05 agosto 2013

TRA CRISI E UTOPIA




Da il manifesto sardo:

GIOVANNI NUSCIS - TRA CRISI E UTOPIA
La crisi attuale – economica, di democrazia, di attacco ai diritti fondamentali, con lo scollamento di istituzioni e partiti dalla volontà e dai bisogni reali dei cittadini – ha prodotto due reazioni significative: l’elevata  astensione dal voto nelle recenti elezioni politiche e amministrative e il diffondersi di forme di lotta dal basso, in Sardegna e nella penisola.  Il terreno di battaglia è quello della difesa di beni comuni irrinunciabili, come la salute e l’ambiente (per l’inquinamento di centinaia di migliaia di ettari di territorio), la terra e il paesaggio (che le multinazionali della speculazione energetica vorrebbero strappare all’agricoltura e alla memoria storica della comunità), i beni demaniali (che si vorrebbero dismettere per fare cassa), il lavoro (che non c’è, e origina ovunque drammi e forme di protesta).
Sono nati nell’isola oltre centotrenta tra comitati, movimenti e associazioni. Ma si allarga ogni giorno il numero delle persone che si sentono lese nei diritti e non più rappresentate politicamente da alcun partito; diffidenti e distanti dalle urne, pertanto, o, tutt’al più, disposte ad aggregarsi con altri solo per conseguire obiettivi specifici.
Così, a fronte di una delegittimazione dell’intero sistema partitico assistiamo, nei territori, ad un recupero di sovranità diretta senza il filtro dei soggetti politici e delle istituzioni. Un “fai da te” in controtendenza  rispetto alla proverbiale apatia dei sardi ad aggregarsi per finalità sociali e politiche.  Ciò è forse dovuto  ad una riconosciuta rilevanza dei diritti e dei valori sotto attacco – salute, lavoro, libertà, democrazia, eguaglianza… – e alla loro trasversalità rispetto alle idee politiche ed (ex) appartenenze; ma anche alla scoperta di un modo nuovo e civile di confrontarsi e di esprimersi collettivamente, anche grazie all’informazione alternativa ai media tradizionali che circola rapida e capillare attraverso la rete.
Il convegno  organizzato da ALBA (Alleanza per il lavoro i beni comuni e l’ambiente) il 5 e 6 luglio u.s.  a Sassari, “Tra crisi e utopia: nuovo lavoro e sviluppo locale”, aveva tra i suoi obiettivi quello di “ripensare una prospettiva occupazionale attraverso lo sviluppo e la tutela di importanti risorse del territorio (terra, ambiente, cultura, arte, patrimonio monumentale), il miglioramento del contesto (creazione di infrastrutture, razionalizzazione del sistema dei trasporti, messa in sicurezza degli edifici scolastici, ristrutturazione di edifici storici), il lavoro di cura e di accoglienza, le imprese e le attività artigianali (attraverso un sostegno pubblico, indiretto, che almeno per un qualche tempo retribuisca i lavoratori)”.
L’iniziativa ha visto il coinvolgimento di esperti e dei comitati, movimenti e associazioni attivi sul territorio. Le relazioni, suddivise nelle tre sessioni, hanno riguardato: “La crisi economica in Sardegna: una lunga storia di fragilità irrisolte” (Marco Zurru), “Il lavoro da farsi: tra sviluppo locale e risposta al bisogno” (Giovanni Nuscis), “La buona terra: un bene comune strategico” (Ignazio Camarda), “La terra, il suolo per un nuovo scenario urbano” (Giovanni Oliva), “Le culture negate e i paesaggi traditi. Le bonifiche da un altro sguardo” (Marcello Madau), “Prendere cura della cura” (Vittoria Casu), “La pianificazione di un’area costiera della Sardegna occidentale: Porto Torres. Strategie e metodi” (Ivo Manca), “Un modello di sviluppo” (Giuseppe de Marzo).  Sono poi seguiti gli interventi dei rappresentanti di “No chimica verde – NO inceneritore”, “Comitato Nurra Dentro”, “WWF Sassari”, “Isde Italia – Medici per l’Ambiente”, “Gruppo di intervento giuridico”, “Csoa Pangea di Porto Torres”, e di esponenti di movimenti e partiti (M5S, Idv, Azione Civile).
Le relazioni e gli interventi hanno evidenziato situazioni allarmanti, nell’isola, ma anche segnali incoraggianti di cambiamento sul piano sociale e politico, e possibili percorsi di sviluppo settoriale per una rinascita autentica. In particolare:
Un’emergenza salute, per l’inquinamento da veleni che riguarda ormai circa quattrocentomila ettari dell’intero territorio regionale; con particolare riferimento a quello de La Nurra di Porto Torres (da parte dell’Eni) e di Quirra (per le servitù militari); c’è infatti una correlazione tra sostanze inquinanti e malattie tumorali riscontrate nella  popolazione residente; prima di qualunque forma di utilizzazione dei terreni è perciò necessario ed urgente provvedere alla loro bonifica; la gravità della situazione è ora al centro di un’indagine giudiziaria di cui si attendono gli esiti; ma sono stati attivati anche contenziosi di natura amministrativa nei confronti dei soggetti pubblici o privati   ritenuti responsabili;
Un’emergenza democratica per il fatto di voler imporre  alle comunità dell’isola, col sostegno del governo regionale, l’installazione di impianti di produzione d’energia alternativa (compresi quelli per la trivellazione del sottosuolo) che sarebbero devastanti per i territori; non ostante le comunità si siano pronunciate in senso contrario con assemblee pubbliche e referendum consultivi;
