10 gennaio 2023

UN' ALTRA CONVERSAZIONE INEDITA DI LEONARDO SCIASCIA

 


Un ritratto del grande scrittore siciliano nell’intervista del reporter inglese Ian Thomson. L’articolo di Giuseppe Giglio nel giorno della nascita di Leonardo Sciascia

di Giuseppe Giglio

È da poco uscito Una conversazione a Palermo con Leonardo Sciascia (Rubbettino, 87 p., € 11,00), grazioso libretto di Ian Thomson, un importante giornalista e scrittore inglese (collabora con “The Times Literary Supplement”; e molto ha scritto su: “The Guardian”, “The Indipendent”, “The Spectator”) da sempre attento alle cose italiane. E a certi scrittori, in particolare, come Primo Levi. O come Leonardo Sciascia, da cui Thomson venne accolto in un pomeriggio di dicembre del 1985, nella casa di Palermo. Ne sortì un’intervista, o, più propriamente, una conversazione, tra quel giovane reporter inglese – di appena 24 anni, e con una sorprendente maturità – e Sciascia: che aveva già alle spalle la gran parte dei suoi libri, e che al suo ospite apparve come «un curioso incrocio fra Albert Camus e Humphrey Bogart». E quella conversazione, nel suo stesso articolarsi, si fece ritratto del grande scrittore siciliano: per essere poi pubblicata, nel 1987, sul “London Magazine”. In Italia è invece rimasta inedita fino ad oggi: quando Vito Catalano, nipote di Sciascia, decide di farne il primo numero dei Quaderni di Regalpetra – una collana da lui diretta, una «piccola biblioteca che si propone di presentare libri legati a Leonardo Sciascia», su iniziativa della stessa Fondazione al nonno intitolata -, affidando la traduzione e la cura del testo ad Adele Maria Troisi, anche lei racalmutese, e legata all’autore de Il giorno della civetta e Il contesto da un’antica amicizia di famiglia.

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Un ritratto, dicevo: che subito investe il lettore della sua peculiare luce. In pochi altri casi (davvero pochi), come in questo di Sciascia, l’uomo e lo scrittore sono stati, sono, meravigliosamente coincidenti: in un’instancabile, ostinata, gioiosa ricerca di verità e d’amore, nel vivere e nello scrivere. O meglio, e pirandellianamente, nel vivere scrivendo e nello scrivere vivendo. Delle verità della vita, e dell’amore per l’uomo, ben oltre il tempo che gli è toccato in sorte: a lui, a Leonardo Sciascia, che era già un classico da vivo, con le sue storie che dal tempo narrato si affacciavano, e si affacciano, sulle menzogne e sulle inquietudini, sulle ferite e sugli inganni di sempre, quelli cioè che appartengono all’umana natura. Uno scrittore è memoria, ripeteva Leonardo: ovvero la memoria individuale che tenendosi in esercizio si salda alla memoria collettiva, alla Memoria. E il ricordare, per lui vigile e volontario, si faceva proficua ossessione, lanterna preziosa: ad illuminare da dentro il mistero del vivere, la sua bellezza, la sua miseria. Uno Sciascia, insomma, che ha in sé tutti gli altri (il polemista, il moralista, il palombaro dei mali italiani, il difensore della giustizia giusta, del diritto, della ragione), e che racconta la condizione umana, puntualizza lo stesso Thomson (citando il critico e conterraneo Frank Kermode) già dalla prima pagina. Uno Sciascia che non può tacere sul «male che domina l’intera comunità umana, di cui la mafia è solo uno dei sintomi più ripugnanti».

Uno Sciascia, ancora, innamorato dei disegni di Arthur Rackham (molto gli erano piaciute le illustrazioni di Alice nel paese delle meraviglie), su cui a Thomson chiede se in Inghilterra vi siano pubblicazioni: come si vede anche dalla breve corrispondenza epistolare tra i due. Già, Rackham: quel visionario e metafisico disegnatore che nel segno di Albrecht Dürer aveva illustrato tanti libri e favole. Così caro, Dürer, anche allo stesso Sciascia, che ne avrebbe poi ricavato uno struggente fil rouge del suo romanzo più di altri testamentario: Il cavaliere e la morte. Un romanzo senza tempo: per quel terribile rigenerarsi dell’indegnità del mondo – del mondo umano: con i suoi veleni, le sue corruzioni, le sue guerre – di sé stesso, della vita, come anche per la fiducia e la speranza (di un mondo umano diverso, migliore, che ritrova e rinnova la sua umanità) che proprio nella scrittura e nella memoria continuano a risiedere, a germogliare.

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La scheda del libro: “Una conversazione a Palermo con Leonardo Sciascia” di Ian Thomson (Rubbettino – a cura di Adele Maria Troisi)

Nel dicembre del 1985, Ian Thomson prese il treno Roma-Palermo per andare a incontrare Leonardo Sciascia: ecco il racconto di quel viaggio e di quell’incontro, originariamente pubblicato sul London Magazine nel 1987. Il testo, che oggi appare per la prima volta in italiano, è accompagnato da una breve premessa dell’autore, da una nota della traduttrice Adele Maria Troisi, anglista di Racalmuto, e dalle lettere che Sciascia e Thomson si scambiarono prima e dopo il loro incontro.

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