La poesia dei luoghi in Antonino Uccello
di Nicola Grato
Pubblicato il 1 gennaio 2023 in DIALOGHI MEDITERRANEI da Comitato di Redazione
Nel 1947 Antonino Uccello emigrava da Palazzolo Acreide in
provincia di Siracusa verso la Brianza per fare il maestro elementare, ancora
ventenne e carico di entusiasmo: proprio in terra lombarda si precisò in lui
l’idea di creare una casa-museo per preservare, conservare e difendere le
ultime tracce di una civiltà della terra, di un mondo contadino siciliano che
si andava disperdendo nella migrazione del secondo dopoguerra. Antonino in
Brianza organizza così molte mostre di oggetti legati al mondo contadino
siciliano, oggetti della cosiddetta cultura materiale: cucchiai, presepi
realizzati in legno d’arancio, “chiavi” di carretto. In Lombardia Uccello
avviò due campagne di raccolta dei canti popolari dei centri di Cantù, Seveso,
Seregno, Figino Serenza, Rovagnate, Montevecchia. Proprio in Lombardia Antonino
Uccello affinò la propria penna poetica anche grazie alla frequentazione di
scrittori quali Vittorini, Zancanaro, Chiara.
Del 1957 sono le prime raccolte poetiche (Triale e La
notte di Ascensione), nelle quali notiamo un verso che si ispira alla
poesia di Simonide ma ha echi anche da Scotellaro. La notte
d’Ascensione è una raccolta piena di vento: un vento che sommuove,
rode le pietre; un vento “Di rosse stimme solca il cielo”: il cielo dei paesi,
la vita dei paesi. La notte di Ascensione è notte di presagi: Cristo ascende al
cielo e le fanciulle mettono sui davanzali catini d’acqua piovana con petali di
rosa. L’acqua è per le società antiche e tradizionali principio e fondamento di
vita: la sua mancanza è percepita come dannazione, maledizione. Le acque
salate, nel giorno di Ascensione, diventano dolci; la rugiada è benedetta.
Dà conto di un rito che è la vita di un popolo Antonino Uccello, usa lo strumento della poesia come luogo di memoria che non si rinchiude in sé, ma può diventare occasione per fare comunità. Ancora: è anche uragano il vento in questo libro, ulteriore occasione per ricordare un’usanza antichissima in Sicilia, quella di velare gli specchi della casa e l’oro delle donne durante un temporale: “L’apostolo Giovanni / al suo bordone attorca il cielo fulmine! // Fioriva per la fede di mia madre / l’arcobaleno ai monti”.
Ancora nelle poesie della Notte troviamo un
mondo di o Serenza, Rovagnate, Montevecchia. Proprio in Lombardia Antonino
Uccello affinò la propria penna poetica anche grazie alla frequentazione di
scrittori quali Vittorini, Zancanaro, Chiara.
Del 1957 sono le prime raccolte poetiche (Triale e La
notte di Ascensione), nelle quali notiamo un verso che si ispira alla
poesia di Simonide ma ha echi anche da Scotellaro. La notte
d’Ascensione è una raccolta piena di vento: un vento che sommuove,
rode le pietre; un vento “Di rosse stimme solca il cielo”: il cielo dei paesi,
la vita dei paesi. La notte di Ascensione è notte di presagi: Cristo ascende al
cielo e le fanciulle mettono sui davanzali catini d’acqua piovana con petali di
rosa. L’acqua è per le società antiche e tradizionali principio e fondamento di
vita: la sua mancanza è percepita come dannazione, maledizione. Le acque
salate, nel giorno di Ascensione, diventano dolci; la rugiada è benedetta.
