17 settembre 2016

M. RECALCATI, Quando il desiderio diventa una trappola


Massimo Recalcati

Se il desiderio si trasforma in una trappola

Uno strano e inquietante insetto ha da sempre catturato attorno a sé l’interesse degli studiosi più diversi. Si tratta della Mantide religiosa. Il suo nome antico di Mantis, che significa “profetessa”, è già significativo di un certo alone di sacralità che la circonda. Rogers Callois, fondatore nel 1938 con Georges Bataille e Michel Leiris del celebre Collegio di Sociologia, né ha, in pagine memorabili contenute ne Il mito e l’uomo, scolpito il ritratto. La caratteristica principale di questo insetto femmina, dalle proporzioni infinitamente più grandi di quelle del maschio, è quella di divorare il proprio partner durante o dopo l’accoppiamento sessuale. 




Ma il suo “carisma” non si realizza solo in questo modo. Al suo sguardo era attribuito sin dall’antichità un potere magico. Nella Roma imperiale si diceva che se qualcuno cadeva malato era colpa dello sguardo della Mantide che era caduto sullo sventurato. Ma il punto cruciale che ha reso questo insetto un oggetto di studio costante nei secoli resta indubbiamente la convergenza inquietante di appetito sessuale e voluttà alimentare.


In un articolo del 1784 scritto da J.L.M. Poiret viene resa nota l’osservazione della Mantide che decapita il maschio prima di accoppiarsi con lui per divorarlo interamente dopo la copula. Questo cannibalismo atroce non può non fare tremare l’immaginario maschile. Gli etologi si sono interessati alle ragioni di questo comportamento. Per alcuni l’orrenda decapitazione del maschio prima del rapporto sessuale è finalizzata ad incentivare i movimenti spasmodici del coito rendendo l’erezione più turgida. 



Ma l’insaziabilità della Mantide si manifesta altresì nel fatto che proprio durante il coito inizia il divoramento del suo amante. Decapitato e divorato il povero mantide si trova senza alcuna voglia ad essere protagonista di uno dei peggiori incubi di Dario Argento. Si tratta di un cannibalismo primordiale che mescola insieme la pulsione sessuale alla pulsione orale. Ella non gode dell’organo sessuale del maschio ma del suo corpo intero.


Nella lettura popolare di tutti i tempi il motivo degli spettri femminili che divorano i loro amanti è assai ricorrente. Si tratta di creature demoniache che hanno solitamente l’aspetto di donne di estrema bellezza che seducono le loro vittime prima di nutrirsi del loro corpo. La stessa vagina si presta in questi racconti a diventare una sorta di arma micidiale che anzichè provocare il piacere del maschio lo può inghiottire minacciosamente. 




Callois riporta a questo proposito un racconto eschimese dell’Ottocento dove un celibe viene sedotto da una bellissima giovane. Nella notte d’amore trascorsa insieme, l’uomo finì però per sprofondare letteralmente nel corpo di lei fino a scomparire del tutto. Al risveglio mentre la bella preda uscì dall’igloo per urinare, espulse dalla sua vagina lo scheletro del suo povero amante! 



Freud stesso aveva rintracciato la frequenza dell’immagine della vagina dentata nei fantasmi sessuali dei nevrotici a cui, per esempio, riconduceva il sintomo dell’eiaculazione precoce. Il tabù della Mantide inscena quello della femmina assassina che avvelena, contagia, inghiotte, divora il maschio che vorrebbe godere di lei. Ma più in generale mostra il nesso profondo che unisce il godimento sessuale alla morte. È un tema ampiamente sviluppato da Freud: esiste una prossimità profonda tra il pieno soddisfacimento sessuale e l’esperienza della morte.


Jacques Lacan nelle lezioni di apertura del Seminario X (1962-63) dedicato al tema dell’angoscia ha rievocato lo spirito maledetto della Mantide religiosa. Volete sapere quando si prova l’angoscia? Volete sapere in che condizione ci si trova quando si è angosciati? Lacan porta i suoi allievi a seguirlo in un sentiero stretto. Diversamente da quello che pensavano Freud, Heidegger e Sartre l’angoscia non è senza oggetto, non è percezione del nulla o della nostra libertà.








Egli rievoca la Mantide per contestare l’idea di matrice esistenzialista che l’angoscia ci confronti con la nostra libertà più propria e con il dilemma della scelta. Dalla Mantide Lacan trae un altro insegnamento sull’angoscia: essa sorge non quando siamo confrontati con la nostra libertà ma, al contrario, quando ci sentiamo ridotti ad oggetti passivi del desiderio dell’Altro che si para dinnanzi a noi come un enigma invalicabile. È quello che avviene in un bambino inerme di fronte all’onnipotenza dell’Altro che si prende cura di lui. Cosa vorrà da me? Cosa mi farà? Mi divorerà, mi ucciderà o mi risparmierà?



L’angoscia appare quando siamo confrontati con il carattere radicalmente enigmatico del desiderio dell’Altro. La figura della Mantide religiosa si presta più di ogni altra ad incarnare questo carattere. Provate, dice Lacan ai suoi allievi sbigottiti, ad immaginare di essere di fronte ad una Mantide e pensate di avere stampata sul vostro volto l’immagine del mantide maschio e, dunque, di conoscere la sorte spaventosa che vi attende. Immaginatevi cioè di essere “presi” come oggetto del godimento dell’Altro.


Ecco questa condizione è all’origine dell’angoscia: essere gettati in pasto al desiderio dell’Altro, assoggettati, subordinati, sovrastati dal desiderio dell’Altro. In questo senso l’angoscia non segnala affatto la nostra libertà ma il sentirsi inchiodati all’immagine dell’oggetto del godimento dell’Altro – del mantide maschio - senza alcuna possibilità di fuga.



La Repubblica – 4 settembre 2016

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