Giorgio Amico
Le erbe di San Giovanni
Secondo la tradizione il
solstizio d'estate è il periodo in cui le energie della terra sono
al culmine, quindi la notte che lo precede è il momento migliore per
raccogliere erbe e fiori che, grazie alla potenza magica assorbita,
rappresentano un sicuro antidoto contro le malattie, i sortilegi di
diavoli e streghe e in genere ogni tipo di sventura. Le piante, come
i fuochi di mezza estate, erano ritenute in grado di trasferire agli
uomini parte dei misteriosi poteri generativi della natura. (69)
Le erbe raccolte la notte
di San Giovanni, prima del sorgere del sole quando le loro proprietà
curative o magiche sono più forti, erano considerate erbe benefiche,
in grado di scacciare ogni malattia, evitare il malocchio, proteggere
la casa e gli animali. Le più ricercate erano però le piante
cosiddette della buona salute, quelle che possedevano particolari
poteri curativi: l'artemisia, l'iperico, la verbena, la ruta.
L'artemisia
Secondo la tradizione è
la pianta di Artemide (l'equivalente della Diana romana), la dea
protettrice della caccia e delle piante medicinali che curano i
disturbi tipici delle donne. Già il nome porterebbe lontano, se solo
pensiamo che dagli inquisitori Diana era considerata la Signora delle
streghe, maestra delle guaritrici e delle levatrici. Ricordo di
quando nell'antichità la dea proteggeva le donne dai dolori del
parto e dalla febbre puerperale. E in effetti l'artemisia ha
proprietà emmenagogiche, contiene cioè sostanze che regolano il
flusso mestruale e ne riducono i disturbi avendo anche effetti
rilassanti del sistema nervoso e degli spasmi muscolari.
Nel mondo greco-romano
Diana, oltre a proteggere le partorienti, si curava anche della
salute dei neonati e dei bimbi piccoli. La pianta possiede infatti
proprietà antisettiche e depurative ben conosciute e dunque veniva
usata come vermifugo e nelle convulsioni dei bambini.
Moltissimi erano gli
utilizzi dell'artemisia. Era tradizione appenderla nelle stalle per
tenere mosche e tafani lontani dagli animali. Dipinta sulle fiancate
dei carri e delle carrozze proteggeva dagli incidenti stradali e
garantiva ai trasportati un viaggio senza pericoli. Le sue radici, se
raccolte nella notte di San Giovanni proteggevano dai fulmini e dalle
tempeste se cucita sugli abiti.
Pianta diffusissima, ne
esistono circa 400 specie, è conosciuta soprattutto come Artemisia
absinthium, fin dai tempi più antichi apprezzata per le sue
proprietà terapeutiche: è infatti antisettica,digestiva,
stimolante, tonica e vermifuga. Dalle foglie e dai fiori gialli della
pianta si ottiene un olio che con l’aggiunta di acqua diventa
lattiginoso. Alla fine del Settecento un medico francese, Pierre
Ordinaire, riprendendo vecchie ricette dell'erboristeria
tradizionale, ne ricavò, mescolandolo a anice, issopo, dittamo,
acoro e melissa, una bevanda dalla fortissima gradazione alcolica:
l'Assenzio o Fée Verte (la Fata Verde), la droga degli artisti
bohèmiens cantata da Baudelaire e Verlaine.
“Tout cela ne vaut pas le
poison qui découle
De tes yeux, de tes yeux verts,
Lacs où mon âme tremble et se voit à l'envers...
Mes songes viennent en foule
Pour se désaltérer à ces gouffres amers.”
De tes yeux, de tes yeux verts,
Lacs où mon âme tremble et se voit à l'envers...
Mes songes viennent en foule
Pour se désaltérer à ces gouffres amers.”
[Ma più veleno stillano
i tuoi occhi, i tuoi verdi occhi, laghi dove si specchia e capovolto
trema il mio cuore, amari abissi dove a frotte si dissetano i miei
sogni] (70)
Così Baudelaire, rivolto
alla sua amante, Marie Daubrun, attrice nota per la bellezza dei suoi
occhi verdi, ma anche esplicito riferimento al potere inebriante
della Fée Verte.
