28 dicembre 2024

L' OVRA SOPRAVVISSUTA AL REGIME FASCISTA

 



"INGANNO DI STATO": OGGI SU "IL T quotidiano" di Trento

ne scrive così, generosamente, CARLO MARTINELLI:


"È un saggio storico denso, preciso, certosino, brillante e leggibile come da tradizione nei suoi libri (con questo sono 22) quello che Giorgio Boatti, giornalista e scrittore, autore di saggi e inchieste sulla storia recente del nostro Paese – oltre che di un romanzo, “Abbassa il cielo e scendi”, dolorosamente intimo quanto di luminoso impegno civile - ci consegna in questi giorni. “Inganno di Stato” (Einaudi, 370 pagine, 22 euro) lo conferma voce preziosa e necessaria. Come pochi altri Boatti dipana le ragnatele della nostra storia recente, proprio come quella che campeggia in copertina, inserita nella I maiuscola di Italia, accanto al sottotitolo: “Intrighi e tradimenti della polizia politica tra fascismo e Repubblica”. Questo nostro viaggio nelle pagine del libro e in particolare attraverso le vicende dell’Ovra (Opera vigilanza repressione antifascismo), la polizia segreta così ribattezzata nel 1927 da Mussolini con un acronimo non ufficiale che volutamente richiamava la piovra e i suoi tentacoli, inizia in modo irrituale. E propone i titoli dei venticinque capitoli nei quali è strutturato “Inganno di Stato”. Uno dopo l’altro restituiscono l’avventuroso ed informato scandaglio compiuto da Boatti nel mondo degli apparati di sicurezza della dittatura fascista, quegli apparati e quegli uomini che approderanno peraltro prima nella Repubblica Sociale Italiana e infine, in parte tutt’altro che residuale, nell’Italia democratica nata dalla Resistenza.

Il nostro, che ora “vive e lavora in una vecchia cascina, accanto al fiume, nel parco del Ticino”, getta il lettore, subito conquistato, in pasto a queste storie, che sono Storia: L'ora piú incerta; Regina Coeli; La bomba, le bombe; Un commissario fuori pista; Un puntino in cielo; Colpo grosso sul lungolago; Il poliziotto e il professore; Nella città tumultuosa, ordine e sbirri; Tiranni, tirannicidi e zitelle inglesi; La Vinicola di via Sant'Orsola e il «compromesso»; Il traditore perfetto; Apprendisti bombaroli; Il trabocchetto;

Un processo gestito per bene; Il valzer degli infiltrati; Spiare è narrare; Un poliziotto di classe; Chi scende e chi sale; La triade; Lo sfascio; La notte degli equivoci; Lo Stato sospeso; Attendere, agire, tacere; Doppiogioco con Osteria; Archivi incorporati, tra liberatori ed epuratori.

È lo stesso Boatti a spiegare il senso e il percorso del suo lavoro di ricerca quando, in premessa, scrive che gli storici lavorano con metodo per comprendere quanto di ancora ignoto, sul passato, merita di venire alla luce. Il suo libro prende però un'altra direzione. Pur aderendo puntigliosamente alla realtà dei fatti, sviluppa una narrazione che fa emergere, nel ruolo svolto dalla polizia politica della dittatura fascista, quanto di così ovvio e scontato vi ha preso posto tanto da risultare, ancora oggi, parzialmente velato. Così, per dettagli e frammenti che conducono a più vaste connessioni, ecco ricomposto il mosaico dell'agire di un efficiente e selezionato apparato, interno al Viminale, che serve Mussolini ma che, tuttavia, è già operante ben prima del suo brutale imporsi. E, al crollo del regime, gli sopravvive, nella Repubblica. Tutto questo nel nome di quella continuità dello Stato, o meglio delle sue strutture repressive, su cui ha fatto luce, sottolinea Boatti, già negli anni Settanta, la ricerca storiografica di Claudio Pavone. Non a caso l'incipit del libro racconta il drammatico incrociarsi, nella Roma occupata dai nazisti, del giovane cospiratore antifascista Pavone con Guido Leto, capo della polizia politica del regime e personaggio centrale nella narrazione. Giova ricordare che Guido Leto, succeduto ad Arturo Bocchini nella guida della polizia politica nel 1938, ne fu responsabile anche al tempo della RSI per poi traghettare, superato indenne l’epurazione e il processo nell’aprile del 1946, alle istituzioni repubblicane: fu direttore tecnico delle scuole di Polizia fino alla pensione nel 1951. Questa continuità viene resa evidente dall’autore che, aggiunge: “Ciò interpella tutti coloro che hanno a cuore le libertà duramente conquistate da quegli intrepidi che, seppur pochi, non si piegarono alla dittatura. Né si rassegnarono al conformismo dei più”. E qui risulta evidente il collegamento con un altro testo di Boatti, del 2001: “Preferirei di no. Le storie dei dodici professori che si opposero a Mussolini”.

In una recente intervista pubblicata da “La Provincia Pavese” – il quotidiano della “sua terra” cui collabora da tempo dopo aver firmato a lungo, con Oreste Del Buono, “Luoghi comuni”, storica rubrica su “Tuttolibri”, l’inserto de “La Stampa” – Giorgio Boatti spiega al meglio il suo lavoro di scrittura, oggi. “Nella mia vita appartata faccio continui bagni di realtà, leggo, studio, mi confronto. Invecchiando, mi godo il piacere di imparare e di capire. Questo deve fare l’intellettuale, scendere dalla cattedra e porsi al servizio della comunità. Lo faccio anche con “Inganni di Stato”, che parla a ogni generazione e offre una chiave per capire una fase della nostra storia e come funzionano le istituzioni a guardia del segreto e del potere. È una militanza civica”. Per questa militanza civica, merita gratitudine."


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