LA STORIA DI EXSTASE UNO SCANDALO LUNGO 90 ANNI
di Roberto Todisco
Il film di Machatý ha recentemente avuto due restauri ed è tornato col suo potere conturbante
«Nel giardino dell’Excelsior, quella sera, si udiva il respiro degli spettatori attentissimi, si udiva un brivido correre per la platea». Queste parole le ha scritte un giovane Michelangelo Antonioni, come corrispondente del Corriere Padano dalla seconda edizione della Mostra del Cinema di Venezia, nel 1934. Il film di cui parla il futuro regista è Extase, del cecoslovacco Gustav Machatý. Oltre a provocare un brivido agli spettatori in laguna, la pellicola, che avrebbe poi vinto un premio alla Mostra, fece molto rumore. L’arcivescovo di Venezia criticò pubblicamente il film. Addirittura si mosse personalmente Mussolini, che pretese una visione privata per giudicare da sé l’impudicizia della pellicola.
Da subito, dunque, il film di Machatý fu bollato come film scandalo ed è diventato celebre per essere stato il primo a mostrare un nudo integrale di donna e la scena di un atto sessuale, seppur solo suggerito dai volti in primo piano dei due amanti, fino a che su quello di lei viene mostrata l’estasi di un orgasmo.
Il film non è passato alla storia solo per l’audacia erotica, ma anche perché a interpretare Eva, la protagonista, fu una diciannovenne austriaca, l’esordiente Hedwig Eva Maria Kiesler, che di lì a qualche anno avrebbe avuto una folgorante carriera americana con il nome di Hedy Lamarr, senza dubbio una delle dive più famose di Hollywood negli anni ‘30 e ‘40. Per molti, la donna più bella del mondo.
La storia di Extase è complessa, fatta di moltiplicazione, distruzione e ricostruzione. Tale complessità è innanzitutto dovuta al fatto che il film nacque giù plurimo: fu infatti girato in tre lingue (prassi comune all’epoca, dal momento che era impossibile il doppiaggio). La versione tedesca e quella cecoslovacca furono interpretate dagli stessi attori principali. Naturalmente Aribert Mog e Hedy Lamarr pronunciavano le battute nelle due diverse lingue nelle scene con dialoghi. Secondo una dichiarazione di Aribert Mog, raccolta dalla stampa dell’epoca, Hedy Lamarr imparò la parte in ceco in una sola settimana (non per togliere meriti all’attrice, ma bisogna sottolineare che i dialoghi del film sono davvero scarni). Quindi per queste due versioni si usarono i medesimi take per le parti senza dialogo, mentre furono realizzate riprese diverse per quelle dialogate. La versione francese, invece, fu interpretata da attori diversi: Pierre Nay nel ruolo di Adam, André Nox in quello del padre di Eva. Una scelta, questa, non condivisa da Machatý ma imposta dal distributore francese, Gaumont.
A rendere un vero rompicapo la ricostruzione di Extase, nell’ottica di risalire cioè alle forme in cui gli spettatori all’epoca lo videro, sono stati soprattutto i problemi che il film ha avuto nel corso degli anni, e diversi in ogni paese, con la censura. Senza contare il fatto che il primo marito di Hedy Lamarr, il fabbricante d’armi in odor di nazismo Fritz Mandl, cercò di acquistarne tutte le copie in circolazione per distruggerlo.
In realtà all’inizio sembrò andare tutto bene. Il film non fu censurato all’uscita in Cecoslovacchia e in Austria, ce lo dicono i visti di censura del 1932. I guai tuttavia iniziarono presto. In Germania il film fu vietato e conobbe una distribuzione solo nel 1935, e con un titolo diverso, Symphonie der Liebe. Si tratta di una versione ampiamente rimaneggiata, per rendere la storia meno “deprecabile”, soprattutto per quanto riguarda la vita matrimoniale che veniva rappresentata: si lasciava intuire che Eva avesse ottenuto il divorzio dal marito. Purtroppo nel 1938 la censura arrivò anche da parte di Praga: dopo Anschluss dell’Austria il clima era cambiato rapidamente in tutta l’area, volgendo al cupo. Di lì a poco la Cecoslovacchia sarebbe stata invasa dalla Germania nazista, e la libertaria corsa di Hedy Lamarr e il suo erotismo dovettero sembrare un ricordo lontano.