L'Iperico
L'iperico, detto anche
erba di San Giovanni o scacciadiavoli, è una pianta officinale con
proprietà antidepressive e antivirali. Cresce in grandi macchie e la
sua densità di fioritura è tale da risaltare come macchia di colore
giallo oro misto con rossiccio; infatti i fiori durano poco, dopo un
giorno sono già appassiti, si infeltriscono e assumono un colore
rosso ruggine.È ben riconoscibile anche quando non è in fioritura
perché ha le foglioline che in controluce appaiono bucherellate. Da
qui il nome di Hypericum perforatum.
Nel medioevo si diffuse
la leggenda che l’iperico fosse nato dal sangue di san Giovanni e
che il diavolo volesse distruggerla trafiggendola, ma l’unico
risultato ottenuto era stato quello di perforarle le foglie.
Schiacciando le foglie se ne ricava un pigmento rosso-bluastro che è
il principio attivo dell’iperico e ha un odore pungente. Detta, per
il suo colore «Sangue di San Giovanni», questa sostanza dona
salute, protezione, forza. Si dice anche che il nome di erba di San
Giovanni risalisse al fatto che all'epoca delle crociate l’ordine
dei cavalieri di San Giovanni utilizzasse questa pianta per produrre
un balsamo utilizzato per cicatrizzare le ferite ricevute in
battaglia dai suoi membri. (71)
Per le sue proprietà
lenitive veniva usato per curare bruciature, scottature, eritemi
solari, ulcere, piaghe, contusioni, slogature. Raccolto alla vigilia
della festa di san Giovanni e poi macerato nell'olio d'oliva veniva
usato come rimedio contro tutti i problemi dovuti al sole e al caldo,
ma anche per la cura dei reumatismi, sciatica ed in cosmesi per
dare tono alla pelle avvizzita. Si riteneva che avesse il potere di mettere in fuga i
diavoli, da qui il suo antico nome «Fugademonum». Per questo veniva
spesso posto sopra la porta di casa, mentre sparso sul tetto
proteggeva dai fulmini. Chi si trovava per la strada nella notte
della vigilia di San Giovanni, si proteggeva dalle streghe
infilandoselo sotto la camicia. Bruciato produceva un fumo odoroso
simile all'incenso che proteggeva da spiriti e demoni. Era poi
convinzione comune che le foglie d'iperico messe sotto il cuscino di
un donna nubile le facessero apparire in sogno il futuro marito.
Sembrano sciocche
superstizioni, ma oggi sappiamo che l’ipericina (il principio
attivo dell’iperico) è un forte antidepressivo e un efficace
regolatore del tono dell’umore e del ciclo sonno-veglia, tanto da
essere ancora oggi largamente usato nella produzione di farmaci. Non
avevano poi torto allora gli abitanti delle campagne nei secoli
scorsi a considerarlo un efficace antidoto contro i cattivi pensieri
e i disturbi del sonno.
La Verbena
E’ una pianta molto
comune, infestante con, fiori piccoli, molto profumati. Cresce
spontanea nei prati, nei boschi e lungo le strade di campagna. I
Romani la consideravano una pianta sacra. Negli altari dedicati a
Giove, veniva bruciata della Verbena per purificarli e venivano
preparate delle fascine di questa erba per spazzarli. Una leggenda
medievale narrava che la verbena era stata utilizzata sul Monte del
Calvario per cicatrizzare le ferite di Gesù crocifisso. Per questo
mentre la si coglieva si doveva recitare questa formula
propiziatoria:
“Tu sei santa, Verbena,
come cresci sulla
terra,
perché in principio sul Calvario fosti trovata,
tu hai guarito il Redentore
perché in principio sul Calvario fosti trovata,
tu hai guarito il Redentore
e hai chiuso le sue
piaghe sanguinanti,
in nome del Padre, del
Figlio
e dello Spirito Santo ti
colgo.” (72)
Ancora fino a non molti
anni fa il giorno della festa dell'Assunta in molte località rametti
di verbena venivano benedetti durante la messa per essere poi
appesi nelle case e nelle stalle. Per queste sue caratteristiche
purificatrici in caso di epidemie la verbena veniva bruciata per
strada e nelle case per disinfettarle.
