06 aprile 2023

LICIO GELLI, NEOFASCISTI E PEZZI DI SERVIZI SEGRETI DIETRO LA STRAGE DELLA STAZIONE DI BOLOGNA

 



Che ci fosse la mano dei Servizi Segreti deviati (ma chi li devia questi Servizi?) e della P2 dietro la strage di Bologna dell'agosto 1980 l'avevamo sospettato in tanti. Ma adesso, almeno una parte dei  responsabili del gravissimo crimine, sono stati individuati  anche in via giudiziaria.  (fv)


Da un articolo di Gotor su la Repubblica d' oggi 07 Aprile 2023


LA BOMBA ALLA STAZIONE DI BOLOGNA

          Quella strage era parte di un piano


Quarantatré anni dopo la strage di Bologna del 2 agosto 1980 le motivazioni della sentenza dei giudici della Corte d’Assise consentono di mettere meglio a fuoco quel tragico evento che ha segnato di sangue il corso della storia repubblicana. I giudici argomentano con “prove granitiche” che a Bologna quella mattina era presente anche il neofascista Paolo Bellini, il quinto uomo della strage dopo Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini, condannati in via definitiva, e Gilberto Cavallini, riconosciuto colpevole per ora soltanto in primo grado come appunto Bellini. La giustizia, dunque, continuerà a fare il suo corso prima di arrivare a una sentenza definitiva. In attesa di potere non solo leggere, ma anche studiare le quasi mille e ottocento pagine delle motivazioni, alcuni punti interpretativi appaiono ormai acquisiti almeno dal punto di vista giudiziario. In primo luogo, la strage di Bologna non appare più un’escrescenza isolata ed eccezionale nella storia dell’Italia repubblicana ma, come già sostenuto dalla storiografia più avvertita, deve essere inserita nei meccanismi propri della strategia della tensione, che ha avviato la sua dinamica stragista dal 25 aprile 1969 in poi. Tale strategia ha avuto una duplice intenzione. Per un verso la manovalanza neofascista che ha messo le bombe si poneva l’obiettivo di realizzare una svolta autoritaria in Italia; per un altro i loro ispiratori — “gli strateghi della strategia della tensione” come li definì Aldo Moro nel 1978 nel suo memoriale dalla prigionia — volevano destabilizzare l’ordine pubblico per stabilizzare l’ordine politico così da favorire una svolta in senso moderato, evitando uno scivolamento a sinistra del quadro democratico. Inoltre, le motivazioni confermano e amplificano fino a renderlo “eclatante” il ruolo eversivo del piduista Licio Gelli, processato da morto in un inedito “concilio cadaverico” repubblicano dal sapore medievale. Il materassaio di Arezzo era già stato condannato con sentenza definitiva per calunnia aggravata nel 1995, ma ora assurge al ben più impegnativo ruolo di finanziatore e di organizzatore della strage insieme con altri due piduisti di rango: il banchiere Umberto Ortolani e il giornalista, ex senatore del Movimento sociale e direttore della rivista «Il Borghese», Mario Tedeschi. Anche il dominus dell’Ufficio affari Riservati, il piduista Federico Umberto D’Amato si vede riconosciuta una funzione analoga in quanto sarebbe stato il punto di riferimento in ambito atlantico ed europeo di un servizio segreto occulto. In terzo luogo, la sentenza smonta il mito estetizzante dello spontaneismo armato che sarebbe stato tipico dei Nar già condannati per la strage. Il coinvolgimento di Bellini, una personalità a cavallo tra neofascismo e apparati dello Stato che lo hanno usato in qualità di informatore come quel Maurizio Tramonte condannato all’ergastolo con sentenza definitiva per la strage di Brescia di sei anni prima, estenderebbe in modo persuasivo sul piano storico un’azione tanto efferata a una galassia neofascista composta anche da militanti di Avanguardia Nazionale, Ordine Nuovo e Terza Posizione, alcuni dei quali, condannati nel primo grado di giudizio nel 1988 sono poi riusciti a sfuggire alle maglie della giustizia. Del resto, lo stesso ideologo Franco Freda, legato a Ordine Nuovo, il quale aveva 28 anni nel 1968 e 39 anni nel 1980, sentenziò precocemente che «la giustizia è come il timone: dove la si gira, va». Alla luce della condanna di Bellini e in attesa di approfondire queste motivazioni si è curiosi di conoscere le pagine che i giudici di Bologna avranno sicuramente dedicato al procuratore della Repubblica della città felsinea Ugo Sisti che il giorno dopo la strage di Bologna — su cui indagava — dimorò proprio nell’albergo dei genitori di Bellini alla Mucciatella in provincia di Reggio Emilia. Lo stesso alto magistrato che, a partire da una semplice agenzia del 19 settembre 1980, sovrapponendosi all’attività dei suoi sostituti, partì lancia in resta già il giorno seguente per cavalcare la prima delle tante piste inquinanti, quella libanese poi affiancata da quella palestinese. Depistaggi orditi dai vertici dei servizi segreti e da Gelli per disorientare gli inquirenti così da allontanare i sospetti dalla destra neofascista, contro cui erano stati emessi i primi mandati di cattura. Il tema dei depistaggi e degli impistaggi è centrale per ragionare invece sugli autentici mandanti internazionali della strage di Bologna, segnatamente la Libia di Gheddafi, che aveva rapporti politici, militari ed economici comprovati con la destra neofascista, con i vertici dei servizi e appunto con Gelli. Proprio in quella torrida estate del 1980, tra la strage di Ustica del 27 giugno 1980 e quella di Bologna del 2 agosto successivo, le relazioni italo-libiche vissero una spaventosa crisi dovuta anche alla concomitante questione maltese. Ma forse per approfondire questi aspetti di contesto è consigliabile leggere un libro di storia perché è giusto che ciascuno faccia il proprio mestiere.

M. Gotor

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