21 gennaio 2023

P. VALERY, Choses tues 2






Da “Choses tues” #2

Di Paul Valéry

.Traduzione di Jacopo Masi

[Testi tratti dalle sezioni V e VI di Choses tues, Gallimard, 1932. Una prima selezione di testi tradotti è stata presentata qui.]

 Parte V 

La nozione di “grande poeta” ha generato più poetucoli di quanto non fosse ragionevole attendersi dalle combinazioni del caso.

*

L’odio più forte e più necessario è diretto a coloro che sono ciò che noi vorremmo essere: ed è tanto più aspro quanto più tale stato è inseparabile dalla persona stessa. È un furto possedere la fortuna o il titolo che un altro vorrebbe; è un assassinio possedere il fisico, o l’intelletto, o i talenti che corrispondono all’ideale di qualcuno. Gli si rivela a colpo d’occhio che tale ideale non è chimerico e che il posto è già occupato.

Ma quell’invidioso dimentica il vero grande vantaggio di non avere ciò che si desidera, cioè il considerarlo da un punto di vista vietato a chi lo possiede e il dovere educarsi a sminuirlo per vivere! Mentre il possessore lo sminuisce in quanto ce l’ha…. Ogni ideale è attaccato dai due fronti. Il sistema: Sono troppo acerbi e il sistema: sono marci, cospirano contro di esso.

*

I nostri veri nemici sono silenziosi.

*

Un uomo che ci attacca, non è che un uomo che si sgrava.

Immaginate dunque la faccia di un uomo che sul suo foglio cerca e trova un bell’insulto contro di voi. Lo cancella e ne trova uno ancora migliore…

– Tenete sempre affissa questa immagine al muro del vostro animo.

*

Legge meccanica degli insulti.

Per un testimone sufficientemente distante, l’insulto non si fissa al punto cui è indirizzato: ogni sputo descrive una curva chiusa.

*

Nascondi il tuo dio.

Non si devono attaccare gli altri, ma i loro dei. Si devono colpire gli dei del nemico. Ma prima bisogna quindi scoprirli. I loro veri dei, gli uomini li nascondono con cura.

*

Meglio perdonare gli insulti – che dimenticarli –. Ma il perdono non è mai reale. Niente può annullare il dolore attuale. Chi perdona in questo stato, finge di essere ciò che ancora non è. È una nobile commedia.

*

L’incontro.

Che tiro della sorte sarebbe, per due uomini in fuga l’uno dall’altro, ignari della rotondità della terra, ritrovarsi faccia a faccia agli antipodi del punto di partenza!

Ciò può capitarci con i nostri peggior nemici.

Esistono alcune curvature nella fibra del tempo della vita che conducono dall’impossibile al reale e dall’inconcepibile al compiuto.

 

Parte VI

 

Sguardi.

Degli sguardi che si incontrano fanno nascere strani rapporti.

Nessuno potrebbe pensare liberamente se i suoi occhi non potessero staccarsi da altri occhi che li seguono.

Non appena gli sguardi si allacciano, non si è più davvero due, e diventa difficile restare soli.

*

Sugli sguardi che “si scambiano”.

Questo scambio, il termine è appropriato, realizza in un tempo brevissimo una trasposizione, una metatesi, un chiasmo di due “destini”, di due punti di vista. In esso si compie una sorta di reciproca limitazione simultanea. Tu prendi la mia immagine, la mia apparenza, io prendo la tua. Tu non sei me, poiché tu mi vedi e io non mi vedo. Ciò che mi manca è questo me che tu vedi. E quello che manca a te, è il te che io vedo.

E per quanto avanziamo nella conoscenza l’uno dell’altro, tanto ci rifletteremo quanto saremo altri. E tutto il resto rimarrà identico, e forse… comune!

E più i nostri sguardi si separeranno, più ci perderemo di vista, più saremo indiscernibili.

Io ti vedo, per non essere te, non essendo Te.

Questo tipo di analisi può applicarsi tra sé e se stessi.

*

Sorrisi.

Due persone si incontrano. Sorrisi come eccitati di vedersi, e mantenuti per un po’ di tempo. Si riposano per lasciar passare una o due frasi serie. Rinascono, si distaccano; e, separati l’uno dall’altro, si distendono, si dissolvono…

*

Tra noi.

Le relazioni umane si fondano su cifre. Decifrare, è guastare[1]. La cifra ha il vantaggio di dire senza dire, e di mantenere in sospeso, reversibile, l’opinione reciproca. Ci preserva dal portare giudizi decisivi e definitivi che non sono mai veri tranne che nell’istante.

*

Tutto ciò che si dice di noi è falso; ma non più falso di quello che noi ne pensiamo. – Ma di un falso diverso.

*

Intimi.

Non si diventa davvero intimi che tra persone con lo stesso grado di discrezione. Il resto, carattere, cultura e gusti, importa poco.

