23 settembre 2016

L' ANIMA DI PASTERNAK



Anima mia, fossa comune...


Dopo lo scandalo legato alla pubblicazione del Dottor Živago all'estero e al Premio Nobel, Pasternak deve mettere da parte un grande progetto di riedizione delle sue poesia in Unione Sovietica, già in cantiere nel 1956. In quell'anno, comunque, erano uscite nove poesie che entreranno in un nuovo libro, Quando rasserena, composto tra il 1956 e 1959, e percorso dal filo rosso della memoria e della vocazione della poesia, dove l'io ritrova se stesso e il proprio senso nel ritrarsi e farsi medium, servo: contenitore anonimo delle ceneri della Storia. Anima entra in quest'ultimo libro. Il Pasternak, che spesso viene letto come il poeta lirico per eccellenza, colui che afferma la Vita e si apre al tutto, qui si fa becchino di Amleto e impasta la sua poesia con il terriccio delle fosse comuni, delle tombe senza nome e senza ricordo del suo Secolo-belva. E con l'epigrafe crea un bel cortocircuito tra Memoria e Oblio: "Un livre еst un grand сimetièrе sur lа рlupart dеs tombes оn nе реut рlus lire les noms еffacés". Marcel Proust

Anima mia, donna in lutto
per quelli che mi attorniano,
sei divenuta il loculo
dei martoriati vivi.

I loro corpi imbalsamando,
dedicando loro il verso
con la lira singhiozzante
Levando per loro il pianto,

Nel nostro tempo egoistico
per coscienza e per paura,
sei come urna funeraria
a ospitare le loro ceneri.

I loro comuni tormenti
ti hanno buttato a terra..
Tu odori di polvere di morto,
di obitori e sepolcri.

Anima mia, fossa comune,
tutto ciò che hai visto qui,
macinandolo come un mulino
lo hai trasformato in mistura.

E macina ancora
tutto quello che mi è successo,
questi quasi quarant'anni,
in terriccio di cimitero.

1958 da Quando rasserena


E macina macina, l'anima del poeta. Il mulino ci riporta ad Amleto, come ci insegna Santillana: "Nelle rozze e vivide immagini delle popolazioni scandinave Amlóði si distingueva per il possesso di un mulino favoloso dalla cui macina ai suoi tempi uscivano pace e abbondanza. Più tardi, in tempi di decadenza, il mulino macinò sale; ora infine, essendo caduto in fondo al mare macina le rocce e la sabbia creando un vasto gorgo, il Maelstrom («la corrente che macina», dal verbo mala, «macinare»), ritenuto uno delle vie che conducono alla terra dei morti. Questo nucleo di immagini, come rivela una serie di fatti, rappresenta un processo astronomico, lo spostamento secolare del sole attraverso i segni dello zodiaco che determina l’età del mondo, assommanti ciascuna a migliaia di anni. Ogni età porta con sé un’Era del mondo, un Crepuscolo degli Dei: le grandi strutture crollano, vacillano i pilastri che sostenevano la grande fabbrica, diluvi e cataclismi annunziano il plasmarsi di un mondo nuovo." (G. de Santillana, H. von Dechend, Il mulino di Amleto, Milano 2003.
Il Mulino-asse terrestre, che macina le ossa dei morti, è ripreso anche dal Dickens di A Tale of two Cities:, per parlare della fame, attingendo dal buon vecchio folclore inglese "Macinati e rimacinati in un terribile mulino, ma non quel mulino favoloso in cui i vecchi ritornano giovani, quei disgraziati rabbrividivano a ogni angolo /.../ Il mulino che così li aveva macinati era lo stesso nella cui mole i giovani diventano vecchi..." (trad. di M. Domenichelli, Frassinelli, p. 40).
Combinazione, è proprio quel libro di Dickens che Živago legge e rilegge... 
Da: http://candadi.blogspot.it/2016/09/anima-di-pasternak.html
  

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