L'astro mutevole per
eccellenza ha anche un genere sessuale incerto in molte culture. E
data la sua natura di continue metamorfosi, forgia licantropi e
vampiri, che poi non sono altro che figure della vita e della morte.
Claudio Corvino
Lunatici per scelta
Tra i ghiacci del
grande Nord, quando per gli Inuit le cose non avevano ancora una
forma distinta, Luna (Taqquiq) e Sole (Siqiniq),
fratello e sorella, si unirono in matrimonio
e ben presto lei rimase incinta. Chiusa nell’iglù
destinato alle partorienti, ogni notte subiva la
visita di uno sconosciuto nel suo letto. Decisa
a smascherare quell’essere impudente, Sole si
sporcò le mani di fuliggine e quando costui riandò
a trovarla, gli sporcò il viso. Andato via, Sole lo seguì
fino all’iglù delle feste, dove si riunivano gli Inuit,
e scoprì che quell’insolente era proprio suo
fratello Luna. Così senza pensarci troppo entrò e davanti
a tutti si tagliò i seni, gettandoglieli ai
piedi e dicendo: «desideri tanto il mio corpo, e allora
mangiatelo!». Dopodiché prese una lampada
a olio e fuggì via nella notte artica. Luna la inseguì,
ma nella fretta fece spegnere la sua lampada. Si
inseguirono a lungo, fino a che non giunsero
al cielo, dove rimasero per l’eternità
come Siqiniq e Taqquiq, il sole e la
luna.
Questa storia, raccolta dall’antropologo Franz Boas nel 1888, mostra l’origine dei due astri agli «inizi del tempo» inuit, in quella notte eterna dove uomini, animali e persino gli astri avevano uno statuto oscillante e si scambiavano ruoli, genere e specie: un uomo poteva diventare un orso, oppure una donna, e viceversa. Analogamente l’offerta sessuale diventava alimentare quando Siqiniqoffriva le sue carni al fratello, in un’antica confusione tra antropofagia e incesto.
In coppia forzata
La luna è il più mutevole dei fenomeni celesti, il suo genere sessuale è incerto: un maschio potente come il Toro del Cielo (ancora oggi in tedesco Mond, luna, è di genere maschile) che accudisce e protegge le sue mucche, le stelle, una femmina cacciatrice con l’arco o un crescente di luna in mano, o un bisessuale come tra le isole Andamane, dove la luna crescente è maschile e quella calante femminile. La ragione di questa differenza di generi la spiegava Platone nel Convivio, descrivendo il genere maschile, figlio del sole, quello femminile, figlio della terra e un terzo sesso figlio della luna, partecipe di entrambi, che anche nel nome ricorda le due divinità Hermes e Afrodite.
Nella mitologa
europea abitualmente il sole è maschio e la
luna femmina e, ovviamente, non si uniscono mai. Il
perché lo spiega una simpatica leggenda
normanna: un giorno, mentre il sole percorreva
l’universo incontrò Dio, che lo salutò calorosamente
e gli chiese come andasse. Il sole rispose che le cose non
andavano benissimo e che negli ultimi tempi aveva
delle eruzioni piuttosto imbarazzanti. Dio
gli fece: «sposati, che aspetti?». «Con chi?», richiese il
sole perplesso e Dio, sicuro di sé, «ma con la luna!».
Il sole replicò contrariato: «Sposarmi con la luna?
Una scostumata che dorme tutta la notte, cambia fase
tutte le settimane e che è piena ogni mese…
O Signore, non pensateci proprio!».
Nel loro bisogno di
dare ordine alle cose del mondo, gli umani hanno elaborato
un sistema di parentela astrale che ha visto nella luna di volta
in volta una madre, una figlia, una moglie, un marito, dei gemelli,
dove l’altro elemento della coppia era immancabilmente
il sole. Ma mentre questo è sempre uguale a se
stesso, la luna cambia continuamente forma,
posizione, colore, luce: rappresenta il ritmo stesso
delle cose secondo natura, fedele a quei ritmi cosmici che si
contrappongono all’umano e all’urbano. La
luna ci ha insegnato a scandire i periodi: dopo
il giorno e la notte è stata la prima misura naturale
del tempo. Non è un caso se month, monat, mese, derivino
tutti dallo stesso etimo, che rimanda sempre alla luna, come
lunari furono i primi calendari greci, mesopotami,
indiani, ebrei.
La sua ciclicità l’ha resa amica del ciclo riproduttivo femminile e quindi patrona di quelle divinità che sovrintendono alla nascita come Hera, Artemide o Lucinia, protettrici del matrimonio o del parto.
Concepimenti
facili
Nel medioevo le streghe, prima di diventare quelle banali schiave del demonio che conosciamo, erano donne che volavano periodicamente di notte al seguito di misteriosi esseri dai nomi lunari come Diana, Berta, Perchta, il cui nome conserva tutto il fascino dell’antico tedesco perhata naht, «luminosa notte». Gli stessi ritmi biologici dell’uomo dipendevano dalle fasi di questo astro: si credeva che il suo desiderio sessuale fosse più forte durante la luna piena, mentre il midollo spinale, sede dell’energia vitale, era più debole durante la luna calante. In questa stessa fase diminuiva la produzione di sperma: si pensava così che i bambini fossero concepiti più facilmente durante i tre giorni della luna nuova.
