Ecco l'introduzione del mio articolo su Leonardo Sciascia pubblicato oggi sulla rivista DIALOGHI MEDITERRANEI
RILEGGERE LEONARDO SCIASCIA
PER CAPIRE LA SICILIA E IL MONDO
Ricorre quest’anno il centenario della nascita e il 32° anniversario della morte di Leonardo Sciascia (1921-1989). Gli anniversari sono i momenti peggiori per parlare o scrivere criticamente di un autore. Sciascia, peraltro, è stato un autore che ha sempre amato le polemiche ed è stato uno dei più grandi polemisti del 900. Anche per questo non meritava di essere sommerso da un diluvio di parole retoriche. Ma così va il mondo, cosicché anche quelli che, fino a poco tempo fa, dicevano e scrivevano che era giunta l’ora di smettere di leggerlo, si sono uniti al coro delle celebrazioni.
Sciascia, con Pasolini, è stato uno degli autori più controversi del 900. Negli ultimi vent’anni della sua vita, almeno a partire da Il contesto (1971), è stato attaccato da più parti: Gerardo Chiaromonte ed Emanuele Macaluso gli hanno dato del qualunquista [2]; Giorgio Amendola nel 1977 l’ha chiamato vigliacco e disfattista [3]; L’affaire Moro, oggi glorificato, quando uscì nel 1978, ignorato e incompreso da tanti, condusse Eugenio Scalfari ad evocare La trahison des clercs; non parliamo del putiferio che scatenò nel 1987 l’articolo pubblicato dal principale quotidiano nazionale, con il titolo redazionale, I professionisti dell’antimafia.
Si arrivò a dire che era stato “stregato” dalla mafia; e non si è voluto capire che in tutte le sue opere Sciascia ha messo alla berlina ogni forma di cultura mafiosa (da quella espressa da Capuana e Pitrè a quella di Don Peppino Genco Russo).
In questo articolo focalizzerò la mia attenzione su un testo poco noto dello scrittore siciliano. Eppure si tratta della sua prima articolata riflessione sul fenomeno mafioso, come indica il suo stesso titolo La Mafia. Il pezzo uscì nel lontano 1957 sulla combattiva rivista Tempo Presente di Ignazio Silone. Per raccoglierlo qualche anno dopo nel suo primo libro di critica letteraria e di costume Pirandello e la Sicilia (Salvatore Sciascia Editore, Caltanissetta 1961).
Sciascia non ha mai amato essere considerato un mafiologo; eppure non conosco scrittori che hanno scritto quanto lui sulla mafia e sulla cultura mafiosa. A lui dobbiamo soprattutto l’idea originale secondo cui il vero spirito mafioso si annida in ogni forma di potere assoluto. Per questo non conosce confini geografici e ha avuto nella storia molteplici incarnazioni, dagli antichi Tribunali della Santa Inquisizione ai più recenti campi di concentramento e gulag.
Sciascia comincia a scrivere di mafia in anni in cui pochi ne parlavano e molti ne negavano perfino l’esistenza. Lo ricorderà lo stesso Autore, con un po’ di civetteria, un anno prima di lasciarci:
«Ho dovuto fare i conti da trent’anni a questa parte prima con coloro che non credevano o non volevano credere all’esistenza della mafia e ora con coloro che non vedono altro che mafia. Di volta in volta sono stato accusato di diffamare la Sicilia e di difenderla troppo. […]. Non sono infallibile, ma credo di aver detto qualche inoppugnabile verità. Ho 67 anni, ho da rimproverarmi e da rimpiangere molte cose; ma nessuna che abbia a che fare con la malafede, la vanità e gli interessi particolari. Non ho, lo riconosco, il dono dell’opportunità e della prudenza. Ma si è come si è» [4]
Leonardo Sciascia ha studiato la mafia con la stessa libertà e la stessa passione che ha attribuito ad uno dei maggiori studiosi siciliani di tradizioni popolari: «In piena libertà, senza quelle remore, quelle preoccupazioni, quelle direttrici (e quei disguidi) che la carriera accademica impone, da anni Antonino Uccello studia le tradizioni popolari siciliane» (Leonardo Sciascia, Quaderno, Palermo 1991: 116-119). Anche per questo Sciascia ha potuto dire sulla mafia quello che gli storici accademici non hanno mai voluto o potuto dire.
FRANCESCO VIRGA
Ecco il link dell'articolo che potete leggere integralmente sulla rivista DIALOGHI MEDITERRANEI:
http://www.istitutoeuroarabo.it/DM/la-mafia-secondo-leonardo-sciascia/
Di seguito uno dei primi commenti ricevuti da Bernardo Puleio, autore di due libri importanti sullo scrittore di Racalmuto:
"L'amico Francesco Virga ha appena pubblicato sulla rivista on-line Dialoghi mediterranei, un eccellente acuto e critico saggio su Sciascia e la mafia. Con particolare attenzione soprattutto allo Sciascia delle origini, diciamo così approssimativamente, della prima fase. Che poi era già uno Sciascia molto problematico e fuori dai confini del politicamente corretto o dell' intellettuale organico, concetto che all'epoca corrispondeva al politicamente corretto, secondo le attese, per così dire, progressiste e comuniste. Mi sono anche molto piaciute le oneste annotazioni che Virga scrive all'inizio a proposito delle tante censure che Sciascia ha ricevuto mentre era in vita anche da parte comunista: il saggista giustamente prende anche le distanze da alcuni giudizi sommari formulati da dirigenti di primo piano di quel partito al quale è stato tanto legato: è un segno di onestà intellettuale che non è per nulla scontato quando sono in gioco i sentimenti di appartenenza passionale a una ideologia.
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