25 agosto 2013

SOGNI A CUBA...








Piccolo viaggio nella letteratura cubana contemporanea alla scoperta delle radici e delle contraddizioni di una rivoluzione che ha fatto sognare una generazione intera di giovani.
 
Paolo D'Agostini - Realismo e barocco prima della Rivoluzione

La preziosa particolarità della civiltà cubana, e la sua grande e forse inimitabile ricchezza, risiede nel rapporto che c'è e c'è sempre stato - e dovrebbe o potrebbe esserci ancora di più - tra la mezcla, il meticciato frutto di quell'intreccio, convivenza o intregrazione di razze culture tradizioni influenze e religioni che è geneticamente costitutivo del modo d'essere degli undici milioni di abitanti dell'isola (più qualche altro milione, almeno tre, residente fuori dai confini), e quanto essa significa e, si direbbe, impone in termini di naturale vocazione alla pluralità, all'apertura, all'accoglienza della diversità.
Come mai questo patrimonio sia stato, tra alti e bassi, largamente sacrificato e frustrato dagli ultimi tre decenni - almeno - di regime rivoluzionario, si spiega soltanto con la sindrome dell'accerchiamento, con l'orgoglioso arroccamento provocato dall'embargo: causa di un antiamericanismo innaturale, laddove l'affinità con la civiltà del Grande Vicino , con quelle africana e spagnola (gallega specialmente) e tante altre, una delle anime dell'essere cubano, uno degli influssi che scorrono nel sangue di ogni cubano e ne formano l'originale personalità.


Si sa che sull'isola, in una splendida villa coloniale alle porte della capitale chiamata Finca Vijia, che ebbe tra i suoi visitatori celebrità come Spencer Tracy e Errol Flynn, Ernest Hemingway risiedette o ebbe il suo rifugio preferito per un ventennio tra gli anni Trenta e la sua morte, avvenuta poco dopo la vittoria dei barbudos scesi dalla Sierra; e si sa che qui egli ambientò una delle sue opere maggiori, Il vecchio e il mare. Il pescatore che ispirò il personaggio del romanzo, oggi centenario, è ancora mèta di pellegrinaggi giornalistici nel villaggio di Cojimar dove è sempre vissuto e dove lo scrittore teneva il suo yacht per la pesca d'altura. Si sa anche, ma un po' meno, che a Cuba (Santiago del las Vegas) dove il padre era stato chiamato per ragioni di lavoro, Italo Calvino nacque nel 1923.

Fin qui tracce di leggenda, richiami tra folclore e turismo. La letteratura cubana non ha bisogno di tali richiami, di ospiti illustri presi a prestito, ha in sé risorse e spessore tali da non richiedere questi lasciapassare per entrare nella storia della grande letteratura mondiale. Cominciando dalla generazione di Alejo Carpentier (1904-1980 a Parigi), di José Lezama Lima (1910-1976), di Nicolas Guillen (1902-1989). I primi due sono stati i grandi modelli - ben al di là dei confini cubani: provate a rileggere Gabriel Garcia Marquez dopo aver conosciuto questi due giganti e capirete quanti debiti ha contratto il più popolare e venduto narratore latinoamericano del secolo - di una scrittura sontuosamente immaginifica, di una lingua lussureggiante nel suo potere di evocazione.

I titoli di Carpentier, vissuto a lungo in Europa e intriso di cosmopolitismo, sono El siglo de las luces, El reino de este mundo, Concierto barroco, e infine, ultima sua opera pubblicata un anno prima della morte, El arpa y la sombra (gli ultimi tre in Italia da Einaudi: Il regno di questo mondo, Concerto barocco, L'arpa e l'ombra): dove la rivisitazione della figura di Colombo, il descubridor, restituisce all'uomo - pur nel seducente andamento delirante di una narrazione irta di digressioni - la completezza sacrificata dalla santificazione voluta da una storia tutta sbilanciata dalla parte del punto di vista europeo.

Lezama Lima, diversamente, non si mosse mai dal suo paese salvo un viaggio in Giamaica e tuttavia - il "viaggiatore immobile" lo si definì - con la sua poesia, la sua prosa narrativa e saggistica, con la sua vasta produzione creativa e di animazione culturale - capitale resta il caso della rivista Origenes da lui fondata e diretta (1944-57) - e la sua scrittura alluvionale è stato, grazie a una cultura vastissima e senza confini, un tramite per portare il mondo a Cuba e Cuba nel mondo. Anche "Proust dei Tropici" è stato detto di lui, ma è solo una formula ad effetto: a capire la sua forza tra i primi, per favorirne in modo determinante la conoscenza all'estero, fu Cortazar che, parlandone come di uno scrittore "della stessa levatura di Borges e Octavio Paz", vide in lui un "classico del Novecento".