L’intimità vera poggia sul senso condiviso di pudenda e tacenda.

È la ragione per cui essa permette un’incredibile libertà; tutto il resto può essere detto.

Ma ci sono false intimità.

Poche amicizie complete. Raramente si è totalmente amici. È il motivo per cui capita di avere molti amici e di tipi molto diversi.

“Ha tanti amici quante persone in lui.”

Non è il più intimo quello che preferisce. È probabile che ci riveliamo di più (o crediamo di rivelarci) a colui che più amiamo? Per il favorito ci si fa più belli.

Se un rapporto tra due persone si guastare, è perché stavano un po’ troppo bene assieme. I rapporti superficiali sono sempre buoni. Ma l’intimità rende percettibile ogni minima variazione. Non bisogna dimenticare che essa consiste in una indiscrezione concessa, offerta o sollecitata, i cui limiti sono incerti, che produce un’impressione niente meno che costante ed esige un’attenzione minuziosa per essere esercitata senza danni e senza segrete conseguenze molto pericolose per l’amicizia.

*

C’è, nelle relazioni che tra persone delicate si fanno intime, questa straordinaria miscela di paura di non essere capiti e terrore di essere capiti.

– Bisogna che mi capiate senza che il vostro sguardo mi rimandi l’idea di un uomo che si è spiegato. Non dimenticate che mi vedo nel vostro atteggiamento, e non voglio vedervi nulla di insopportabile.

Che il vostro silenzio sia uno specchio senza macchia, ecc.

*

I veri segreti di un individuo gli sono più segreti di quanto non lo siano agli altri.

*

Il segreto di un uomo d’ingegno è meno segreto del segreto di uno stolto.

*

Quod verbum in pectus Jugurthœ altius quem quisquam ratus erat descendit.

Salluste.[2]

 

Non si può mai sapere in che punto e fino a quale nodo dei nervi, qualcuno è toccato da una parola, – intendo: insignificante.

Toccato, – vale a dire: cambiato. Una parola fa maturare bruscamente un bambino. Ecc.

[1] Valéry mi pare giochi sul doppio senso di “se brouiller”, verbo che indica sia l’atto di rompere un legame (“se brouiller avec quelqu’un”) sia l’offuscamento, la confusione, la perdita di nettezza, di limpidità nella percezione, effetto paradossale del tentativo di “decifrazione”. Tentando di conservare una certa duplicità semantica, nella traduzione italiana si è optato per un “guastare”. Il verbo ritorna nel passaggio “Intimi” (“Intimes”), questa volta nel senso univoco di “litigare”: per coerenza e per non perdere il richiamo, si è mantenuta la stessa traduzione, adattando la costruzione [N.d.T.].

[2] Sallustio, Bellum Iugurthinum: “La quale parola penetrò nel petto di Giugurta più in profondità di quanto chiunque avesse pensato” [N.d.T.].

*

V

 

La notion de « grand poète » a engendré plus de petits poètes qu’il n’en était raisonnablement à attendre des combinaisons du sort.

 

*

 

La plus forte et la plus nécessaire haine va à ceux qui sont ce que nous voudrions être : et d’autant plus âpre que cet état est plus attaché à la personne même. C’est un vol que de posséder la fortune ou le titre qu’un autre voudrait ; c’est un assassinat que de posséder le physique, ou l’intellect, ou les dons qui sont l’idéal de quelqu’un. On lui fait voir par un seul coup d’œil que cet idéal n’est pas chimérique et que la place est prise.

Mais ce jaloux oublie le grand et véritable avantage de ne pas avoir ce qu’on désire, qui est de le considérer d’un point interdit à qui le possède et de devoir s’instruire à le déprécier pour vivre ! Tandis que le possesseur le déprécie en tant qu’il l’a… Tout idéal est attaqué par les deux faces. Le système : Ils sont trop verts et le système : ils sont pourris, conspirent contre lui.

 

*

 

Nos vrais ennemis sont silencieux.

 

*

 

Un homme qui nous attaque, ce n’est qu’un homme qui se soulage.

Imaginez donc la face d’un homme qui cherche et trouve sur son papier une belle injure contre vous. Il rature et trouve mieux encore…

– Placez toujours cette image au mur de votre esprit.

 

*

 

Loi mécanique des injures.

Pour un témoin suffisamment éloigné, l’injure ne se fixe pas au point où elle est adressée : chaque crachat décrit une courbe fermée.

 

*

 

Cache ton dieu.

Il ne faut point attaquer les autres, mais leurs dieux. Il faut frapper les dieux de l’ennemi. Mais d’abord il faut donc les découvrir. Leurs véritables dieux, les hommes les cachent avec soin.

 

*

 

Mieux vaut pardonner aux injures – que de les oublier –. Mais le pardon n’est jamais réel. Rien ne peut annuler la douleur actuelle. Qui pardonne dans cet état feint d’être ce qu’il n’est pas encore. C’est une noble comédie.

