11 gennaio 2023

SINISTRA PERDUTA IN ITALIA

 


Il numero di dicembre di Le Monde diplomatique/il manifesto, dedica un corposo articolo di Hugues Le Paige al trionfo elettorale del centro-destra di Giorgia Meloni. L'articolo, molto interessante, contiene anche una riflessione, che riprendiamo, sulla crisi drammatica della sinistra.

Hugues Le Paige

Una sinistra fatta di gruppuscoli

Il Pd, al governo negli ultimi undici anni (ad eccezione dei due anni del governo Conte-Salvini), è diventato una sorta di garante delle istituzioni. È il partito che sostiene le coalizioni di unità nazionale e i cosiddetti governi «tecnici», che attuano drastiche politiche di austerità — come il governo di Mario Monti nel 2011, con il suo piano di riduzione della spesa pubblica da 20 miliardi di euro. Queste misure sono sempre presentate come inevitabili, senza alternative, apolitiche. Tuttavia, come sottolinea il politologo Arthur Borriello, «il passo indietro della politica non è altro che un'operazione politica». Da Romano Prodi, che nel 1996 ha imposto l'austerità per far sì che l'Italia rispettasse i parametri di Maastricht, fino alla coalizione guidata da Draghi, passando per Matteo Renzi e il suo «Jobs Act» che deregolamentava le condizioni di assunzione e di licenziamento, il Pd, come la maggior parte dei partiti socialisti europei, si è fuso nello stampo del social-liberismo.

Interessato più ai problemi sociali al centro delle preoccupazioni delle classi urbane benestanti che ai temi della redistribuzione, dell'occupazione e della solidarietà, il Pd ha progressivamente perso il contatto con la massa dei lavoratori precari (o meno) e dei disoccupati, nonostante in Italia le disuguaglianze stiano crescendo. Secondo l'Istituto nazionale di statistica (Istat), nel 2021 il paese contava 2,9 milioni di famiglie in condizioni di povertà relativa (con un reddito inferiore alla metà del reddito medio italiano), alle quali si aggiungono 1,9 milioni di famiglie in condizioni di povertà assoluta — senza accesso o con accesso limitato a cibo sano, abitazioni dignitose, elettricità, istruzione e acqua potabile.

Dopo le elezioni, molti attivisti, intellettuali e dirigenti del Pd hanno avviato una forma di autocritica, mettendo in discussione la funzione puramente istituzionale del loro partito. Il Pd «si è trasformato nel portinaio sonnacchioso che dalla guardiola controlla e preserva il Palazzo», ha osservato lo scrittore Stefano Massini, in riferimento a Pier Paolo Pasolini, che aveva usato la metafora del palazzo per distinguere i luoghi del potere dal mondo popolare. Lo stesso Letta ha dichiarato all'indomani delle elezioni: «Non dobbiamo essere la protezione civile della politica.» Queste prese di coscienza tardive indicano che la strada da percorrere sarà lunga e disseminata di revisioni laceranti. Il congresso previsto per gennaio, che rischia di ridursi a una guerra di successione, non sarà sufficiente.

Mentre il Pd rimane diviso sul-la questione delle alleanze (con il Movimento 5 stelle o con il partito liberista e centrista di Renzi e Carlo Calenda) e sull'atteggiamento da tenere nei confronti del movimento pacifista, che il 5 novembre ha riunito a Roma 100.000 persone, a sinistra non prende forma nessuna soluzione alternativa. Alle ultime elezioni, Sinistra italiana, alleata ai Verdi per l'Europa, e la lista Unione popolare, che raggruppava diversi gruppuscoli politici — ma che aveva ricevuto il sostegno di Jean-Luc Mélenchon e di Jeremy Corbyn —, si sono dovute accontentare di candidature simboliche (ottenendo rispettivamente il 3,6% e P1,4%). Eppure, al di fuori della politica di partito, collettivi, associazioni e centri sociali sono attivi su diversi temi sociali e climatici, del tutto assenti dalla campagna elettorale.

In Italia la sinistra non si è mai ripresa dall'autodissoluzione del Pci nel 1991. Le sue successive metamorfosi si sono dimostrate incapaci di ricostruire un movimento combattivo. Fondato nel 2007 nella speranza di unire assieme ex comunisti ed ex democristiani, il Pd ha visto rapidamente prevalere i secondi sui primi, che da tempo avevano messo da parte la loro eredità culturale. «Il Pd è in difficoltà da quando è nato, pochi mesi prima che la crisi dei mutui subprime sconvolgesse l'ordine liberale del mondo, osserva lo storico del pensiero politico Carlo Galli (Il Manifesto, 30 ottobre 2022). (...) A quella crisi l'Unione europea ha risposto con l'austerità, che i dem hanno sostenuto (...). [Il Pd è] un partito immerso in una nebbia neoliberista, con una fiducia cieca nella globalizzazione. E quando questa è andata in pezzi, il partito è rimasto muto, non ha saputo stare dentro la ripoliticizzazione della società.» Voltando una pagina fondamentale della storia italiana — quella dell'anti-fascismo come collante della società —, la vittoria di Meloni ha gettato una luce impietosa sullo stato della sinistra italiana, alla disperata ricerca di una nuova identità.

Le Monde diplomatique/il manifesto – dicembre 2022


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