21 luglio 2022

TORNIAMO A PARLARE DELLA RIVOLUZIONE SESSUALE DEGLI ANNI 60

 


Grazie, sorelle, per quella rivoluzione

Nuria Alabao
21 Luglio 2022

Perché nel mondo ipersessualizzato di oggi la libertà sessuale fa ancora tanta paura? Una violenta offensiva reazionaria è cominciata da tempo ed è in pieno corso, non certo solo negli Stati Uniti. È ancora una reazione alle lotte degli anni Settanta e alle loro conseguenze. Soprattutto a quelle che rivendicavano la separazione tra sesso e riproduzione, questione che resta al cuore di ogni progetto conservatore. Tra i discorsi pubblici che riesumano un certo puritanesimo, però, molti vengono dal femminismo stesso. Sostengono, per esempio, che la rivoluzione sessuale compiuta dalle nostre sorelle maggiori che si sono organizzate e hanno cambiato per sempre la cultura e le nostre usanze è stata fatta “per gli uomini”. Nuria Alabao scrive per contrastare con veemenza la rappresentazione della sessualità come spazio di pericolo che potenzia e moltiplica le narrazioni sul “terrore sessuale”. Così come le tendenze di un diffuso “femminismo punitivo”, che cede alla mistificazione che indica la pornografia o la prostituzione come l’origine della violenza sulle donne. Il femminismo che libera non è quello che stabilisce norme o regole o dice chi può o non può farne parte, neppure quello che spiega quale sessualità è legittima e quale no. È quello che apre nuove possibilità e libertà per tutte. La rivoluzione sessuale fatta dalle nostre sorelle, conclude Nuria, è la nostra vittoria. È tempo di tornare a parlare di sesso in termini di affermazione del piacere e della libertà

Nudo sdraiato con i capelli sciolti. Amadeo Modigliani (1917).

Sì, potrebbe anche sembrare assurdo ringraziare coloro che sono venute prima e hanno lottato per noi. E suona quasi ridicolo fare appello alla difesa della rivoluzione sessuale nel mondo ipersessualizzato di oggiTuttavia, molti discorsi pubblici respirano di nuovo un certo puritanesimo, e la maggior parte di essi proviene dal femminismo stesso. Quei discorsi dicono che la rivoluzione sessuale è stata fatta “per gli uomini”, che ha contribuito a fissare la sessualità femminile a una certa normatività – “noi donne abbiamo una sessualità diversa”, “vogliamo affetto, non solo sesso” oppure assicurano che “a noi non piace il porno” –.

Non ho dubbi che la socializzazione di uomini e donne sia ancora diversa, ma i modi di sperimentare la sessualità sono sempre più plurali e più liberi. E questo è avvenuto grazie a quelle donne che si sono organizzate e hanno cambiato per sempre la cultura e le nostre usanze. Forse è necessario guardare indietro e riconoscere tutto ciò su cui abbiamo vinto, anche se, senza alcun dubbio, è altrettanto necessario riflettere su ciò che ci resta da conquistare. Perché la libertà sessuale fa paura, perché sembra che siamo tornati in una situazione reazionaria su questi temi?

A volte, per sapere su cosa abbiamo vinto, possiamo guardare indietro. Mia madre, nata negli anni Cinquanta, si è sposata per sfuggire al controllo familiare. In pratica a quello di sua madre, mia nonna Pepa, strenua custode della morale tradizionale che la teneva ben legata, con regole ferree sugli orari in cui uscire e rientrare – la notte era territorio proibito – e su cosa fosse possibile fare e cosa no. Con uomini da sola… meglio di no. È vero che allora c’erano già altri modelli, ma non così tanti nel luogo in cui vivevano e nella classe sociale di cui facevano parte. Il divario città/paese era allora ben più marcato che oggi.

Mia nonna non era una persona cattiva, era semplicemente cresciuta in un ambiente in cui ballare era male e stare con gli uomini era considerato pericoloso, questo ha riprodotto al momento di educare. Non esercitava un controllo ossessivo né patologico, aveva semplicemente imparato, a costo della propria felicità, che la deviazione dalla norma morale aveva un prezzo alto che poteva essere pagato per tutta la vita. Il prezzo che aveva pagato lei. Rimase incinta molto giovane e la obbligarono a sposare un uomo che non amava che avrebbe finito per abbandonarla molto presto con due bambini piccoli dopo una relazione triste e violenta. Quella era stata la sua esperienza di vita, il pericolo sempre sussurrato di ciò che avrebbe potuto accadere alle donne “perdute”, l’esperienza che le ha trasmesso il mandato di imporre la morale sessuale patriarcale, a lei e alle donne della sua generazione.

