Corpo, desiderio, alterità: su Anatomia del potere di Georgios Katsantonis
di Federico Di Gregorio
Il saggio Anatomia del potere – Orgia, Porcile, Calderón – Pasolini drammaturgo vs. Pasolini filosofo, scritto da Georgios Katsantonis, e pubblicato dalla casa editrice Metauro, si rivolge a un segmento specifico dell’opera intellettuale di Pier Paolo Pasolini: la drammaturgia. Prende in esame il corpo, come simbolo e desiderio: il corpo e il desiderio masochistico (Orgia), il corpo che sconfina nella zooerastia (Porcile), il corpo tra scissione e visionarietà (Calderón).
Il testo è diviso in tre parti. La prima è una scelta sadiana. Il linguaggio dei corpi in Orgia è comparato con Philosophie dans le boudoir, «un dialogo tra idee e forme espressive sulla base di affinità concettuali nell’intento di riflettere sul terreno delle modalità in cui la violenza viene ritualizzata attraverso il corpo amoroso sessualizzato». Ecco perciò l’opera teatrale di Pasolini Orgia, narrazione di una coppia, l’Uomo e la Donna, marito e moglie, che praticano sadomasochismo per rifuggire dagli schemi sociali, in una libertà chiusa tra quattro mura; e dall’altro lato la lezione narrativa – anzi, per meglio dire «filosofica» – di Sade: l’adolescente Eugenié, istigato da Madame de Saint Ange, più un gruppo di libertini, tra cui spicca Dolmancé – dediti alla discussione sull’anatomia degli organi sessuali e delle zone erogene con verifiche pratiche, oltre all’apprendimento di specifiche tecniche di godimento: «Non è azzardato sostenere che quella “allegria” che si origina dalla visione dello spettacolo della morte in Orgia richiama alla mente i sadiani “plaisir dans les maux d’autrui” o “plasir qui ne peut naître qui du spectacle des malheureux”». Sembra Pasolini stesso, che si espone come vittima, ad assoggettarsi al supplizio; sospensione che vale come attesa, come interruzione del cerimoniale di morte e come immobilizzazione del desiderio.
Nella seconda parte si analizza Porcile. Il protagonista è Julian. Julian non è ubbidiente, né alle volontà del padre né alle pratiche della società borghese da cui proviene: nasconde un dirompente segreto sulla sua sessualità. Il quadro della storia è un cavallo di battaglia di Pasolini, il vecchio e il nuovo potere, la contiguità del verso neocapitalista, la «borghesizzazione» del mondo e la fine della polis. Julian è la figura dell’alterità, ed è il corpo di Julian che patisce una strana paralisi corporea e mentale, da un lato, e, dall’altro, l’irrazionalità istintiva del protagonista. Elementi rappresentati dall’interesse di Julian per i maiali, che vanno verso una morte disumanizzata ed esperienza corporale: l’alterità è un prodotto dell’immaginazione, svela la sua natura fantasmatica e si esprime nella trasfigurazione del desiderio in un godimento che non si pone in rapporto con l’Altro ma è «desiderio di niente», volontà di perdersi da parte del soggetto, pura «pulsione di morte». «All’alterità non ci si può sottrarre e viene subita passivamente: essa strappa il soggetto dal proprio essere, lo scinde e lo assoggetta a un ordine trascendente, trasformandolo in asujet».
L’autore ricerca intorno al collegamento Spinoza-Porcile, il filosofo sarebbe anche uno dei personaggi; individua nel concetto di potere la relazione, nella prevaricazione di un uomo sull’altro. Pasolini drammaturgo mette, in base a questa ipotesi, in scena la tesi spinoziana il diritto è uguale alla potenza, e spiega a Julian che «se il terreno di confronto è la mera Ragione, la Ragione avvalla sempre il diritto del più forte […] Dal dominio totalitario della Ragione tecnocratica ci si libera solo attraverso il recupero del sacro, dell’Altro.» Il capitolo si chiude con l’analisi delle scene chiave, sulla regia cinematografica, della morte dei porci di Julian (Jean-Pierre Léaud) e di cani selvatici per il giovane cannibale (Pierre Clémenti). Interessante è l’accezione della zoofilia in una prospettiva variegata, quella delle forme ontologiche e politiche. «La parola poetica può dunque tornare a esistere e a trovare il proprio valore significante solo a costo di una comunicazione crudele, dal percorso umano a quello animale. Il farsi animale come scivolamento dall’ordine borghese consente all’Io un rituale di autoimmolazione: la zoofilia risiede nell’ ”oltrepassamento” dell’umano.»
La terza parte è sull’imprigionamento del corpo nel sogno, le implicazioni estetiche da esso prodotte in un testo drammatico. Si parte da Vida es sueño di Calderón de La Barca, per arrivare al possibile dialogo tra il Calderón pasoliniano e August Strindberg. Pasolini, Calderón de La Barca e Strindberg si servono dell’onirico partendo da prospettive diverse ma legate tra loro da un elemento strutturale: la simbologia carceraria del sogno. Nella Vida es sueño il protagonista è il principe Sigismondo, incarcerato in una torre a causa di una tragica profezia annunciata alla sua nascita; in Ett drömspel, la protagonista Agnes vuole liberare l’uomo rinchiuso nel castello, ed è la figlia del Dio indiano Indra, «mandata in prova sulla terra a conoscere gli umani e l’esistenza».
Anatomia del potere, di Georgios Katsantonis, dà una geografia frammentata di un aspetto dell’opera pasoliniana imprescindibile, che segue un filo preciso.
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