08 dicembre 2024

SOGNI ANTICHI

 



“Sono stato folgorato da una tua citazione (in quella serata sul Menabò industriale): IL SOGNO DI UNA COSA. Ti sarei molto grato se tu mi tra­scrivessi la frase di Marx – o l’intera pagina – da cui hai tratto la citazione, e me la mandassi, da mettere come epigrafe al libro” 

È il 26 gennaio del 1962. La richiesta è rivolta per lettera da Pier Paolo Pasolini, il destinatario è Franco Fortini. Due amici, due letterati “impegnati”, spesso in aspra polemica anche tra loro. La frase di Marx cui Pasolini si riferisce darà il titolo ed apparirà di lì a poco in esergo ad un suo romanzo, appunto Il sogno di una cosa. È tratta dalla famosissima ultima lettera che da Kreuznach Marx scrive ad Arnold Ruge a Parigi, nel settembre del 1843. Pasolini la cita così:

«Il nostro motto dev’essere dunque: riforma della coscienza non per mezzo di dogmi, ma mediante l’analisi della coscienza non chiara a se stessa, o si presenti sotto forma religiosa o politica. Apparirà allora che il mondo ha da lungo tempo il sogno di una cosa…».

E qui la citazione pasoliniana s’interrompe. Guido Santato fa intanto notare che Pasolini omette un aggettivo a coscienza: “mistica”. Per Marx, l’analisi critica va applicata alla coscienza mistica, non chiara a se stessa. Tra l’altro, Fortini riporta per l’amico un brano intero della lettera, e riporta correttamente anche l’aggettivo “mistica”, riferito alla coscienza. Aggiunge, Fortini, che ha preso la traduzione dalla vecchia edizione Avanti! di Marx Engels Lassalle. E commenta: «Il passo di M. [Marx] non è ancora marxista, come vedrai; anzi al tutto Feuerbachiano, ma pieno d’una forza e d’una genialità quale nessuno, eccettuato Herzen, aveva allora in Europa». Omissione volontaria o involontaria?[2]
In ogni caso, altri sono gli interrogativi. Cos’è che colpisce tanto Pasolini nella frase di Marx, al punto di prenderne spunto per il titolo del romanzo che aveva scritto nel ’49-’50 , in cui parla dell'occupazione delle terre incolte da parte dei braccianti friulani, e che allora, nel ’61, sta per vedere la luce? 

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