Pietro Terzi, E' l'estate giusta per
rileggere Marx, Domani, 13 agosto 2024
C’è un nuovo Marx in circolazione. Non il testo sacro su
cui, nel secolo scorso, partiti, gruppi e movimenti hanno giurato e poi
litigato, scindendosi come i virus di cui parlava il Bertinotti di Corrado
Guzzanti in un famoso sketch. Non lo spauracchio, profeta di un futuro di morte
e oppressione, che liberali e conservatori amano evocare nelle peggiori crisi
di vittimismo. Meno che mai il signore barbuto la cui immagine è stata
trasformata (e neutralizzata) in icona pop, buona per magliette, meme e salvadanai.
Il Marx che sta emergendo dalla seconda, monumentale
edizione tedesca delle sue opere – dal nome altisonante di MEGA2 (Marx-Engels-Gesamtausgabe)
– mostra un profilo sorprendente, per nulla catechistico, lontano da schemi
semplicistici e irriducibile a letture univoche e ortodosse o, peggio, ai
modelli di società che hanno visto la luce nel suo nome.
La pubblicazione nei Millenni di Einaudi, come avrebbe
desiderato Cesare Pavese, di una nuova edizione critica del primo libro del
Capitale è l’occasione per fare un bilancio.
Che Marx fosse una figura molto complessa è cosa nota agli
addetti ai lavori. Agli altri, lo aveva fatto capire qualche anno fa uno dei
suoi più bravi studiosi internazionali, Marcello Musto, napoletano emigrato in
Canada, in un’appassionante biografia intellettuale (Karl Marx. Biografia
intellettuale e politica, Einaudi 2018).
In condizioni di solitudine e spaventosa miseria,
tormentato, oltre che dai creditori, da grossi favi al sedere, infiammazioni
agli occhi, pleuriti e problemi epatici, per tutta la vita Marx spese ogni
risorsa intellettuale e fisica per consegnare agli ultimi della terra una
teoria del capitalismo e del suo superamento all’altezza delle loro speranze.
Non palliativi solidaristici, millenarismi utopici o lamentazioni patetiche, ma
una teoria scientifica dello sfruttamento.
Il Capitale doveva fornire questo fondamentale strumento di
lotta. E tuttavia, più che un’opera definitiva, fu un cantiere, che Marx non
riuscì mai a chiudere, preso com’era dal tentativo di sciogliere l’enigma di
una realtà che continuamente mutava e che quindi richiedeva aggiornamenti
enciclopedici e tentacolari, spietati dubbi e ripensamenti.
Lo testimonia, fra tutte, la vicenda editoriale del primo
libro, l’unico scritto interamente da Marx, concepito sulla scia del panico
finanziario del 1857 e pubblicato nel settembre di dieci anni dopo per via di
infinite dilazioni. Se si considera l’importanza di quest’opera nella storia
del pensiero, le passioni che ha suscitato e la varietà di commenti di cui è
stata oggetto, si capisce quanto coraggio e competenza abbiano dimostrato i
responsabili della nuova versione einaudiana, condotta sulla scorta della MEGA2,
Stefano Breda, Gabriele Schimmenti, Giovanni Sgro’ (traduttori) e Roberto
Fineschi (curatore).
Si tratta della traduzione della quarta edizione del 1890,
approntata da Engels con un ricco apparato di appunti, note e postille dello
stesso Marx. Non certo una lettura leggera (parliamo di 1300 pagine), ma che,
al di là delle migliorie terminologiche e di significative revisioni
strutturali, sgombra il tavolo da vecchi sedimenti interpretativi per farci
entrare in contatto con la forza viva del pensiero di Marx.
Ma che cos’è Das Kapital? Gli ideatori della
nuova edizione non hanno dubbi: una formidabile decostruzione della modernità
europea, letta attraverso le sue forme sociali e produttive. È proprio questo
il fuoco che anima tutto il lavoro di Marx: la critica, come indica il sottotitolo
(“Critica dell’economia politica”). Una critica radicale che deve basarsi su
una comprensione disincantata del reale, che non può accontentarsi di
formulette enfatiche e oracolari. Lo aveva capito anche Raymond Aron, un
liberale intelligente, castigando i marxismi dilettanteschi di alcuni suoi
colleghi, in primis l’amico-nemico Sartre: a Marx potevano bastare «qualche
settimana e qualche pagina» per annunciare una società superiore, più giusta e
umana.
