16 dicembre 2024

MORTE E FINE DEL MONDO IN ERNESTO DE MARTINO

 


ph. franco pinna



Nelle classiche pagine di Ernesto De Martino sul lamento funebre (Morte e pianto rituale), la morte individuale e le morti collettive si intrecciano nell’affrontare il tema del ‘rischio di non esserci nella storia umana’, della ‘destorificazione’ di chi resta senza riuscire ad affrontare e superare la morte col trascendimento nel valore. Il rischio di perdersi con colui che non c’è più, apre all’esigenza etica di farlo morire dentro di noi e di portarlo nel futuro come valore che supera la morte.

 Vi è un forte nesso tra il ricordare i nostri morti e portarli con noi nel futuro, e il vivere il dramma quotidiano dei massacri delle guerre che ci circondano. Sono ferite aperte, forse non risarcibili, che si iscrivono nella storia umana. Questo nesso porterà De Martino allo studio delle apocalissi culturali e al libro postumo La fine del mondo. 

Vi è dentro di noi una oscillazione tra la morte vicina delle persone care e la morte lontana e sempre più tragica di donne, uomini, bambini sconosciuti che rappresentano la violazione di ogni ordinamento universalistico, di ogni speranza storica costruita nel Novecento.

I morti insepolti che tornano a inquietare i sonni dell’Occidente che, in questo gioco di morte, ha perso ogni apparenza di superiorità e di umanità inquietano anche i miei sonni.

 Dobbiamo ‘continuare a pensare’ i nostri morti e “trascenderli nel valore” scriveva De Martino in dialogo con Benedetto Croce. A questo proposito mi piace ricordare una frase bellissima che A. M. Cirese scrisse per ricordare Italo Signorini, collega romano morto in giovane età: «la morte lacera e stronca. Agli studi cui egli si affidò noi ci affidiamo per riallacciare il filo».

 

 


 

"La fine del mondo" di Ernesto De Martino va ormai annoverato tra i classici del pensiero europeo contemporaneo. La presente edizione offre numerosi elementi di sostanziale novità rispetto a quella pubblicata da Einaudi nel 1977, e consente ai lettori di gettare nuova luce sul capolavoro del grande studioso. Il lavoro collegiale di valutazione critica dei materiali preparatori dell'ampio saggio rimasto incompiuto si è proposto di far emergere in tutta la sua portata un pensiero complesso, situato al punto d'incrocio tra antropologia, filosofia e storia, in cui convergono stimoli intellettuali di varia provenienza, rielaborati dall'autore in modo del tutto personale. A tale scopo i tre curatori hanno deciso sia d'inserire nel testo una selezione degli scritti filosofici piú rappresentativi, non presenti nell'edizione italiana, sia di porre in risalto i nessi strutturali tra le varie sezioni in cui si articola il progetto dell'opera: ciò ha comportato la revisione dell'intera architettura del volume, nel rispetto delle intenzioni dell'autore. Alla base dell'indagine sulle diverse declinazioni storiche del tema della «fine del mondo» vi è il bisogno di fare luce sul presente della civiltà occidentale, attraversata da una crisi che sembra corroderne le fondamenta dall'interno, avviandola verso un assai probabile declino. De Martino s'interroga sulle motivazioni profonde di questo complesso fenomeno, volgendo lo sguardo alla psicopatologia, alla filosofia, all'arte e alla letteratura. Lo studioso affronta una serie di nodi cruciali, che vanno dal senso di «spaesamento» dell'uomo d'oggi allo sfaldamento della memoria storica, in cui sono sedimentate le scelte culturali che contraddistinguono una determinata civiltà.


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