09 gennaio 2016

NEPPURE L'INQUISIZIONE RIUSCI' A CANCELLARE LA GIOIA DI VIVERE



Dal fiorire degli studi sul fenomeno dell'Inquisizione nell'Europa rinascimentale emerge l'immagine di una società molto più trasgressiva e libera di quello che solitamente si crede.

Dino Messina

Le libertà nascoste dietro l’Inquisizione


Streghe, eretiche, mistiche, ebree, bigame, concubine, schiave, convertite... Sono numerose le protagoniste di saggi e incontri sull’Inquisizione, ma — ha detto la storica Marina Caffiero introducendo i lavori del recente convegno L’inquisizione e le donne , che si è svolto a Roma a cura dell’Università La Sapienza e della Congregazione del Sant’Uffizio — è la prima volta che un incontro di studi viene dedicato al tema. Ancora oggi non sappiamo quante siano state le inquisite, le condannate e così via.

Nonostante alcuni lavori specifici, come quello fondamentale di Andrea Del Col sull’Italia del Rinascimento, abbiano per esempio «ridimensionato sia i numeri dei processi sia delle condanne a morte (circa 700 processi con 250-270 condanne capitali certe tra 1400 e 1541) e una percentuale di condanne a morte che era del 22 per cento per gli uomini e di ben il 40 per cento per le donne».

Questa percentuale si spiega con il fatto che si riferisce al periodo culminante della caccia alle streghe, ma non risponde alla domanda di carattere storico-sociale: chi erano concretamente le inquisite?

Nei processi, risponde la storica Caffiero, tutti i ceti sociali sono rappresentati. Così «i reati non sono esclusivamente quelli ritenuti di pertinenza femminile (stregoneria, infanticidio)», ma troviamo false sante, visionarie e anche scrittrici, come Maria d’Agreda, la mistica spagnola vissuta nella prima metà del Seicento che sosteneva di aver visitato le Americhe senza mai uscire dal convento.

I processi dell’Inquisizione ci raccontano non soltanto una storia di repressione, ma anche un universo di libertà, perché documentano pratiche e stili di vita ben lontani dalla morale cattolica. «Emerge — sostiene Caffiero — una libertà disinvolta di comportamento, ad esempio nei rapporti sessuali e nella frequenza della bigamia e del concubinato, e soprattutto di movimento sul territorio. Mobilità con spostamenti frequenti in tutta Europa, falsificazione di identità e di documenti, travestimenti anche maschili, dissimulazione della propria fede, facilità della conversione».

Dagli archivi dell’Inquisizione esce insomma un mondo di trasgressioni e un’emancipazione femminile che furono solo in minima parte sanzionati.

Il Corriere della sera – 15 giugno 2014




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