 

*

 

La rencontre.

Quel coup de hasard pour deux hommes qui se seraient fuis, ignorants de la rondeur de la Terre, quand ils se trouveraient nez à nez aux antipodes du lieu !

Ceci nous peut arriver avec nos plus grands ennemis.

Il y a certaines courbures dans la fibre du temps de la vie qui conduisent insensiblement de l’impossible au réel et de l’inconcevable à l’accompli.

 

 

VI

 

Regards.

Des regards qui se rencontrent font naître d’étranges rapports.

Personne ne pourrait penser librement si ses yeux ne pouvaient quitter d’autres qui les suivraient.

Dès que les regards se prennent, l’on n’est plus tout à fait deux, et il y a de la difficulté à demeurer seul.

 

*

 

Des regards qui « s’échangent ».

Cet échange, le mot est bon, réalise dans un temps très petit, une transposition, une métathèse, un chiasma de deux « destinées », de deux points de vue. Il se fait par là une sorte de réciproque limitation simultanée. Tu prends mon image, mon apparence, je prends la tienne. Tu n’es pas moi, puisque tu me vois et que je ne me vois pas. Ce qui me manque c’est ce moi que tu vois. Et à toi, ce qui manque, c’est toi que je vois.

Et si avant que nous allions dans la connaissance l’un de l’autre, autant nous nous réfléchirons, autant nous serons autres. Et tout le reste sera identique, et peut-être… commun !

Et plus nos regards se quitteront, plus nous nous perdrons de vue, plus nous serons indiscernables.

Je te vois, pour n’être pas toi, n’étant pas Toi.

Cette espèce d’analyse peut s’appliquer de soi à soi-même.

 

*

 

Sourires.

Deux personnes se rencontrent. Sourires comme excités de se voir, et conservés quelque temps. Ils se reposent pour laisser passer une ou deux phrases sérieuses. Ils renaissent, se détachent ; et, séparés l’un de l’autre, se déplissent, se dissolvent…

 

*

 

Entre nous.

Les relations humaines sont fondées sur chiffres. Déchiffrer, c’est se brouiller. Ce chiffre a l’avantage de dire sans dire, et de garder suspendue, réversible, l’opinion réciproque. Il nous préserve de porter des jugements décisifs et définitifs qui ne sont jamais vrais que dans l’instant.

 

*

 

Tous ce que l’on dit de nous est faux ; mais pas plus faux que ce que nous en pensons. – Mais d’un autre faux.

 

*

 

Intimes.

On ne devient vraiment intimes qu’entre gens du même degré de discrétion. Le reste, caractère, culture et goûts importe peu.

L’intimité véritable repose sur le sens mutuel des pudenda et tacenda.

C’est par quoi elle permet une incroyable liberté ; tout le reste peut être dit.

Mais il y a de fausses intimités.

Peu d’amitiés complètes. On est bien rarement amis pour la totalité. C’est pourquoi il arrive d’avoir plusieurs amis et d’espèces très différentes.

« Il a autant d’amis que de personnes en lui. »

Ce n’est pas le plus intime qu’il préfère. Est-il probable que l’on se dévoile le plus (ou que l’on croie se dévoiler) à celui que l’on aime le mieux ? On se fait plus beau pour le préféré.

Si deux personnes se brouillent, c’est qu’elles étaient un peu trop bien ensemble. Les rapports superficiels sont toujours bons. Mais l’intimité rend les moindres variations très sensibles. Il ne faut pas oublier qu’elle consiste dans une indiscrétion permise, offerte ou sollicitée, dont les limites sont incertaines, dont l’impression qu’elle produit n’est rien de moins que constante, et qui exige une exquise attention pour s’exercer sans dommage et sans conséquences secrètes très dangereuses pour l’amitié.

 

*

 

Il y a, dans les relations qui se font intimes entre gens délicats, ce mélange extraordinaire de la crainte de n’être pas compris avec la terreur d’être compris.

– Il faut me comprendre, sans m’offrir dans votre regard l’idée d’un homme qui s’est expliqué. N’oubliez pas que je me vois dans votre attitude, et je n’y veux rien voir d’insupportable.

Votre silence soit un miroir sans défauts, etc.

 

*

 

Les véritables secrets d’un être lui sont plus secrets qu’ils ne le sont à autrui.

 

*

 

Le secret d’un homme d’esprit est moins secret que le secret d’un sot.

 

*

 

Quod verbum in pectus Jugurthœ altius quem quisquam ratus erat descendit.

Salluste.

 

On ne sait jamais en quel point, et jusqu’à quel nœud de ses nerfs, quelqu’un est atteint par un mot, – j’entends : insignifiant.

Atteint, – c’est-à-dire : changé. Un mot mûrit brusquement un enfant. Etc.

Pezzo ripreso da  https://www.nazioneindiana.com/2023/01/21/da-choses-tues-2/

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