13 giugno 2020

LE NUVOLE E NOI






P.P. Pasolini, Che cosa sono le nuvole? (1967)



«La messa in scena teatrale dentro al cinema qui appare come il frutto di un già effettivo, ma non ancora totale, sgretolamento delle coscienze che viene messo in crisi dalle domande sull’esistenza che i due burattini filosofi sono in grado di pensare. La sola presenza di questa capacità di farsi domande, anche in assenza di risposte, apre loro una via di fuga, resa possibile dall’intervento del popolo sulla scena teatrale che provoca la loro morte come burattini. Se Otello e Jago fossero stati solo di legno non si sarebbero certo accorti della meravigliosa bellezza del creato e dunque non sarebbero morti come burattini e rinati come uomini. La conclusione è sì sospesa – non sappiamo, tra l’altro, se i meccanismi di proiezione inneschino una trasformazione nello spettatore esterno – ma la storia personale di Otello e Jago di certo non approda al nulla del consumo e all’alienazione dell’essere umano dentro a una irreligiosità civile tutta immersa nel consumismo. Il film è un documento contro il nichilismo, una risposta non religiosa, ma filosofica, all’inestinguibile desiderio dell’uomo di autonomia, alla sua costante ricerca di identità e di verità, pur in condizioni ‘concentrazionarie’. Con Che cosa sono le nuvole? nel contesto della rivoluzione antropologica c’è ancora una timida speranza per l’uomo eterodiretto da un Potere superiore se, dall’immondezzaio nel quale si trova, si pone delle domande e si accorge della bellezza del creato». 

(Claudia Calabrese, Pasolini e la musica, la musica e Pasolini. Corrispondences, Diastema Editrice 2019)




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«La peggiore capitolazione indotta da uno smarrimento politico quale il presente non è di ritirarsi a guardare le nuvole ma di guardare il passaggio delle cose umane come fosse di nuvole».

Franco Fortini, 1977

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