Il suo capolavoro Paradiso (in Italia da Einaudi), il monumentale poema in prosa uscito la prima volta a Cuba nel 1966 che fu immediatamente ritirato dalla circolazione per lo scandalo suscitato dai contenuti omosessuali bollati come oscenità. (Pur non potendo non giganteggiare la sua figura, Lezama restò sempre ai margini dell'ufficialità culturale). L'edizione integrale di questo capolavoro barocco, percorso da richiami e riferimenti che da quello dantesco dichiarato dal titolo toccano la tradizione italiana dei Marini e dei Chiabrera e quella ispanica dei Gongora, uscirà postuma nell'88 a cura di Cintio Vitier. Guillen, infine, il maggior poeta cubano. Da nero, nessuno più di lui ha esaltato e valorizzato l'anima meticcia, aperta, universale della cubanità. Tre personalità e tre espressioni diverse che hanno in comune l'aver cantato la libertà, la tolleranza, la proiezione universale della conoscenza e della poesia.

Quanto questi tre artisti rimarranno sostanzialmente estranei alla svolta storica che investì l'isola con la rivoluzione castrista, la generazione che viene dopo sarà invece coinvolta in pieno. E, dopo una generale ed entusiastica adesione dei primi anni, si dividerà drammaticamente tra chi sceglierà, talvolta criticamente, di restare a Cuba, e chi proseguirà il suo compito altrove, a volte dopo una rottura violenta quanto sofferta, inseguiti dal marchio d'infamia del tradimento o, a seconda dei punti di vista, esaltati come eroi della dissidenza.


Guillermo Cabrera Infante (1929) comincia a scrivere nel dopoguerra e negli anni Cinquanta è critico cinematografico mentre nel '59 farà parte del gruppo fondatore dell'Icaic, l'istituto statale del cinema. Nel '62 sarà in Belgio come addetto culturale, nel '64 pubblicherà il suo romanzo Tres tristes tigres (in Italia per Il Saggiatore: Tre tristi tigri) e a partire dall'anno seguente risiederà a Londra. Oggi è (mal)visto come uno dei principali detrattori del regime e la sua firma è ampiamente frequentata dalla stampa europea, El Pais in testa, in qualità di oppositore di prestigio. Garzanti ha pubblicato nel '93 il suo L'Avana per un infante defunto. Se altri due poeti come Eliseo Diego (1920) e Roberto Fernandez Retamar (1930) sono rimasti in patria e hanno esercitato una funzione nell'apparato intellettuale, per contro Heberto Padilla (1932) cade in disgrazia nel corso degli anni Settanta sotto l'accusa di deviazionismo e Reynaldo Arenas (Prima che sia notte pubblicato da Guanda) muore suicida nel '90, malato di Aids.

Ma non tutte le biografie sono leggibili in modo netto e categorico: artisti di regime o aperti oppositori: tra condivisione di autentiche tensioni rivoluzionarie - l'ambizione di costruire il guevariano hombre nuevo si propagò come un irresistibile contagio, come il contagio di un'inarrestabile passione giovanile - e convivenza critica con le successive evoluzioni e involuzioni della rivoluzione trasformata in governo e in regime a partito unico, si sono snodate intere esistenze né succubi né eroiche, nutrite di un problematico vissuto irriducibile alle semplificazioni giornalistiche di cui erano un tempo avidi i fiancheggiatori e complici e di cui sono ancor più avidi oggi gli accusatori di professione, i grandi pentiti alla Valerio Riva.

Abel Prieto, già presidente dell'Uneac (unione degli scrittori), non è mai stato un artista sdraiato nell'ossequio e oggi è ministro della cultura: suoi, usciti in Italia, Notte di sabato a L'Avana e Malecon; Norberto Fuentes, biografo dell'Hemingway cubano, ha abbandonato avventurosamente il paese dopo una carriera onorata nell'ufficialità culturale interna. Miguel Barnet (1940), autore di Gallego nell'83, è voce autorevole dell'intellettualità interna, interpellato con il ministro Prieto dalle innumerevoli dirette televisive che si sono moltiplicate nei giorni della visita papale. Jesus Diaz (1941), autore di Las iniciales de la tierra nell'88, letterato ma anche cineasta, ha consumato un distacco lento e morbido accettando incarichi universitari in Spagna.

Questi percorsi sono altrettante testimonianze di un dato importante. Sotto il dominio coloniale spagnolo o quello neocoloniale degli Stati Uniti, sotto la dittatura di Batista o nel regime castrista L'Avana continua ad essere una capitale culturale del continente americano, un centro di iniziative, capace di esprimere personalità letterarie di statura mondiale. La vivacità culturale e il fiorire di iniziative prosegue sullo slancio degli eventi rivoluzionari. Ne fanno fede premi e riviste che si affermano come punti di riferimento e d'incontro di dimensione continentale. Il settimanale El caiman barbudo è stato un luogo di dibattito spesso eterodosso, mentre il periodico Casa de las Americas riunisce le più importanti firme della letteratura latinoamericana e assegna un premio letterario di grande prestigio.


(La Repubblica del 23 gennaio 1998)



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