpe gravissime - quando gli indizi della
colpevolezza siano tali da fare apparire probabilissima la condanna -
e non deve essere prolungato per un termine superiore alla misura
minima della condanna. Gli agenti, i giudici, i carcerieri, per colpa
dei quali un cittadino viene arbitrariamente privato della libertà,
sono tenuti a pagare al malcapitato una indennità in solido ciascuno
di lire diecimila, da scontarsi in tanti giorni di prigione in caso
di insolvibilità, con iscrizione nella fedina penale, rimozione
dall’impiego e perdita dei diritti civili per cinque anni. La
tessera importa una limitazione, ma deve anche importare una garanzia
sicura e concreta del minimo di libertà accordato. La tessera non
deve essere solo per i cittadini comuni, deve anche essere per i
cittadini tutori. E rigorosa, per gli uni, ma specialmente per gli
altri.
Da «La città futura», 10
settembre 1917
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