16 febbraio 2023

DEMOCRAZIE IN CRISI

 


Sul disfacimento della democrazia


Raúl Zibechi
16 Febbraio 2023

Che la democrazia occidentale sia profondamente ammalata lo sanno anche i sassi. Lo dicono, costernati, almeno dagli ultimi decenni del secolo scorso, presidenti e fornai, sondaggisti e politologi, attori e camorristi. Ribadito, per dovere di cronaca, che ognuno di essi ha ormai un’idea molto diversa di cosa debba essere un sistema democratico, non potrebbe essere arrivato il tempo di chiedersi a che stadio sia giunto il mal sottile della povera ammalata? Sì, quella che comunemente agitiamo tutti, più o meno convinti che sia poco più di un nobile simulacro, soprattutto per distinguerla dai regimi autoritari al mondo (occidentale) intero invisi. Raúl Zibechi prova a guardarne qui alcuni tratti salienti in controluce. La diagnosi che ne ricava non lascia molto margine alla speranza

Le urne elettorali prima di essere benedette

C’è consenso sull’auspicabilità della democrazia e il rifiuto della dittatura. Ma questo consenso nasconde idee opposte su ciò che intendiamo per democrazia e cosa mettiamo in risalto: si va da coloro che danno priorità al sistema elettorale e al diritto di voto a coloro che intendono la democrazia come “un’autentica equa distribuzione del potere” (Immanuel Wallerstein).

I media egemonici, i partiti e i capitalisti pongono l’accento sullo svolgimento periodico di elezioni per eleggere presidenze e parlamenti, con libertà di stampa, diversità di candidati e possibilità di avvicendamento nell’assunzione delle suddette cariche. Riducono la democrazia alla consultazione elettorale e all’esistenza di alcuni diritti civili, anche se la portata di questi diritti viene lasciata di solito alla discrezione dei governi di turno.

Il diritto di manifestare, ad esempio, è spesso fortemente limitato durante le crisi economiche e politiche, durante le emergenze sanitarie e ogni volta che il potere esecutivo impone lo stato di emergenza. È diventato un fatto abituale che la polizia predisponga cordoni intorno alle manifestazioni, mentre in precedenza si posizionava a distanza per intervenire solo in caso di incidenti.

In questo modo, si intimidiscono i manifestanti e si limita seriamente il diritto di manifestare. Come ha sottolineato Foucault, “la polizia è il colpo di Stato permanente”, cosicché gli apparati armati legali vengano utilizzati quando il potere e i potenti ritengono che sia giunto il momento.

Anche il diritto di sciopero è spesso pregiudicato, con l’imposizione di servizi minimi che neutralizzano gli effetti dell’astensione dal lavoro, come si sta discutendo in questi giorni in Inghilterra, e già in precedenza lo si è fatto in tanti angoli del pianeta.

Per quanto riguarda la libertà di espressione, le cose vanno ancora peggio: la concentrazione dei mezzi di comunicazione a carattere monopolistico neutralizza un diritto fondamentale, perché l’accesso alla comunicazione è enormemente diseguale a seconda della classe sociale, del colore della pelle, dell’età e delle regioni o dei quartieri in cui si abita. Il monopolio dei media esclude l’espressione politica di posizioni anti-sistemiche e questo è uno dei maggiori ostacoli al funzionamento di una vera democrazia.

La crescita esponenziale della disuguaglianza sta rivelando che la democrazia è una fantasia, perché la concentrazione della ricchezza avviene nel contesto di un sistema “democratico” pienamente funzionante, sotto governi di qualsiasi segno e colore, senza la minima interruzione. Secondo Oxfam, nell’ultimo decennio l’uno per cento più ricco aveva acquisito circa la metà della nuova ricchezza; ma dal 2020 ha ottenuto il doppio di quanto è andato al 99% della popolazione mondiale, con la benedizione delle istituzioni democratiche.

La democrazia è una fabbrica di ricchi, in realtà di multimilionari, perché coloro che rappresentavano i lavoratori sono passati dalla parte dei padroni. In un’intervista a Truthout, la sociologa americana Heather Gautney sostiene che in un momento particolare, prima dell’elezione di Bill Clinton, il Partito Democratico ha preso la decisione di recidere i legami con i lavoratori e costruire legami con le grandi imprese.

Gautney è l’autrice di The New Power Elite, ispirato al celebre lavoro di Wright Mills The Power Elite, pubblicato nel 1956, che presentava una potente critica della concentrazione del potere politico, economico e militare e che ha influenzato i movimenti degli anni Sessanta.

Gautney sostiene che la disuguaglianza è “un programma di classe” a cui aderiscono sia i democratici che i repubblicani, il che in America Latina significa sia le destre che i progressismi, entrambi impegnati a promuovere gli interessi delle classi dominanti e del capitalismo. Le due correnti promuovono all’unisono le grandi opere infrastrutturali, l’attività mineraria e le monocolture, che sono le forme in cui il neoliberismo si presenta nel continente latinoamericano.

La sociologa aggiunge che la manipolazione della popolazione è straordinariamente cresciuta: oggi, un piccolo numero di persone esercita un controllo sui media superiore a quello di qualsiasi dittatore nel corso della storia. Senza smantellare il potere delle élites e impedire che se ne formino di nuove, non ci saranno mai cambiamenti strutturali.

Per i settori popolari, la democrazia è sempre stata un mezzo per difendere i propri interessi, mai un fine in séPer Wallerstein, il suffragio universale mira a “integrare le classi pericolose”, un punto su cui concorda lo storico Josep Fontana nel suo libro Capitalismo y democracia, dove afferma che l’egemonia culturale imposta dalla borghesia (nel diciannovesimo secolo) ha cercato e ottenuto l’integrazione dei lavoratori “nella sua visione della società e della storia”.

Ma la democrazia svolge anche un altro ruolo: riesce a occultare il fatto che il capitalismo ha bisogno del gioco democratico per colonizzare ogni angolo della società attraverso il consumismo. Le sinistre elettorali difendono questo mascheramento, trasferendo i conflitti di classe, di genere e di colore della pelle sul terreno istituzionale, dove si dissolvono in leggi e regolamenti.

Fonte: “La descomposición de la democracia”, in La Jornada, 10/02/2023.
Traduzione a cura di Camminardomandando.

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