Parto da un assunto. Il teatro, così come il cinema ed i libri, per me sono magia, fuga forse, rappresentazione del passato per ricordare, del reale per riflettere, del futuro per guardare oltre. Pertanto sono un dono immenso. Certo esistono lavori non sempre riusciti. Ma tant’è, se sono vero Teatro, vero Cinema e vera Letteratura sono un dono punto. Inoltre stimo infinitamente Lina Prosa per cui ho mente e cuore sempre aperti quando assisto ad una sua opera. Mi metto alla prova e voglio capire. Così vi invito ad andare ad assistere ad “ Ulisse artico” scritto da Lina Prosa, portato in scena con la regia di Carmelo Rifici, al Teatro Biondo. Uno spettacolo di un’ora con una regia magnifica, con trovate sceniche originali e coinvolgenti, con attori trascinanti, Giovanni Crippa e Sara Mafodda, e soprattutto con un testo che è richiamo alla tradizione alla stessa misura in cui la scardina, che è dramma alla stessa misura in cui ironizza e relativizza il mito. È poesia ed insieme riflessione, profezia. Immaginifico e pieno di spunti. L’umanità della quale più o meno sempre Ulisse e l’Odissea sono stati archetipo e simbolo, sta andando alla deriva, schiave di poteri, vittime di disegni invisibili di classi dominanti che non sempre si palesano. Ed il pianeta muore e si sgretola, si liquefà come ghiaccio vero e figurato. Come si scioglie la testa di ghiaccio del cavallo simbolo sulla scena, che è prua della nave del nostro eroe disperso nell’artico ed anche simbolo di quel cavallo di Troia che l’ha reso famoso. Il canto delle sirene è nella testa di Ulisse, ma è anche una famosa canzone di Dalida che torna e ritorna sulla scena, musica che scuote ed ammalia. Ed insieme alla poesia ci sono parole che incarnano l’impegno sociale e politico nel senso più alto del termine, ci sono i migranti del mediterraneo che forse qualcuno vorrebbe davvero spostare agli antipodi. E comunque c’è l’uomo che cerca, che vuole tornare a casa, che pulsa di coraggio, di resa e di amore. La donna Inuit, popolo che decide la propria morte determinandosi e quindi non cadendo vittima di nessuno dei carnefici che infestano la terra, diventa simbolo di una nuova Umanità che vuole affermare i valori fondanti di se stessa, lontano da miasmi ammorbanti fattori inquinanti non solo fisici ma anche metafisici, di sfruttamento dell’uomo e di dittatura del profitto. Eppure la chiave è lì è Pentesilea, la donna che fa innamorare Ulisse anche senza nemmeno essere più viva. L’Odissea artica, forse ha una fine, una speranza, Ulisse può trovare una strada, un ritorno, una soluzione. #teatro #linaprosa #lampedusamore #ulisseartico #teatrobiondo
Federica Lo Verso
Nessun commento:
Posta un commento