La sua ciclica «assenza» del novilunio ha preparato gli uomini a gestire la morte, a viverla come una scomparsa temporanea cui sarebbe seguita una nuova esistenza: ha insegnato loro a sperare e a credere in una rinascita.
La luna stessa
è diventata un luogo dove riposano le anime: i Campi
Elisi dei pitagorici o il paese dei morti chiamato
pitriyana dagli Indiani. L’astro notturno è una tappa
importante di un cammino dei morti che conduce al sole
e poi alla luce infinita di Ahura Mazda nella religione
zoroastriana.
Per Plutarco dopo la
morte le anime vagano nello spazio sublunare per
purificarsi dai miasmi prodotti dal corpo
e infine approdare sull’astro lucente. Non tutte
riescono a giungervi: alcune ne vengono
cacciate, tra gemiti e lamenti, mentre altre, quelle
dei puri, fanno un giro d’onore incoronate di piume, come
atleti vittoriosi: l’anima a poco a poco
perderà coscienza della propria identità e si
dissolverà nella luna, da dove ne nascerà una nuova
pronta per la reincarnazione.
Non solo le anime sono custodite sul suolo lunare, ma anche le cose perdute alla terra, come il senno di Orlando recuperato da Astolfo.
Mostri che ingurgitano
Un astro che sparisce per poi riapparire, diviene naturalmente metafora e tutore delle cerimonie di iniziazione degli uomini e al tempo stesso insegna loro che la morte è la condizione principale di ogni cambiamento di stato, di ogni rigenerazione. I ragazzi o le ragazze che partecipano a una cerimonia iniziatica sanno che dovranno simbolicamente «sparire» (nella foresta, nella capanna delle iniziazioni, nella pancia di un orso o di una balena, come Giona e Pinocchio) per un breve periodo, per poi ritornare nella civiltà con forma e sostanza mutate. Per le ragazze spesso l’iniziazione coincide con il menarca, la prima mestruazione. Questo delicato momento della vita verrà perciò indicato con la perifrasi Quando le donne hanno la luna, come titola il libro dell’antropologa Gianfranca Ranisio.
L’iniziazione spesso prevede che il neofita venga simbolicamente inghiottito da un mostro. Diversamente può accadere che quest’ultimo ingoi la luna e quindi, secondo molte culture popolari, avvenga un’eclissi. È interessante allora osservare come sia esattamente speculare la reazione rituale degli esseri umani verso due fenomeni lontani anni luce (nel senso proprio del termine), eppure miticamente e intimamente legati: eclissi e matrimonio.
In molte culture,
quando un’unione matrimoniale non è accettata
o considerata «anomala», si reagisce
con un cerimoniale popolare che consiste
essenzialmente nel far baccano con strumenti
improvvisati, soprattutto con pentole e padelle
(ultimamente abbiamo assistito a una coerente
rifunzionalizzazione del rituale in chiave
politica per protestare contro il decreto «la
buona scuola» del governo Renzi). Questa cerimonia
popolare viene denominata scampanata,
charivari, rough music, Katzenmusik,
cencerrada, cacerolazo (famoso quello del 13
marzo 2004 a Madrid, contro il governo di José Maria
Aznar) e in vari altri modi.
Licantropi
e vampiri
In modo parallelo, quando avviene un’eclissi di luna, in varie parti della terra si produce un baccano infernale per scongiurare la scomparsa dell’astro, ritenuto in pericolo di essere divorato da un mostro cosmologico. Esistono varie teorie che spiegano antropologicamente entrambi i cerimoniali. Tentando una spiegazione comune, potremmo dire che in entrambi i casi il rumore segnala, rende manifesta, un’anomalia: una rottura dell’ordine cosmico causato dall’eclissi o un infrangersi dell’ordine sociologico umano a causa di un’unione «non ortodossa», non condivisa dalla «pubblica morale».
Ovviamente, un astro
che presiede ai mutamenti sarà ritenuto
responsabile di infinite forme di trasformazione,
comprese quelle zoomorfe in vampiro o in
licantropo. Il primo innestato sulla rappresentazione
popolare della morte – si diviene vampiro post mortem
–, il secondo su quella della nascita – diviene licantropo
il neonato o il feto esposto alla luna piena –
entrambe le figure nascondo l’idea che l’ambivalenza insita nella
condizione umana, il male che è dentro di noi
e che si manifesta incessantemente in
forme «mostruose», possa in qualche modo trovare origine
e spiegazione in quel lontano astro notturno
che influenza ogni momento del nostro vivere.
Un po’ come l’Otello di Shakespeare: «È tutta colpa della luna, quando si avvicina troppo alla Terra fa impazzire tutti».
Un po’ come l’Otello di Shakespeare: «È tutta colpa della luna, quando si avvicina troppo alla Terra fa impazzire tutti».
Il manifesto – 13
agosto 2015
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