In Italia, a seguito dello scandalo in Laguna, il film fu vietato dal regime fascista. Dopo la guerra furono diversi i produttori a presentare all’ufficio di Revisione, cioè alla censura, la richiesta di distribuire il film, che non ottenne mai il visto. A visionarlo fu anche un giovane Andreotti, che nei governi De Gasperi era sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, cui all’epoca faceva capo la Direzione Generale Cinema. Negli archivi è stato ritrovato un appunto interno di un dirigente che chiedeva al futuro Divo Giulio di «esaminare l’opportunità di mettere in circolazione un film il quale, dopo i tagli sopportati, risulterebbe seriamente pregiudicato nella sua consistenza e non offrirebbe più quegli elementi di spettacolo che hanno reso famoso il film stesso, il che potrebbe provocare proteste e reazioni da parte della stampa e del pubblico». Anche i censori hanno un’anima, potremmo dire.
Il film, tuttavia, non ebbe problemi solo in Europa. Negli Stati Uniti il distributore Samuel Cummins attese invano dieci mesi l’approvazione alla pubblica proiezione. Alla fine il presidente del Production Code Administration, Joseph Breen, lo definì «pericolosamente indecente». Il film non fu giudicato rispondente ai criteri del Codice Hays ed ebbe una distribuzione limitata, a macchia di leopardo fra alcuni stati, mentre in altri, come la Pennsylvania, venne vietato.
È da considerare, inoltre, che gli interventi censori spesso sono stati diversi in ogni paese o addirittura più localizzati: una singola sala cinematografica, alla maniera del proiezionista di Nuovo Cinema Paradiso, poteva intervenire con le forbici per eliminare scene considerate disturbanti per il proprio pubblico. Questo, come è evidente, ha prodotto una miriade di varianti, la cui genealogia è praticamente impossibile da ricostruire.
Bisogna poi aggiungere che nel corso degli anni qualcuno non ha resistito alla tentazione di ritagliare pezzi di pellicola per poter conservare l’immagine sfolgorante e conturbante del corpo nudo di Hedy Lamarr, facendone una sorta di santino peccaminoso. Fra i frame che più spesso risultano mancanti nelle pellicole, infatti, ci sono quelli di Eva che fa il bagno o di lei che guarda, nuda, il suo cavallo scappare via. Naturalmente è molto probabile che alcune scene, allo stato attuale delle nostre conoscenze, siano da considerarsi perdute.
Da questo abisso di varianti e censure, fortunatamente, negli ultimi anni Extase sta riemergendo in tutto il suo splendore. Il 27 agosto 2019 la versione cecoslovacca, restaurata dal Národní filmový archiv, è stata proiettata in Sala Darsena, al Lido di Venezia, 85 anni dopo la proiezione all’Excelsior, come evento di pre-apertura della 76° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, vincendo il Premio Venezia Classici per il miglior film restaurato. Risale invece a poche settimane fa la pubblicazione del DVD del nuovo restauro dell’edizione tedesca realizzato dal Filmarchiv Austria. Si tratta di due avventure filologiche che costituiscono, per la complessità della tradizione del film (4 versioni, decine di edizioni, pochi testimoni superstiti), veri e propri gioielli del restauro cinematografico.
Ma soprattutto sono importanti perché ci danno l’opportunità di vedere un film che possiede «una forza superiore, una forza inquietante», come ha scritto Henry Miller. Lo scrittore paragonò Extase al romanzo di D.H.Lawrence L’amante di Lady Chatterly, pubblicato tre anni prima. Vi riscontrò la stessa “coscienza del sangue”. «È un ritmo del corpo, ritmo del sangue che contrasta con il fluire masturbatorio dell’intelletto. Quando questo ritmo prende il sopravvento porta con sé non solo una nuova tecnica cinematografica, ma anche un nuovo modo di vivere».
A quasi novanta anni dall’uscita del film, naturalmente, non possono essere un nudo di donna, se pure il primo della storia del cinema, intravisto fra le foglie, o il piacere dipinto sul suo volto ad attirare l’attenzione del pubblico (e figuriamoci a scandalizzarlo), né tantomeno può farlo l’ingenua rappresentazione di una vita matrimoniale insoddisfacente. Quello che ancora oggi provoca il brivido descritto dal giovane Antonioni è proprio la “forza superiore” di cui parla Miller, una forza che non sta nei pochissimi dialoghi o nella storia, una forza che pulsa nelle immagini, in ogni singola inquadratura. Come scrisse Christian Bosséno «Extase è, dal punto di vista della fotografia, dell’utilizzo della luce e del linguaggio cinematografico, un’opera appassionante da vedere o rivedere».
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