17 agosto 2013

Sul cinema geniale di Luis Buñuel



Devo ai gesuiti di Palermo la scoperta di Luis Bunuel. Ricordo ancora i cineforum che organizzavano nei primi anni 70 a Casa Professa; proprio quì, infatti, ho visto i primi films del grande regista spagnolo. 
Oggi mi piace ricordarlo con questo articolo:



Carlos Saura -Buñuel: il mio amico Luis fu il Goya del cinema

Compagno di strada di Lorca, Dalì, Mirò, seppe dare forma a sogni e incubi come nessun altro Quando nel 1960 conobbi di persona Luis Buñuel, al festival di Cannes, mi resi conto che il ciclone della Guerra Civile, che aveva infranto tante illusioni e assassinato alcuni dei nostri migliori virgulti, non ce l'aveva fatta ad abbattere alcuni alberi potenti che affondavano le proprie radici nelle viscere della terra, e che alla fine della guerra, come spesso accade, gli sconfitti avevano vinto quello scontro fratricida che aveva devastato e insanguinato la terra di Spagna.

Ora sarebbe giusto ricordare che a Luis Buñuel Portolés, emulo di Francisco de Goya y Lucientes, toccò in sorte di vivere al centro di un uragano che fece tremare il mondo. Fu testimone di tre orribili guerre e delle loro conseguenze: due europee; l'altra, una guerra vicina, la Guerra civile spagnola, che falciò la vita di parenti e di amici. Non stupisce il fatto che Buñuel, testimone di questa barbarie, detestasse la tecnologia, da lui spesso assimilata alla morte e alla distruzione, forse dimenticando che anche quella tecnologia, che in fin dei conti non è altro che scienza e quindi conoscenza, poteva servire, tra l'altro, ad evitare le sofferenze e ad ampliare le nostre conoscenze e il nostro sapere.

Nei suoi ultimi anni, come un monaco eremita medievale, aspirava alla vita conventuale e per questo, per lavorare, si rifugiava in luoghi silenziosi e solitari, in Messico e a Madrid, forse accompagnato da quel "rumore dei pensieri" di cui parlava san Giovanni della Croce. "Se io morissi adesso, niente, va bene, ho già vissuto a sufficienza, sarebbe orribile essere immortale", diceva quando aveva 70 anni. Compensava, tuttavia, quei ritiri mistici con pasti annaffiati da vino bianco di Yepes e rosso di Rioja, e con le chiacchierate con i suoi amici, meravigliose conversazioni di una persona che ha vissuto con passione un'epoca attraversata da intensi cambiamenti, sconvolgimenti sociali, movimenti artistici e scoperte scientifiche che hanno segnato in modo definitivo il secolo.

Al mattino presto, appena sveglio, si guardava allo specchio e si riconosceva portando la mano al padiglione auricolare; accendendo l'apparecchio acustico, si chiedeva: "Luis, come stai oggi, stamattina?". "Bene, bene, sto bene", rispondeva. In quel riconoscimento era implicita la sorpresa per l'illuminarsi di ogni giorno. "Stanotte ho sognato un asino putrefatto, è un sogno ricorrente, mucchi di carne, di sego, di grasso...". I sogni sono evanescenti e, così come i ricordi, li manipoliamo a nostro piacimento; rimangono resti di immagini, sensazioni, terrori ancestrali, paura del buio, caduta nel vuoto... Don Luis se ne intendeva di sogni, incubi e allucinazioni.



Nel buio della caverna, uomini scimmia dell'odissea nello spazio scrutano il nerume dei sogni: sogni erotici impossibili, scalate di potere, assassini che tramano crimini terribili nell'oscurità, pensieri in cui si annidano vendette per le umiliazioni patite... e anche oasi di felicità e di piacere; spiagge con le loro palme ed acque trasparenti, deserti all'alba, brume nordiche, boschi illuminati, e la speranza in una vita migliore, l'alba di un nuovo giorno, forse di un nuovo millennio... Dalí solleva la pelle del mar Mediterraneo e sotto, sulla sabbia, giacciono Luis Buñuel e Federico García Lorca.

Luis Buñuel e i suoi compagni di viaggio: Lorca, poeta di New York e di canzoni popolari accompagnate al pianoforte; Bergamín, così magro ed elegante, così fine ed educato, dalla parola facile e acuta. Julio Alejandro, Sender, Pitaluga, Picasso, Miró, Dalí, Pau Casals, León Felipe, Cernuda, Alberti, Villegas López, Carlos Velo, e tanti altri di una generazione indimenticabile! Che contrasto la loro vitalità con la nostra generazione da veglia funebre, disincantata e annoiata, degli anni del dopoguerra!

Ricordo una penosa proiezione di Él, il film che Luis Buñuel girò in Messico, dove autorevoli critici di allora, e alcuni amici, dissero sciocchezze inenarrabili su quel capolavoro. Ma la vita è così, e poiché è saggio correggersi, oggi si eleva "San Luis Buñuel" agli onori degli altari di una cultura massificata. Molti diranno di averlo conosciuto bene – io mi faccio avanti per dire che ho conosciuto solo una piccola parte della sua vita e l'amicizia che lui mi ha regalato - e in questo banchetto diranno di avere la chiave che spiega come era, come mangiava, come beveva, come pensava... Ci saranno commissioni per tesserne le lodi, monumenti, panegirici...

E Luis Buñuel, dalle vette del centenario compiuto, sorriderà, con quel suo sorriso simpatico, riservato, aragonese, e si farà sfuggire qualche suo temibile consiglio amichevole: "Carlos, se mi dessero l'Oscar, lo butterei per terra indignato e me ne andrei". "Non fare mai pubblicità al tuo film, questo possono farlo i mediocri"."La Palma d'Oro di Cannes, nulla, nulla, brutta roba... Il Premio Speciale della Giuria, roba buona, perché non dipende dagli intrighi. Comunque, sai cosa penso dei premi: vanità delle vanità...". "La passione è l'unica cosa che giustifica tutto, perfino il più terribile dei crimini". "I cattolici hanno inventato la confessione per poter controllare l'ultima ridotta della nostra libertà: l'immaginazione; ho fatto dei brutti pensieri, confessavo da ragazzino, tormentato dalle fiamme dell'inferno". "E che pensieri erano, figliolo?", mi chiedeva il prete. "Donne nude, il sesso, mi masturbavo". "Be', qui uno poteva dire qualsiasi sproposito, per esempio: che nei miei pensieri avevo ucciso mio padre, che andavo a letto con mia sorella... eccetera". L'immaginazione, come diceva Goya, non ha limiti.

(Da: La Repubblica del 30 luglio 2013)


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