Un’emergenza occupazione che, prendendo atto degli enormi quanto inutili investimenti sulle grandi industrie sarde, e delle inefficaci politiche sul lavoro, richiederebbe interventi urgenti con un segno forte di discontinuità rispetto al passato; sull’esempio del new deal americano (come suggerito in particolar modo da Luciano Gallino) si potrebbe infatti creare nuovo lavoro partendo da progetti di sviluppo settoriale (agricoltura, patrimonio ambientale e culturale, infrastrutture, attività economiche, servizi sociali etc.) elaborati e condivisi democraticamente all’interno dei territori; impiegando e retribuendo, per far questo, i  disoccupati e gli inoccupati residenti, utilizzando le risorse disponibili nel bilancio regionale (un apposito fondo sui cui andrebbero dirottate, ad esempio, le somme destinate ad appalti per opere pubbliche non complesse, quelle destinate alla cassa integrazione speciale, quelle recuperate dell’evasione fiscale, quelle destinate all’esternalizzazione di servizi pubblici);
L’urgenza di  un piano energetico regionale che ponga fine ai dubbi sugli effettivi fabbisogni di energia nell’isola, e che contenga, finalmente, i costi per le imprese locali e per i residenti; e di un piano dei trasporti che razionalizzi e coordini i diversi mezzi, quelli ferroviari e gommati, quelli aerei e navali,  inefficienti o troppo costosi, risolvendo una volta per tutte il problema dei costi e della qualità del servizio, a vantaggio, anche, della competitività  dei prodotti regionali;
La presenza di un enorme patrimonio monumentale (oltre ventimila), nell’isola, attualmente gestito da personale insufficiente e poco valorizzato per scarsità di investimenti; costituisce una delle risorse più preziose  per la comunità, ed un volano fondamentale per la nostra economia, grazie ai milioni di turisti attratti dalla nostra storia;
L’occupazione di immobili inutilizzati, a Sassari (EXQ) e a Porto Torres (Ex Bocciofilo), che ha permesso di creare cantieri e laboratori per iniziative artistiche e culturali, riunendo culture ed esperienze diverse; spazi rivelatisi vitali per le nuove generazioni, luoghi di confronto e di elaborazione di idee per ripensare e rimodulare la bellezza e il ben-essere in contesti trascurati ma sicuramente migliorabili;
La necessità, per quanto detto sopra, di interrompere la procedura di svendita del patrimonio demaniale (immobili e terreni) da parte dell’Amministrazione provinciale di Sassari, restituendo alle comunità i beni utilizzabili attraverso progetti di sviluppo economico, culturale, per il miglioramento dei servizi sociali;
La necessità di ripensare la terra come un bene comune imprescindibile e non illimitato, considerato il suo rapido e incontrovertibile consumo soprattutto negli ultimi decenni; e  il suo valore a prescindere, non esistendo la “buona” o la “cattiva” terra; molti i terreni inutilizzati e quelli ad uso civico,  che consentirebbero un rilancio economico attraverso colture agricole appropriate;
La necessità di una nuova politica economica che ripensi e coordini le attività industriali nell’isola, supportando la loro ripresa o, qualora ciò non sia ritenuto opportuno, gli eventuali processi di riconversione o di gestione cooperativa; lo sviluppo di nuove attività nei territori, coerenti con la loro vocazione.
Le iniziative e le lotte intraprese dal basso sono dunque la disperata risposta all’aggressione dei diritti e alla loro denegata tutela a favore di interessi personali e di lobbies, da parte delle istituzioni e dei partiti politici, come le cronache giudiziarie ci confermano. Ma è altresì evidente che non è più sufficiente la consapevolezza delle proprie prerogative di cittadini, poter ricorrere a strumenti di democrazia diretta ed intraprendere lotte efficaci ma isolate.
Perché se è vero che “la sovranità appartiene al popolo…” (art. 2 Costituzione), che “il popolo esercita l’iniziativa delle leggi…” (art. 71 Costituzione), che “l’iniziativa delle leggi” […] spetta anche “al popolo sardo” (art. 28 dello Statuto speciale per la Sardegna), è anche vero che è giunto il momento di mettere punti fermi nell’ordinamento giuridico a tutela di diritti come quello alla salute, al lavoro, all’autodeterminazione democratica delle comunità per le scelte vitali che le riguardano. I principi esistono, incardinati nella carta costituzionale, e vanno dunque applicati fino in fondo anche attraverso norme  regionali coraggiose, tanto più quando quelle nazionali latitano o sono in contrasto con detti principi (vedi il recente decreto del fare, in materia di bonifiche).
Col consolidamento e la maggiore diffusione di pratiche democratiche dal basso, sarebbe perciò utile  iniziare a pensare una rappresentanza delle suddette istanze all’interno delle istituzioni, facendo  emergere e candidando, per le prossime consultazione elettorali, le personalità più capaci ed empatiche, dentro una logica di ricambio (uno, massimo due mandati elettorali) e di costante dialogo  con le comunità – con un paziente lavoro di aggregazione di quelle realtà affini tra loro per valori ed obiettivi politici.

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