E invece no: bisognava criticare tutto, sempre da capo,
raccogliendo nuovi dati e informazioni. Di qui lo studio spasmodico di
un’infinita di materie collaterali – geologia, chimica, agraria, statistica –
che moltiplicavano approfondimenti e revisioni, esasperando moglie, amici e
medici.
Non sorprende, quindi, che la MEGA2, entrando in
questo labirinto fatto di appunti, manoscritti preparatori e versioni
alternative, frutto di una curiosità intellettuale senza limiti, complichi non
solo la natura dei grandi testi marxiani, dai Manoscritti del 1844 all’Ideologia
tedesca, ma anche molte delle interpretazioni canoniche.
Leggendo i libri di Fineschi, Sgrò, Musto e dei loro
colleghi, ad esempio, scopriamo un Marx agli occhi del quale la libertà e la
fioritura delle essenze individuali contano tanto quanto l’uguaglianza, la
gestione collettiva dei mezzi di produzione e la redistribuzione delle
ricchezze secondo bisogni e capacità; un Marx per cui la struttura rimane
fondamentale, ma che non deve aspettare Gramsci per rendersi conto che anche la
sovrastruttura è un fattore di mutamento; un Marx consapevole che, fuori dall’Europa
occidentale, le sue teorie non sono per forza valide, e che l’emancipazione può
realizzarsi per altre, impensabili strade. O, ancora, un Marx con molte cose da
dire sul colonialismo e la questione ecologica.
Insomma, c’è ancora spazio per un’attualità di Marx, come
dimostra peraltro un libro recente di Clara Mattei, L’economia è
politica (Fuoriscena, 2024), orgogliosamente militante, a tratti
retorico, ma comunque interessante e provocatorio. Certo, è fin troppo facile
insistere sui limiti di chi scriveva a metà Ottocento utilizzando le conoscenze
e le mentalità di un’epoca ormai sideralmente lontana.
Primo fra tutti, la famigerata teoria del valore-lavoro, che
avrebbe dovuto spiegare la natura dello sfruttamento e, a cascata, l’origine
del plusvalore e l’inevitabile crisi del sistema di produzione capitalistico.
Per molti, seguaci alla lontana dei marginalisti à la Pareto, un abbaglio, e
così dicendo hanno pensato di aver archiviato Marx tutto. In realtà, i nuovi
studi ci rivelano che le cose sono più complesse e il discorso è ancora aperto.
I tecnicismi però contano poco. Chiediamoci piuttosto: cosa
ci può dire ancora l’edizione filologicamente aggiornata di un classico come Il
Capitale, sottratto alla “critica roditrice dei topi”? Innanzitutto, rileggere
questo capolavoro ci ricorda che la critica non è un gesto retorico frutto
dello sdegno morale o di un bisogno di posizionamento: o è scientifica o non è.
E svolgerla è un compito infinito, impossibile eppure necessario. Si può
sbagliare, e Marx ha sbagliato eccome, come tutti i grandi. Poco importa.
Separando ciò che è autenticamente marxiano da ciò che è incrostazione
marxista, mostrandoci un Marx instancabile critico del mondo e di se stesso, le
nuove edizioni ci restituiscono il senso del suo lavoro, dell’ossessione che
per tutta la vita ha inseguito: liberare il lavoro.
Da bravo hegeliano, Marx voleva far vedere l’Intero, la
totalità dei meccanismi in cui siamo catturati, il sistema in cui tutto si
tiene (curiosità: non usò mai la parola “capitalismo”). Il Capitale è il
monumento che rimane di questo tentativo lungo una vita di decifrare il mondo
moderno, di dare una logica alla storia e una materia al pensiero, di mostrare
la storicità, e dunque la politicità intrinseca, di come viviamo e produciamo.
E fa impressione rileggerlo, in un presente in cui le sfide
sono enormi, la posta in gioco è niente meno che la tenuta delle nostre società
e la politica langue, ridotta a un gioco di azioni e reazioni di piccolissimo
cabotaggio. «La tradizione delle generazioni morte pesa come un incubo sul
cervello dei viventi», scriveva il Moro, come lo chiamavano in famiglia, nel
1852. La nostra mente è ancora capace di tornare alle origini della sua
tradizione e, senza pregiudizi, ascoltarne la lezione? Di fronte alle sfide che
ci aspettano, ci accontenteremo di piccoli rammendi o saremo capaci, anche noi,
di guardare all’Intero?
https://www.marxismo-oggi.it/recensioni/libri/489-il-nuovo-marx-di-roberto-fineschi
https://www.orthotes.com/prodotto/mega-marx/
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