15 febbraio 2016

ORLANDO E' FURIOSO DA 500 ANNI




Orlando furioso 500 anni
Cosa vedeva Ariosto quando chiudeva gli occhi
Ferrara, 24 settembre 2016 – 8 gennaio 2017

«Quando entro nel Furioso, veggo aprirsi una tribuna, una galleria regia, ornata di cento statue antiche de’ più celebri scultori […], di cristalli, d’agate, di lapislazzuli e d’altre gioie, e finalmente ripiena di cose rare, preziose, meravigliose»

Galileo Galilei

Cosa vedeva Ludovico Ariosto quando chiudeva gli occhi? Quali immagini affollavano la sua mente mentre componeva il poema che ha segnato il Rinascimento italiano? Quali opere d’arte furono le muse del suo immaginario? A queste domande vuole dare una risposta la mostra organizzata dalla Fondazione Ferrara Arte per celebrare i cinquecento anni della prima edizione dell’Orlando furioso. Concepito nella Ferrara estense e stampato in città nel 1516, il poema è uno dei capolavori assoluti della letteratura occidentale che da subito parlò al cuore dei lettori italiani ed europei. Più che una ricostruzione documentaria, l’esposizione sarà una importante rassegna d’arte vera e propria: una straordinaria narrazione per immagini che condurrà il visitatore in un viaggio appassionante nell’universo ariostesco, tra battaglie e tornei, cavalieri e amori, desideri e incantesimi. I capolavori dei più grandi artisti del periodo – da Giovanni Bellini a Mantegna, da Dosso Dossi a Raffaello, da Leonardo a Michelangelo e Tiziano – oltre a sculture antiche e rinascimentali, incisioni, arazzi, armi, libri e manufatti di straordinaria bellezza e preziosità, faranno rivivere il fantastico mondo cavalleresco del Furioso e dei suoi paladini, offrendo al contempo un suggestivo spaccato della Ferrara in cui fu concepito il libro e raccontando sogni, desideri e fantasie di quella società delle corti italiane del Rinascimento di cui Ariosto fu cantore sensibilissimo.

Mostra a cura di Guido Beltramini e Adolfo Tura, organizzata da Fondazione Ferrara Arte e MiBACT Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo

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LA  SUA  FOLLIA  D'AMORE  E'  LA MIA
 
di Mimmo Paladino


La prima volta che l’ho letto è stato a scuola, con tutta la noia del caso. Poi questo enorme affresco della fantasia torna a catturare la mia attenzione quando mi viene chiesto di illustrarlo. È il 2011, la Treccani mi propone di disegnare le tavole che arricchiscono la prestigiosa riedizione di quindici grandi classici della letteratura italiana, tra i quali l’ Orlando furioso di Ludovico Ariosto.

Angelica che fugge, l’ippogrifo, il castello di Atlante, la maga Alcina e sua sorella Morgana: la forza figurativa del poema non può non ispirarmi. A livello immaginifico, mi appartiene. E mi colpisce la libertà di entrare e uscire dalla trama, partire da qualunque episodio, seguirlo e scoprire che si tratta del frammento di un universo totale. Tanto da non avere un personaggio o una scena preferiti, avvertendoli tutti — mentre appaiono, scompaiono e riappaiono nel racconto — alla pari, dentro un’unica immensa narrazione.

La stessa sensazione di poter iniziare, andarmene e poi tornare a immergermi da ciascun angolo del libro l’ho avuta con il Don Chisciotte di Cervantes e l’ Ulisse di Joyce , e mi piace, visto che per me l’arte è soggetto di libertà e deve garantire altrettanta libertà di fruizione.

Anche la mia lettura del Furioso allora è senza vincoli. Non vado a guardare le opere che già altri artisti hanno ideato ispirandosi al poema, né le illustrazioni che fin dalle edizioni del Cinquecento lo hanno accompagnato. Mi muovo come un rabdomante, scelgo l’evocazione e seguo le intuizioni che si scatenano di fronte alle ottave dell’Ariosto, consapevole di dovere entrare nella memoria di tutti, senza però dimenticare le acquisizioni della contemporaneità. Decido di non creare a mia volta illustrazioni, piuttosto interpretazioni grafiche che possano aggiungere alle parole la mia visione da pittore, di artista prestato alla letteratura.

Per i canti XXIII-XXIV, ad esempio, a cavallo dei quali si consuma la follia di Orlando, il campione della cristianità impazzito per amore, scelgo di giocare sull’architettura della parola. Un volto, poi spade e drappi dispersi su un fondo bianco, ma anche lettere scomposte. Voglio rappresentare l’essenza stessa della scrittura, dipingere l’autore come un prestigiatore di caratteri.
 
Di questi ultimi, inoltre, cerco di trasmettere la materialità, che non deve mai essere persa: dal mio punto di vista, infatti, non esiste il pensiero puro e, così come la pittura ha bisogno di un supporto, anche la letteratura vive di parole stampate. Una circostanza tanto più vera allora, nel 1516, all’epoca della prima stesura del poema, quando Gutenberg aveva inventato la stampa a caratteri mobili da poco più di sessant’anni.
 
 

Anche il mago Atlante è il mio mago Atlante. Verde, sembra ricoperto di alghe. D’altra parte, parlando da artista e lasciando a critici e filologi il loro mestiere, a me le storie del Furioso fanno subito venire in mente leggende mediterranee che appartengono alle mie radici culturali. E non posso non pensare altrettanto in fretta al teatro dei pupi siciliano.
 
 
È una caratteristica che adoro del poema di Ariosto: la capacità di essere estremamente colto e di contenere, insieme, una dimensione popolare che è stata in grado di trasmettersi, nel tempo, a diverse forme e livelli di espressione artistica. L’alto e il basso che si mescolano — grazie anche all’ironia di alcune scene — sono forse tra i motivi che hanno permesso al Furioso di resistere al tempo e di far sembrare ancora oggi pochissimi i cinquecento anni che ci separano da quella prima edizione. Si pensi solo ad Angelica, l’oggetto del desiderio per eccellenza, la cui uscita di scena dal poema avviene con un ruzzolone («celò il viso bello, / levò le gambe et uscì de l’arcione, / e si trovò riversa in sul sabbione»).

Ci si può persino identificare. Anche la follia di Orlando per amore potrebbe essere quella di ciascuno di noi. E allora accade che un poema profondamente figlio della sua epoca sia allo stesso tempo universale. Miracoli dell’arte, non solo letteraria, quando diventa capolavoro.
 
Fonte: Il Corriere della sera del 20 dicembre 2015


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