26 dicembre 2011

La mafia a Marineo. Così andavano le cose nel XIX secolo...

Considerato che tanti giovani ignorano il libro di Giovanna Cirillo Rampolla, Suicidio per mafia, La Luna 1986 mi pare opportuno riproporre una parte della recensione pubblicata sul n.79-80/ 1987 della Rivista SEGNO.

Talora le cronache locali, con la loro forte aderenza alla realtà, aiutano più delle grandi sintesi storiche e sociologiche a comprendere le cose. Così il Ricorso che nel 1889 la signora Giovanna Cirillo, vedova Rampolla, indirizzò al Ministro dell’ Interno dell’epoca, illumina più di tanti libri sulla realtà della mafia di ieri e di oggi. Ed è un indubbio merito della nuova casa editrice palermitana, La Luna, avere riconosciuto il valore storico ed attuale del documento ritrovato da Pasquale Marchese, autore di una succosa prefazione, ulteriormente valorizzato dall’introduzione di Giovanna Fiume. Quest’ultima, tramite una ricerca effettuata nell’Archivio di Stato di Palermo, oltre a confermare la circostanziata ricostruzione dei fatti raccontati dalla vedova, ha saputo inquadrare nel contesto storico e sociale del tempo l’episodio locale.
La vicenda che viene fuori dal documento è davvero esemplare: il Delegato di Pubblica Sicurezza Stanislao Rampolla del Tindaro nel 1887, avendo individuato nel Sindaco Calderone uno dei principali esponenti della mafia marinese, sorpreso ed amareggiato dalle coperture politiche offerte all’amministratore locale dal Prefetto e dal Questore di Palermo,nonostante le sue ripetute e circostanziate denunce, in un momento di sconforto si uccide. La vedova, volendo riscattare l’onore del marito e del pubblico ufficiale, ricorre al Ministro chiedendo giustizia. Ma quando la macchina di quest’ultima si mette in moto, a seguito del depistaggio compiuto da testimoni corrotti, si arriva alla conclusione che il funzionario suicidatosi era un pazzo, che la vedova autrice del ricorso andava processata per diffamazione dal momento che a Marineo non esisteva alcuna mafia!
Il Marchese nella prefazione al libro afferma con insistenza di non vedere alcuna sostanziale differenza tra la mafia di ieri e quella di oggi: “Il brigante oleografico dell’800 con i suoi manutengoli non è che il moderno imprenditore-faccendiere che, quando può, usa le bustarelle invece del mitra. Ma si tratta pur sempre di briganti, sempre legati al potere […] non si tratta di mafiosi o briganti che vivano ai margini del paese, giacchè sono insediati legalmente nel municipio, ne è a capo lo stesso sindaco”(pp.8-10). E la Fiume rafforza questa tesi quando sostiene: “Nell’ultimo ventennio del secolo scorso Marineo è un grosso centro dell’entroterra palermitano che conta circa diecimila abitanti; vive quasi integralmente di agricoltura, ma ciò nonostante la mafia di Marineo non è mafia rurale […]. Nell’area urbana e nel raggio delle sue istituzioni si colloca senza ombra di dubbio la mafia di Marineo. Qui, come altrove, la mafia rappresenta il modo degenerato di gestire le risorse locali, detenendo saldamente le leve del potere politico nei municipi” (pp.16-17). Francesco Virga

4 commenti:

  1. la storia è maesta di vita

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  2. Caro Riccardo,
    non sempre la storia è maestra di vita. Altrimenti tante cose non si ripeterebbero...

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  3. Allora uso il condizionale: il passato dovrebbe dare indicazioni per spiegare il presente e per affrontare il futuro. Quanto al presente credo che "la storia" del nostro paese lo spiega bene.... è il futuro che mi preoccupa.
    Ciao Franco

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  4. Comunque , Vorrei avere la possibilità di leggere l'ultimo lavoro della Professoressa G. FIUME

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