Potere ex lege per blindare l’esistente
Le pratiche autoritarie che trovano riconoscimento nel ddl sicurezza sono parte di un processo in corso da anni a livello globale. La repressione delle proteste si accompagna alla verticalizzazione del potere, alla delegittimazione delle alternative, all’abbandono dell’emancipazione sociale. E racconta di un capitalismo, che, sotto mutate spoglie – libera concorrenza, welfare neoliberale, keynesismo bellico -, nel perpetuare l’ingiustizia sociale e ambientale che lo costituisce, stritola in un abbraccio mortale qualsiasi processo democratico. Il disegno di legge sicurezza, scrive Alessandra Algostino, infittisce prima di tutto i fili dell’ordito che compone la trama autoritaria con cui si tenta di blindare l’esistente. Sabato a Roma, manifestazione nazionale contro il ddl
Marginalità sociale e divergenza politica sono reato. Ma una democrazia senza dissenso è autocrazia, una democrazia senza emancipazione è oligarchia, una democrazia senza uguaglianza nega la sua essenza. Il disegno di legge sicurezza è incostituzionale nell’anima e nelle disposizioni.
L’oscuramento dello spazio democratico è un processo in corso da anni, con apporti multipartisan, ed è un fenomeno globale. La repressione delle proteste si accompagna alla verticalizzazione del potere, alla delegittimazione delle alternative, all’abbandono dell’emancipazione sociale; racconta di un capitalismo, che, sotto mutate spoglie (libera concorrenza, welfare neoliberale, keynesismo bellico), nel perpetuare l’ingiustizia sociale e ambientale che lo costituisce, stritola in un abbraccio mortale la democrazia. Il disegno di legge sicurezza infittisce i fili dell’ordito che compone la trama autoritaria per blindare l’esistente.
APPUNTAMENTI:
Primo: delegittima e criminalizza il dissenso e il conflitto sociale, coniugando repressione e intimidazione, in violazione dei diritti costituzionali che presidiano la protesta (diritto di riunione, libertà di manifestazione del pensiero, diritto di sciopero) e in contrasto con l’«effettiva partecipazione», che è strumento e obiettivo della democrazia. Evoca un ordine pubblico ideale che non può avere spazio in una democrazia conflittuale.
Due esempi: gli operai in agitazione che escono da una fabbrica, gli studenti in mobilitazione che percorrono le vie della città, avranno una pena da sei mesi a due anni per il reato di blocco stradale; chi si mobilita «al fine di impedire la realizzazione di un’opera pubblica o di un’infrastruttura strategica» è oggetto di una specifica aggravante (in relazione al reato di violenza o minaccia a pubblico ufficiale). È una legislazione come «creazione di potere» e «manifestazione diretta della violenza» (Benjamin); una violenza istituzionale, strutturale rispetto alla deriva autoritaria e allo stesso tempo legata alla contingenza politica (senza memoria dei caratteri di generalità ed astrattezza che dovrebbero connotare la legge).
Ancora. Nel punire la «rivolta all’interno di un istituto penitenziario», ma anche in un Cpr, un centro di accoglienza, o un hotspot, si annoverano fra gli «atti di resistenza anche le condotte di resistenza passiva». È una punizione che stigmatizza, tanto più date le condotte per definizione nonviolente, il diritto alla protesta in sé. Con una doppia eccedenza: da un lato, condanna al silenzio persone, detenuti e migranti, già senza voce; dall’altro, il minor allarme sociale che desta l’applicazione a soggetti emarginati facilita la sperimentazione e l’assuefazione; gli eco-attivisti sono avvisati.
Secondo. Il populismo penale si estende alla democrazia sociale, segnando il passaggio dallo stato sociale allo stato penale, dalla sicurezza come “sicurezza dei diritti” alla sicurezza come ordine pubblico. Emblematica è l’introduzione del reato di «occupazione arbitraria di immobile destinato a domicilio altrui». Non si attivano politiche sociali per garantire il diritto all’abitazione (legato, per giurisprudenza costituzionale costante, alla dignità umana ed incluso fra i diritti inviolabili), ma si colpevolizza e criminalizza la povertà e, insieme, la solidarietà (la pena è estesa a coloro che si intromettono o cooperano).
Terzo. Il disegno di legge discrimina gli stranieri – seguendo il trittico della repressione “migranti, poveri e dissenzienti” -, dall’estensione temporale della possibilità di revoca della cittadinanza degli ex-stranieri (un non-senso giuridico in quanto alla cittadinanza è connaturata l’uguaglianza) alla richiesta del permesso di soggiorno per acquistare una scheda telefonica. L’essere straniero è un reato in sé, che giustifica trattamenti differenziati, diritti dimidiati, precarietà esistenziale, violazioni della dignità; in una parola, disumanizzazione. Accanto ai sub-umani vi sono, poi, i super-umani: le forze di polizia, alle quali sono attribuite tutele privilegiate, a delineare l’immagine di uno Stato-autorità dove sudditanza e obbedienza sostituiscono cittadinanza e partecipazione. Diritto penale del nemico e diritto penale dell’amico.
La maggioranza di governo viola la Costituzione; chi manifesta per la pace, per i diritti di tutti, lavoratori, palestinesi, migranti, sfrattati, detenuti, studenti, la rende viva. Ho un sogno: se – o, realisticamente, quando – il disegno di legge «sicurezza» sarà approvato definitivamente, scendere in tante e tanti in strada, ovunque. Un blocco per difendere i diritti, per rivendicare il conflitto, cuore della democrazia e cardine di ogni trasformazione possibile.
Pubblicato su il manifesto del 12 dicembre 2024. Alessandra Algostino * docente di Diritto costituzionale presso l’Università di Torino, ha aderito alla campagna Partire dalla speranza e non dalla paura
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