15 febbraio 2016

PIERO GOBETTI: un liberale autentico da ricordare sempre.





UN LIBERALE DA NON DIMENTICARE

Gianluca Graciolini

Il 15 febbraio del 1926, esattamente 90 anni fa, moriva esiliato in Francia Piero Gobetti, a soli 25 anni, a seguito delle ripetute percosse e dalle tante persecuzioni subite dalle sbirraglie di Mussolini. Frequentavo la prima liceo, avevo appena finito di leggere Le Lettere dal carcere di Gramsci e durante una delle tante discussioni aperte con cui la mia prof portava avanti il programma di storia e di italiano, mi invitò a scoprire e ad approfondire anche la figura del giovane intellettuale torinese, liberale ed antifascista.
Così, mi misi alla ricerca dei suoi scritti e delle sue biografie e me ne appassionai. Più avanti, trovandomi a Parigi, feci perfino visita alla sua tomba, nel cimitero di Pere Lachaise, dove riposa insieme ad altri esuli antifascisti.
A soli 21 anni fondò la rivista La Rivoluzione Liberale, dove tra gli altri scrissero Antonio Gramsci e Luigi Sturzo. Successivamente diede vita a Il Baretti, dove scrissero Benedetto Croce, Eugenio Montale e Natalino Sapegno. Gran parte delle sue opere ed i libri che, da editore ed organizzatore di cultura militante quale fu, riuscì a pubblicare furono tutti sequestrati e messi al rogo dal regime fascista, su cui fece pesare argutamente il suo noto giudizio di "autobiografia della Nazione", come terminale storico di tutti i mali tradizionali della società italiana giunti a cancrena.
Da liberale, fu vicino e si appassionò alle lotte operaie: "Io seguo con simpatia gli sforzi degli operai che realmente costruiscono un ordine nuovo. Non sento in me la forza di seguirli nell'opera loro, almeno per ora. Ma mi par di vedere che a poco a poco si chiarisca e si imposti la più grande battaglia del secolo. Allora il mio posto sarebbe dalla parte che ha più religiosità e spirito di sacrificio".
Piero Gobetti fu un intellettuale poliedrico e la sua grande tensione morale, politica, civile e democratica rappresenta a tutt'oggi un esempio di prim'ordine della migliore cultura italiana ed europea. Negli stessi giorni in cui il nostro Paese ha pianto il martirio di Giulio Regeni, pur nelle diversità delle situazioni storiche e del diverso rilievo dei due giovani, non è difficile fare un parallelismo tra i due, entrambi vittime della barbarie, in quanto amanti di giustizia e di democrazia.
Piero Gobetti amava pubblicare ogni suo libro con l'incipit che riportava un antico motto greco: "Che ho a che fare io con gli schiavi?" Ecco, nel 2016, rendiamo giustizia a tutti i Gobetti e i Regeni di ogni epoca e del mondo di oggi, ponendoci di fronte ad esso ed alle sue vicende con questa semplice, ma dirompente domanda: che abbiamo a che fare noi con gli schiavi?


P.s.: Sono convinto che i tanti che si definiscono liberali per conformismo, servitù e idolatria non ricorderanno come meriterebbe la figura ed il martirio di un liberale autentico come Gobetti. Domandatevi il perchè e chiedetevi il perchè spetta ancora a noi di sinistra dare a lui il posto che merita nella storia ed esaltare il monito che da lui tuttora ci giunge per l'attualità.

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