17 febbraio 2016

ELIO VITTORINI E ALBE STEINER



A cinquant'anni dalla morte di Vittorini la Repubblica ricostruisce la storia dell'amicizia fra lo scrittore siciliano e il grafico Albe Steiner.
Simone Mosca
Vittorini-Steiner. Conversazione a Milano
È la sera del 12 febbraio 1966 sui Navigli a Milano, il pavé di via Gorizia lambisce la Darsena, ancora un porto commerciale di chiatte e gru. Al civico 22 un uomo è morto e un amico non vuole dimenticarlo. Lo vuole ricordare così bene che non una ma due volte lo ritrae di profilo composto immobile nel letto. Alle 21,45, quando è appena spirato, e poi alle 23.
A penna, in entrambi gli schizzi, in poche linee traccia le lenzuola rincalzate, i baffi e i capelli che sarebbero bianchi ma che l'inchiostro ritinge di nero. Il viso che spunta dal cuscino è magro e severo, il sopracciglio piccato. "Elio Vittorini è morto a Milano in viale Gorizia alle 21 e 45 del 12 febbraio 1966" scrive Albe Steiner sotto il primo disegno. Con lo sguardo essenziale del grafico, cinquant'anni fa fermava in queste due istantanee inedite l'ultima espressione di un grande del Novecento italiano. Si erano conosciuti da partigiani nel ‘43 e non si erano più lasciati.
«Avevo diciott'anni e mezzo quel 12 febbraio ed Elio, che per tutta la vita avevo avuto vicino, fu la prima persona che vidi mancare» ricorda oggi Anna Steiner, nata nel ‘47, figlia di Albe (1913-1974) e Lica (1914-2008). All'indomani della ricorrenza, la memoria degli ultimi anni di Vittorini è affidata soprattutto a lei. Mentre infatti Bompiani ripubblica un'edizione arricchita di Diario in pubblico, è nell'archivio di documenti, lettere, disegni e fotografie conservato da Anna che rivive il Dopoguerra milanese dello scrittore nato a Siracusa nel 1908.
Buona parte di una storia che si può sfogliare in Lica Covi Steiner (Corraini), che Anna ha dedicato alla madre, oppure visitando fino al 13 marzo al Museo del Novecento di Milano la mostra Licalbe Steiner. Grafici partigiani. Grafica a sua volta insieme al marito Franco Origoni nello studio che fu dei genitori, Anna ripercorre gli anni dell'incontro tra i suoi e Vittorini: «Per la verità nel ‘43 fu Lica, rimasta a fare la staffetta in città, a frequentare per prima Elio». Vittorini era già il famoso scrittore di Conversazione in Sicilia.
Fascista pentito inviso al regime entra nell'orbita del Pci (mentre gli Steiner al partito erano iscritti già dal ‘40). Fu un'entrata a gamba tesa. Una lettera di due pagine datata 14 dicembre 1946, inviata da Vittorini al "carissimo Albe" che si trova in Messico, racconta ancora una volta la polemica nata sulle pagine de Il Politecnico. Vittorini è il direttore della rivista uscita il 29 settembre del ‘45, Albe Steiner è l'architetto di un'impostazione all'avanguardia in Italia, dove le immagini hanno un ruolo di primo piano. Collaborano tutti i migliori scrittori italiani, si traducono Brecht e Majakovskij. Scrive all'amico il gongolante Vittorini che del Politecnico "...se ne discute in tutta la stampa in ogni numero che esce e in questo momento ho una polemica sul problema dei rapporti tra politica e cultura in cui è intervenuto Togliatti con una lunga lettera".

    Lica e Albe Steiner
La contesa, nata attorno al primato della cultura sulla politica sostenuto da Vittorini, finirà male. La rivista, in difficoltà economiche, chiuderà nel ‘47, e Vittorini risponderà a Togliatti di non voler suonare il piffero della rivoluzione. La seconda parte della lettera è invece solo per l'amico Albe: "Non ti ho detto, invece, che molto spesso, la sera, ci mancate tu e la Lika, e che il tuo ottimismo era per me come un buon cuscino...".
La vicinanza tra gli Steiner e Vittorini, che al suo fianco dopo l'annullamento delle prime nozze con Rosa Quasimodo, sorella del poeta, ha Ginetta Varisco, diventa totale nel ‘49, da vicini di casa. «Due portoni quasi contigui vicino al Parco Sempione, noi in corso Sempione e Ginetta ed Elio in via Canova: avevamo le chiavi di casa gli uni degli altri». Gli Steiner, sempre e ancora comunisti. Vittorini, sempre e ancora polemico. Al Pci lo scrittore riserva l'ennesimo sgarbo.
È il giugno 1950, con una lettera indirizzata ai cinque giurati del Premio Internazionale della Pace, fa sapere di non voler accettare il riconoscimento per il suo Uomini e no, che considera il suo romanzo "meno valido" perché "più funzionale". Il documento è noto, non è noto che Vittorini lo inviò in segreto anche a Steiner. «Condividevano davvero tutto. E sì, c'erano liti aspre, soprattutto con mia madre. Ma in qualche modo, la coerenza oltranzista di Elio, che poi era un tratto comune di quella generazione, veniva riconosciuta come una voce critica vera, non era quella di un anticomunismo opportunista».
Tra i ricordi conservati da Anna Steiner anche tante foto, per esempio quelle delle vacanze trascorse insieme a Bocca di Magra, sulla terrazza della Pensione Sans Façon: «Ci si trovava d'estate con gli Einaudi, Vittorio Sereni, Marguerite Duras — forse l'unica ad alzare il gomito insieme al suo giovane amante Robert Antelme» ricorda Anna. Poi gli anni passano, «Ginetta ed Elio si trasferiscono nella casa di lei in via Gorizia» e nella comitiva compare anche il timidissimo e balbuziente Calvino «che solo Albe riusciva a scuotere dalla discrezione».
Nel ‘63, a Quercianella, Livorno, due disegni blu. Vittorini ha appena scoperto di avere un tumore allo stomaco, Steiner lo ritrae sdraiato su un divano. Vittorini si opera, altri tre anni, poi la fine: «Io c'ero quella mattina del ‘66 in via Gorizia, e smisi di piangere quando vidi Marta, la storica domestica di Vittorini, una donna piccola e fulva, che con un martello levava le croci e i paramenti dalla bara perché Elio voleva un funerale civile». Calvino, in un ricordo firmato nel ‘74 su l'Unita, scriverà che Vittorini e gli Steiner erano capaci di trasmettere la passione, di immaginare il futuro, l'utopia. Il 14 febbraio 1966, a Milano, sulla rivista studentesca del Liceo Parini, La Zanzara, esce un'inchiesta sulla posizione della donna nella società italiana che anticipa il movimento del ‘68. «È difficile a volte credere al caso» dice Anna.
La Repubblica – 7 febbraio 2016

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