La pianta era anche nota
per le sue presunte proprietà afrodisiache. Si credeva che
profumarsi di verbena suscitasse l'amore. Infusi di verbena venivano
usati per risvegliare la passione amorosa. In questo caso petali di
verbena erano messi a macerare con del miele in un recipiente
contenente del vino, dopo sette giorni si filtrava ed ecco pronto
l'elisir d'amore da offrire alla persona amata. Le giovani spose il
giorno delle nozze portavano con sé un mazzetto fiorito di Verbena,
che le avrebbe aiutate a superare felicemente la prima notte. Echi di
queste credenze sono sopravvissuti a lungo. Ancora agli inizi del
secolo scorso era uso recarsi agli incontri con la persona amata
muniti di confetti di verbena con cui profumarsi l'alito.
La Ruta
Era una pianta molto
usata per le sue caratteristiche, ma necessitava di molta cautela per
i suoi effetti irritanti e velenosi. Per questo ne veniva
sconsigliata la raccolta e l'uso a chi non fosse particolarmente
esperto. Possedeva proprietà digestive e antispasmodiche. Come
l'artemisia favoriva le mestruazioni poiché aumentava la
circolazione sanguigna nell’utero, ma poteva anche avere effetti
abortivi e anche a questo scopo veniva utilizzata dalle guaritrici.
Aveva poteri sedanti, calmava il dolore, riduceva i sintomi
dell’ansia e del nervosismo. Per questo si usava come cura contro
l'insonnia. Per gli stessi motivi era ritenuta un rimedio efficace
contro la paura. Portata addosso o tenuta in tasca aiutava a superare
situazioni difficili o di pericolo.
Era convinzione diffusa
che, ridotta in polvere, evitasse il contagio della peste e curasse
gli effetti dei veleni e dei morsi di serpenti. Emana un odore
sgradito agli insetti e ai roditori, per questo veniva sparsa sui
pavimenti come insetticida e per tenere lontani i topi. Si credeva
anche che la ruta fosse un potente rimedio contro il malocchio. Una
credenza non solo europea. Nella Santeria cubana, frutto
dell'incontro del cristianesimo con i culti yoruba degli schiavi, la
ruta è usata per particolari cerimonie, veri e propri bagni di
purificazione, in cui si recita questa preghiera:
“Ruta benedetta,
potente e miracolosa che sul Monte Calvario alle lacrime della
Maddalena unisti le tue lacrime, ottienimi ciò che chiedo.
Per questo bagno dammi
fortuna, e che l’uomo che desidero possa sentire per me amore e
tenerezza, e che il suo sguardo e il suo pensiero siano solo per me.
Per le gocce di sangue
che versò il Re dei Re, ti chiedo di avere fortuna e l’ attenzione
dei miei amici.
Per questo io chiedo,
Ruta benedetta, di ottenermi tutto il bene e che entri felicità,
fortuna e amore nel mio corpo, nella mia anima e nella mia casa”.
(73)
La notte di san Giovanni
è anche collegata al noce e ai suoi frutti che in molte zone
d’Italia si usa tuttora raccogliere ancora acerbi in questa notte
per preparare il nocino, liquore ritenuto possedere particolari virtù
benefiche.
69. Un'esaustiva
trattazione del tema in Le erbe e le piante di San Giovanni in:
Cattabiani, Florario, cit., pp.205-257.
70. Charles Baudelaire,
Opere, Milano, Mondadori, 1996, p.105.
71. Cattabiani, Florario,
cit., p. 212.
72. Mircea Eliade,
Trattato di storia delle religioni, Torino, Boringhieri, 1976, p.
307.
73. Per un utile
approccio alla santeria si rimanda a Giuliana Muci, La santeria
cubana. Aspetti teorici, mitologici e rituali, Nardò, BESA, s.d..
Testo ripreso dal libro e dal blog di Giorgio Amico:
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