Dà conto di un rito che è la vita di un popolo Antonino
Uccello, usa lo strumento della poesia come luogo di memoria che non si
rinchiude in sé, ma può diventare occasione per fare comunità. Ancora: è anche
uragano il vento in questo libro, ulteriore occasione per ricordare un’usanza
antichissima in Sicilia, quella di velare gli specchi della casa e l’oro delle
donne durante un temporale: “L’apostolo Giovanni / al suo bordone attorca il
cielo fulmine! // Fioriva per la fede di mia madre / l’arcobaleno ai monti”.
riti e credenze che ci testimoniano quanto fosse legata al
sacro la vita delle donne e degli uomini e, al contrario, quanto oggi il rito
abbia assunto prevalentemente una posizione “folkloristica”, da “usanza
tipica”. Ma Antonino Uccello ci consegna una lezione straordinaria facendo
poesia, cioè come si possa parlare della vita delle persone – rito usanza fame
lutto – attraverso il verso, la misura, il ritmo.
Poesia come testimonianza, quella del nostro autore, poesia
di statue (“Benedite campagne e buona annata, / o Santissimo Cristo
flagellato”), di attese e preparazione del pane, rito dei riti del mondo legato
alla terra grama: “Attizzano le donne fiamme al fuoco / con timo e con
sarmenti: / preparano il pan caldo / con olio sale e origano: / nella bracia
d’ulivo abbrustoliscono / cotogne grame: / tornano a sera gli uomini, / morti
di lunga strada e fame”.
Nella poesia di Antonino i luoghi hanno un’anima, un
carattere e un senso: Palazzolo Acreide, Pantalica, Buccheri, Avola,
Canicattini Bagni, rocce, vicoli, case chiuse. I versi di Uccello ci parlano,
hanno un significato vivo ancora oggi? In questo tempo in cui dei paesi, dei
luoghi fisici in cui abitano persone, si fa merce da vendere come “borghi”
quale senso hanno le ricerche di Uccello, le sue poesie? Ebbene, a nostro
avviso il poeta antropologo può essere assunto a punto di riferimento, proprio
guardando al suo metodo di ricerca: egli si interroga sulla cultura materiale,
sui segni del passaggio di donne e uomini sul Pianeta: politica e società,
termini oggi vuoti se “dentro” alle parole non vi sono le fatiche del vivere, i
desideri delle persone, i sogni.
Sguardo attento ai luoghi “propri”, quello di Uccello, che
diventa sguardo da viaggiatore: prova spaesamento chi intenda il viaggio non
soltanto come spostamento fisico da un luogo ma soprattutto come dimensione di
ricerca prima su se stessi e poi sui luoghi. Il viaggio in Sicilia, oggi come
ieri, è esperienza di atroce bellezza e parimenti di sconforto: penso alle
strade provinciali gremite di rifiuti, alle tante costruzioni non finite coi
ferri dell’armatura di cemento in brutta vista; penso al mare che si affaccia
immenso come un dio antico dai tornanti del Monte Dinnamare, luogo di culto sul
cemento della ricostruzione: terremoto di Messina e Reggio Calabria, 1908.
Antonino Uccello folklorista è un catalogatore, un uomo che
fa ricerca sul campo, che batte paese per paese; Antonino Uccello poeta usa il
medesimo metodo del folklorista: ha confidenza con paesani e contadini, ascolta
le loro storie, le trasforma in materia poetica.
I santi di Uccello hanno le facce delle persone con le
quali egli intrattiene conversari. La vicenda della migrazione, il dualismo
luogo di nascita – luogo di lavoro (Sicilia e Lombardia) esplode nella
poesia Oh le criniere: “Oh le criniere dei cavalli sauri / gli
screpolati sugheri del bosco / e le chiome dei lauri / quando dal cuore della
roccia il cappero / s’aggrappa alle saggine!”.
La terra dalla
quale il siciliano emigra (e qui vale la distinzione che fa D’Arrigo nella sua
splendida poesia Pregreca: “Gli altri migravano: per mari /
celesti, supini, su navi solari / migravano nella eternità. / I siciliani
emigravano invece.”) è la radice mitica della vita, ma la terra di destinazione
non appare aspra e senza cuore come ad esempio in Quasimodo.
