Uno dei meriti della biografia di Gramsci curata da Giuseppe Fiori sta nell'essere riuscito a farci conoscere, insieme alle idee, l'uomo, lo stesso corpo del grande sardo, con tutte le sue fragilità. E Gramsci in carcere non pensa solo ai libri e a scrivere fur ewig . In certi periodi, addirittura, anche per via di un'emicrania che non gli dà pace, non ci pensa proprio ai libri e alla gloria futura. Allora cerca solo di star meglio e si prende cura anche delle piantine, i cui semi gli erano stati donati da Tania in una delle sue prime visite a Turi. Da uno di questi semi sorgerà una pianta di rosa rampicante che Gramsci seguirà con particolare cura, tenendo informata Tania, con lettere bellissime che le invia tra aprile e luglio del 1929. In una di queste scriverà:
«Sai, la rosa si è completamente ravvivata[...]. Dal 3 giugno al 15, di colpo, ha cominciato a metter occhi e poi foglie, finché si è completamente rifatta verde: adesso ha dei rametti lunghi già 15 centimetri […].Il cielo delle stagioni, legato ai solstizi e agli equinozi, lo sento come carne della mia carne; la rosa è viva e fiorirà certamente, perché il caldo prepara il gelo e sotto la neve palpitano già le prime violette , ecc. ecc.; insomma il tempo mi appare come una cosa corpulenta da quando lo spazio non esiste più per me» (Lettere dal carcere, Einaudi 1965, pp.285-6)
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