Mia madre si è sposata molto presto perché voleva scappare da tutto questo, voleva decidere da sola cose così di base come il quando entrare e uscire di casa e poter respirare un po’. Certo, avrebbe potuto andarle male, per esempio se il marito si fosse sostituito al controllo materno, il potere lo avrebbe avuto – fino al 1975 il matrimonio comportava restrizioni delle libertà per le donne, tra le quali c’era l’istituzionalizzazione dello stupro, che non veniva riconosciuto per la figura del “debito coniugale”, grazie all’obbligo di disponibilità verso il marito che (in Spagna, ndt) esisteva fino al 1992 (in Italia, comunque, fino al 1996 la violenza sessuale non era considerato reato contro la persona, ma contro la morale pubblica, ndt).

In ogni caso, mia madre dice di essere stata felice, anche se non è mai stata con nessun altro mentre mio padre era in vita. Cioè, fino all’età di 68 anni. Le sue aspettative e possibilità di sperimentazione erano molto limitate dal suo ambiente e dall’educazione.

Roma, 1972. Presidio a Campo de’ Fiori prima dell’aggressione con i manganelli della polizia. Fonte: Osservatorio sulla repressione

È la generazione di mia madre che ha fatto la rivoluzione sessuale in questo paese. Probabilmente lei, a causa del suo status sociale, non è stata l’avanguardia di nessun movimento controculturale, ma devo ringraziarla per aver rapidamente capito e accettato che la società era cambiata, così la mia educazione e la libertà di cui godevo sono state completamente diverse (sebbene ricordi ancora una guerra generazionale e mia nonna che mi diceva che solo le “puttane” tornavano a casa tardi quanto lo facevo io). In ogni caso, quelle di noi che sono venute dopo hanno avuto più facilità nel godersi il sesso e più libertà nel farlo, sia nello spazio simbolico che in quello reale. Malgrado tutti i discorsi contraddittori che si possano fare – l’essere chiamata “puttana” da altri se vai con tanti ragazzi, ecc. non è certo scomparso –, il cammino è stato decisamente meno irto di ostacoli.

Un altro aspetto di quel mondo di possibilità che s’è aperto è stato che ho potuto innamorarmi e avere relazioni con le donne, cosa che mia madre non avrebbe forse neanche potuto immaginare quando era giovane. Una cosa che invece sta diventando sempre più comune. Basta parlare con i ragazzi più giovani per farsi un’idea di come vivano la questione con maggior normalità rispetto ai più grandi. In Spagna non ci sono inchieste del genere, ma negli Stati Uniti quasi il 21% della Generazione Z – nata tra il 1997 e il 2003 – si identifica come LGTBI. Una cifra enorme e molto più alta rispetto a quelle degli anni precedenti. Sembra esserci anche una maggiore diversità nei modi di vivere queste preferenze sessuali non normative. Non solo omosessuali o bisessuali, oggi si parla di pansessualità – attrazione sessuale verso altre persone indipendentemente dal loro sesso o identità di genere, vale a dire anche verso persone trans o non binarie. Il queer ha anche fatto esplodere molte di quelle categorie anche al di là delle etichette, si aprono nuovi percorsi. Oggi parlare con tanti giovani di questi temi significa imparare cose nuove. (Si stanno inaugurando anche nuovi conflitti, come stiamo vedendo e vivendo con i dibattiti sull’infanzia trans, paradossalmente proprio ora che sempre più bambini si dichiarano tali).

Infine, sento di continuare a dire cose ovvie, ma quando leggo che “la rivoluzione sessuale è stata fatta per gli uomini”, mi chiedo in che mondo vivono le persone che lo affermano, se magari non ricordano da dove veniamo. Se non ricordano la radicalità del movimento femminista degli anni Settanta, quando avevamo tutto da conquistare e il discorso era quello della “liberazione”, riproducendo il linguaggio delle lotte anticoloniali e per i diritti civili. Liberazione che era anche della famiglia, del desiderio e naturalmente sessuale, e che ha dato forma a un mondo nuovo, un mondo che scopriva che una parte importante dell’oppressione delle donne era contenuta o mediata dalla sessualità ma che non la rappresentava solo come luogo di oppressione, ma come uno spazio che doveva essere nostro. Queste lotte avevano una forma molto concreta in Spagna, miravano ad ottenere diritti che ancora non avevamo: contro il delitto di adulterio, per poter abortire o decidere quando diventare madri. La rivendicazione di libertà sessuale ha sempre avuto un rovescio della medaglia nella lotta contro la violenza, ma non è mai solo questo. Non dobbiamo dimenticarcene.

In quegli anni si criticavano anche cose come il sesso che metteva al centro solo la penetrazione, si parlava di orgasmo clitorideo e piacere, Piacere con la maiuscola. Si discuteva sulle fantasie sessuali, e se dovessero essere o meno di un certo tipo per essere femministe e perfino se il sadomasochismo fosse una pratica “accettabile”. Cose che ora ci sembrano evidenti ma che a un certo punto abbiamo dovuto nominare per farle nostre, che hanno ampliato mondi e possibilità. Il femminismo più liberatorio non è quello che stabilisce norme o regole o dice chi può o non può farne parte, o quale sessualità o quale porno sono legittimi, ma quello che apre nuove possibilità e libertà per tutte.