Nel 1968 Uccello pubblicò il libro Jianiattini,
dedicato alla natìa Canicattini (Jianiattini) Bagni: in questo libro si
alternano poesie e prose, ma il dato più importante di questo libro è la scelta
di Uccello di usare il dialetto, qui adoperato a significare per verba “una
dimora sociale”, come ha scritto Natale Tedesco. I riferimenti culturali della
poesia di Uccello attingono, come ha notato sempre il Tedesco, al rapporto con
un poeta come Antonio Machado, il quale aveva un fratello, Manuel, folklorista
come Antonino Uccello. In questo libro la prosa è chiara, ritmica, e ne diamo
qui un esempio:
«A volte un vento caldo s’insinuava in un tremito lamentoso
nei fili del telegrafo radenti le balconate, urtava gli oleandri della piazza e
le palme altissime contro i muri degli orti, poi s’appressava in mugolio,
precipitava come una cascata. Così pensavo il sopraggiungere della morte. La
quiete tornava improvvisa, le chiome verdi sull’ombra, le case salde, il sole
più bianco e il passo dei muli sulle bàsole nere a riprendere il
cammino».
Una scrittura questa che ci ricorda il Savarese di Meraviglie
dei giorni o il Lanza dei Mimi. Ma sono i luoghi, le case,
le persone che vivono in questi posti reconditi i protagonisti della poesia di
Antonino Uccello, intellettuale presente nei territori e che quei territori e
quelle persone che vi abitano racconta, senza indugiare in anacronistici
piagnistei, ma lasciandoci una testimonianza significativa di vita e di poesia.
Dialoghi Mediterranei, n. 59, gennaio 2023
APPENDICE
Antologia dei testi (da La notte d’Ascensione)
Notte d’Ascensione
Di rosse stimme il vento solca il cielo.
Lungo strade e costoni al mio paese,
la notte d’Ascensione,
brulicavano fuochi
di frasche di limoni ulivo e timo.
Ogni fanciulla o sposa
affacciava un catino al davanzale
d’acqua piovana e petali di rosa.
Preghiera
Dammi un favo di miele
Un pane di tritello e uva passa
Gli occhi e il cuscino di Santa Lucia.
Allontanami l’incubo
Di quelle dita diafane di nebbia
Ora, nell’ora di mia morte
Così sia.
Palazzolo Acreide
S’aprono fichi lìpari
palme e pietre normanne ad alte cupole
barocche scalinate e grigi santi
di pietra calcare
tegole come il pelo delle lepri
acquattate sul filo di muraglie
verde d’arancio mandorlo degli orti
piazze affocate d’oleandri e sole.
Paese frantumato
di vicoli e sentieri
e di manieri arcigni
di cimiteri siculi e cristiani
dove la capra bruca…
La greca dea modiata
Più solenne resiste a un dirupo
forte di stoppie e di violacei cardi.
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Nicola Grato, laureato in Lettere moderne con
una tesi su Lucio Piccolo, insegna presso le scuole medie, ha pubblicato tre
libri di versi, Deserto giorno (La Zisa 2009), Inventario
per il macellaio (Interno Poesia 2018) e Le cassette di
Aznavour (Macabor 2020) oltre ad alcuni saggi sulle biografie popolari
(Lasciare una traccia e Raccontare la vita, raccontare la
migrazione, in collaborazione con Santo Lombino); sue poesie sono state
pubblicate su riviste a stampa e on line e su vari blog quali: “Atelier
Poesia”, “Poesia del nostro tempo”, “Poetarum Silva”, “Margutte”, “Compitu re
vivi”, “lo specchio”, “Interno Poesia”, “Digressioni”,“larosainpiù”,“Poesia
Ultracontemporanea”. Ha svolto il ruolo di drammaturgo per il Teatro del
Baglio di Villafrati (PA), scrivendo testi da Bordonaro, D’Arrigo, Giono,
Vilardo. Nel 2021 la casa editrice Dammah di Algeri ha tradotto in arabo per la
sua collana di poesia la silloge Le cassette di Aznavour. Con
Giuseppe Oddo ha recentemente pubblicato Nostra patria è il mondo
intero (Ispe edizioni).
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