25 febbraio 2023

"PIANO SCUOLA 4. 0": un modello formativo discutibile.

 


4.0

Rossana Rolando
25 Febbraio 2023

In questi giorni migliaia di collegi dei docenti stanno approvando i progetti per i finanziamenti del PNRR, per il “Piano scuola 4.0”. Una vera riforma non discussa né in parlamento né tra chi la scuola la vive ogni giorno. Il Piano prevede finanziamenti pubblici soltanto per una massiccia digitalizzazione. Le invadenti e sempre più potenti agenzie digitali gongolano. Scrive Rossana Rolando, insegnante: “Quello che fino ad oggi si è considerato un mezzo, lo strumento digitale, diventa il fine, volto a orientare verso le professioni digitali. L’istruzione viene esplicitamente finalizzata al mercato e al lavoro, lasciando del tutto da parte la concezione della scuola come spazio per la formazione della persona e del suo senso critico…”. È il dominio dell’area tecnologica, non certo scientifica. È il dominio del pensiero convergente

Icollegi dei docenti stanno approvando – entro il 28 febbraio – i progetti previsti per i finanziamenti del PNRR, elaborati da ogni Istituto, secondo il Piano scuola 4.0. Si tratta di una vera e propria riforma non discussa, né in parlamento né nei luoghi decisionali della scuola, che sta passando senza troppe resistenze, all’insegna della modernizzazione del sistema scolastico, finalmente liberato, secondo gli slogan della moda dominante, da un sapere trasmissivo e da metodi sorpassati e ormai inefficaci, come la lezione frontale, divenuta da lungo tempo, per i suoi detrattori, la parodia di se stessa. A ben vedere, è in questione un intero modello pedagogico, che s’intende demolire. Non si tratta semplicemente di introdurre nuovi strumenti da affiancare all’azione dell’insegnante, centro propulsore dell’azione educativa. La figura del docente, nella scuola futura, prevista dal piano 4.0, sarà del tutto stravolta. Non s’identificherà più con l’intellettuale, in grado di porsi come mediatore tra la complessità del sapere e il percorso di attivazione della conoscenza – sia ch’essa riguardi un teorema di matematica o una versione di greco o una pagina della Critica della ragion pura.

Fine del modello pedagogico umanistico?

Il modello pedagogico umanistico che ha posto il sapere filosofico, storico, letterario, scientifico al servizio di un progetto educativo liberante, capace di sviluppare uno spirito critico, corrosivo rispetto alla omologazione massificante, sarà accantonato.

Alcuni indirizzi, caratterizzati in modo particolare dall’intento formativo fine a se stesso, senza un diretto scopo pratico, come il liceo classico, saranno destinati a subire un altro – forse definitivo – duro colpo.

Le esigenze della scuola

Le sofferenze della scuola sono molteplici: spazi angusti e fatiscenti, classi sovraffollate, ridotto personale ATA, pochi e inadeguati servizi, aule ristrette, sale professori disagevoli…

Gli investimenti per la scuola potrebbero certamente rispondere a queste criticità se ogni Istituto, in maniera autonoma, potesse utilizzare i soldi del PNRR per le sue effettive priorità, stabilite in base a ben precisi obiettivi pedagogici e culturali, all’interno di un quadro nazionale veramente interessato a migliorare il sistema formativo italiano. Ma questa autonomia, affiancata ad una visione di grande respiro culturale, manca del tutto. 

Il progetto scuola 4.0

Il piano prevede che i finanziamenti del PNRR possano essere impiegati esclusivamente nella direzione di una massiccia digitalizzazione. Il processo iniziato nel periodo pandemico e sostenuto dall’affermarsi di nuove metodologie largamente poggiate sui mezzi digitali, non si ferma, viene anzi potenziato. Nella nuova scuola digitale l’apprendimento verrà affidato a “robotica e automazione, intelligenza artificiale, cloud computing…”¹ – e ai prodotti digitali forniti dalle varie agenzie online. L’insegnante sarà il diffusore di tali risorse virtuali e, perciò, verrà previsto per lui “un ampio programma di transizione digitale”.²


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Gli stessi luoghi fisici dovranno conformarsi a questa pervasiva digitalizzazione dell’insegnamento. Nel testo del progetto si indica chiaramente il superamento degli spazi tradizionali – “il rigido modello di un’aula di forma quadrata o rettangolare” – per realizzare “ambienti di apprendimento ibridi” in cui si fondono spazi fisici e digitali.³ La stessa dimensione della “classe”, con una sua precisa collocazione, per l’intera durata dell’anno scolastico, dovrà essere abbandonata, a favore di spazi virtuali raggiungibili dovunque, anche “a distanza” (come del resto è accaduto nel periodo pandemico). Potrà anche essere introdotto uno schema di rotazione delle classi che si muovono in rapporto ad ambienti dedicati a una disciplina o a un “nucleo pedagogico”. Si prevede, infatti, “la trasformazione di almeno 100.000 classi in ambienti di apprendimento innovativi e la creazione di laboratori per le professioni digitali del futuro”.

Tutto il processo “formativo” si svolgerà in “ambienti immersivi”, con utilizzo del “metaverso”, dell’”eduverso”, in un continuum tra dimensione virtuale e vitale. Il testo del Piano 4.0 utilizza proprio il termine “on-life”, per indicare l’intreccio tra i due spazi in sui si realizzerà l’apprendimento.

Non possono sfuggire gli enormi interessi economici di privati cui saranno trasferiti finanziamenti pubblici: le varie agenzie digitali hanno già prodotto pacchetti di “percorsi formativi” (lezioni, video, esercizi, verifiche) pronti per essere utilizzati. È di qualche mese addietro l’uscita della ChatGPT, software conversativo in grado di dare risposta ad ogni domanda, in perfetto accordo con i test valutativi a risposta multipla che predominano in rete. 

I presupposti “filosofici”

Quello che fino ad oggi si è considerato un mezzo – lo strumento digitale – e che tale rimane per chi non si allinea con questa riforma, diventa il fine, volto ad orientare verso le professioni digitali del futuro. Conseguentemente, l’istruzione viene esplicitamente finalizzata al mercato e al lavoro, lasciando del tutto da parte la concezione della scuola come spazio per la formazione della persona e del suo senso critico, anche indipendentemente dalla “utilità” legata al mondo lavorativo. In quest’ottica il primato dell’area tecnologica (non direi scientifica) rispetto all’area umanistico filosofica è tutto racchiuso nella ripetizione enfatica dell’acronimo STEM con cui si indicano Scienze, Tecnologia, Ingegneria, Matematica.

Il modello di apprendimento sotteso è quello del pensiero convergente, che meglio si adatta alle esigenze del lavoro e del mercato, rispetto al pensiero divergente che promuove il pensiero creativo e critico. 


Note

1. Piano Scuola 4.0, p. 31.
2. Ibidem, p. 4 e p. 10, laddove si individuano, per i docenti, i livelli di ingresso necessari: “Novizio, Esploratore, Sperimentatore, Esperto, Leader, Pioniere” (sic!).
3. Ibidem, pp.  3-4.4. Ibidem, p.  8.5. Ibidem, p. 22.6. Ibidem, p. 7.


Rossana Rolando insegna storia e filosofia in un liceo.

Pubblicato su Persona e Comunità, “blog di riflessione culturale, filosofica, pedagogica e religiosa”


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