Oggi la spinta ultra, la controffensiva sessuale della destra è ancora una reazione alle lotte degli anni Settanta e alle loro conseguenze. Soprattutto a quelle che rivendicavano la separazione tra sesso e riproduzione, questione che resta al cuore di ogni progetto conservatore. Sto dicendo ancora una volta cose ovvie, ma tutto questo era la rivoluzione sessuale. È stata fatta per gli uomini? Alcune continuano a dire di sì, e che la promiscuità che si è normalizzata oggi è per loro una vittoria. Anche se non possiamo certo equiparare promiscuità e liberazione sessuale, almeno abbiamo scoperto che può essere un’opzione per molte donne, se lo desideriamo, un’opzione tra le altre, non è un territorio degli uomini. Grazie alle nostre sorelle maggiori per avermi aperto anche quella porta.

La Valentina, creata da Crepax nel 1965, è una delle prime donne a mostrare molto apertamente di vivere la sua sessualità senza paura né sensi di colpa o stereotipi

Neoliberismo sessuale

Altre critiche mettono oggi al centro la commercializzazione del sesso, oppure indicano la sessualizzazione del corpo femminile nelle rappresentazioni egemoniche. Danno la colpa al neoliberismo, una specie di “abbiamo fatto la rivoluzione sessuale e adesso ci vendono il sesso”, come se non sapessimo che ogni conquista è suscettibile di diventare merce. Viviamo quei paradossi nel mondo che produce valore a partire dai segni e dalle esperienze, ma sappiamo anche che quella commercializzazione si nutre di “giacimenti di autenticità” – qualcuno deve vivere quell’esperienza in modo reale da qualche parte in modo che possa essere venduta, e il fatto che produca valore per qualcun altro non la invalida.

Eppure ciò di cui si parla meno, a proposito del neoliberismo, è che esso è servito anche a creare la cornice in cui qualsiasi problema sociale o culturale potrebbe essere risolto ricorrendo maggiormente al codice penale, al carcere o alle multe, lo Stato punitivo. C’è un conflitto rilevante, oggi, tra un femminismo che crede che questa dovrebbe essere la scommessa principale per garantire la libertà sessuale delle donne di fronte alle aggressioni e un femminismo che sa invece che abbiamo bisogno di andare molto al di là di questo, perché la maggior parte delle aggressioni non arrivano ai tribunali e perché non tutte abbiamo uguale accesso alla giustizia: la classe, i documenti, la possibilità di “razzizzare” sono limiti chiari. Il femminismo punitivo è un tipo di femminismo che potenzia e moltiplica le narrazioni sul “terrore sessuale” che vanno a scapito proprio della nostra stessa libertà e che sono solite coincidere con posizioni che vogliono vietare e punire la pornografia o la prostituzione come se fossero l’origine della violenza contro le donne.

Gayle Rubin diceva che già negli anni Ottanta buona parte della letteratura femminista attribuiva l’oppressione delle donne a rappresentazioni grafiche del sesso, alla prostituzione o persino alla transessualità. “Cosa è successo alla famiglia, alla religione, all’educazione, ai metodi genitoriali, ai media, allo Stato, alla psichiatria o alla discriminazione sul lavoro e sul salario?” si domandava. Invece di indicare il sistema, sottolineandone i problemi strutturali, si tratta di vietare le cose che non ci piacciono. Come ho spiegato in un altro articolo, lo scandalo morale funziona bene come innesco politico, depositiamo le nostre paure da qualche parte, creiamo capri espiatori. Queste forme “di comunicazione” della politica sono più facili che organizzarsi e generare alternative proprie che non richiedano la protezione dello Stato. Ciò di cui abbiamo bisogno, dice Raquel Osborne, “sono donne forti e autonome, con risorse sufficienti per evitare ciò che le danneggia e per lottare per cambiarlo”. Nell’era del #Metoo, torna a perseguitarci la rappresentazione della sessualità come spazio di pericolo, ma oggi, come ieri, esiste un femminismo che la immagina anche come un terreno proprio, anche di resistenza. La rivoluzione sessuale è la nostra vittoria.

E dunque grazie, sorelle, per averci dato le possibilità di godere della sessualità e per averla de-sacralizzata. Oggi nei media si viene informati tanto – e in modo talvolta talmente allarmistico – che il sesso può arrivare a essere percepito come un terreno ostile. Torniamo a parlare di piacere e libertà. Recuperiamo il sussurro del passato, dove le nostre pratiche sessuali, per dirla con le parole di bell hooks, “possono optare per la promiscuità o per la castità, per abbracciare una identità e preferenza sessuale specifica, oppure per scegliere un desiderio mutevole, non incasellato, che viene risvegliato solo dall’interazione e dall’impegno con persone concrete con le quali sentiamo la scintilla del riconoscimento erotico, indipendentemente dal sesso, dal colore della pelle e dall’origine, dalla classe o persino dalle preferenze sessuali. Le discussioni femministe radicali sulla sessualità devono venire alla luce affinché il movimento verso la liberazione sessuale possa ricominciare.

Fonte originale in spagnolo: Cxtx

traduzione per Comune-info: marco calabria

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