14 febbraio 2025

LA SPERANZA NELLA FILOSOFIA CONTEMPORANEA

Hegel, Nietzsche, Marx. E il pensiero della speranza Vincenzo Scaloni 14 Febbraio 2025 La concezione politica della speranza come esplosione della forza umana potenzialmente in grado di svilupparsi giorno dopo giorno intorno al non-ancora, concezione esplorata da Ernst Bloch in un tempo senza speranza come gli anni Trenta e Quaranta, ha orientato movimenti e correnti di pensiero, ma anche pedagogie e teologie. John Holloway e Gustavo Esteva, in modo più brillante e originale di altri, negli ultimi anni hanno restituito centralità a una certa idea di speranza. Per questo oggi le lezioni di Bloch dedicate alla filosofia moderna e ora pubblicate da Mimesis, nella traduzione e cura di Vincenzo Scaloni, ci sembrano essenziali. Stralci dell’introduzione all’edizione italiana di Da Kant a Marx. Lezioni di storia della filosofia moderna Dipinto di Valeria Cadenartori L’opera che rendiamo qui disponibile in traduzione rappresenta il quarto volume delle lezioni di storia della filosofia, tenute da Ernst Bloch all’Università di Lipsia tra il 1951 e il 1956. Si tratta delle lezioni che coprono l’intero sviluppo della filosofia moderna da Kant fino a Marx, con una significativa sezione dedicata all’idealismo tedesco e una ulteriore che invece si occupa della dissoluzione dell’hegelismo nelle filosofie di Schopenhauer, Kierkegaard e Nietzsche1. In quella che allora era la Repubblica Democratica Tedesca Bloch era approdato dopo il periodo di emigrazione forzata trascorso negli Stati Uniti, avendo accettato la direzione dell’Istituto di Filosofia dell’Università di Lipsia. Furono anni segnati da un’intensa attività accademica e pubblicistica, ma anche da contrasti sempre più marcati con le autorità politiche di osservanza stalinista tanto da causare l’esonero del filosofo dall’insegnamento universitario e nel 1961, dopo la costruzione del muro di Berlino, il suo definitivo trasferimento a Tübingen2. Le vicende personali del filosofo ebbero ripercussioni sul suo modo di illustrare, durante le lezioni, i contenuti filosofici e, in una intervista rilasciata alla televisione francese, l’autore così si espresse: Apparentemente tenni a Lipsia soltanto lezioni di storia della filosofia. In tal modo, però, potevo inserirvi tutto ciò che volevo, sebbene spesso solo in forma d’un accenno. Negli anni trascorsi a Lipsia tenni nel complesso, dal 1951 fino al 1956, tre corsi di storia della filosofia da Talete fino a Heidegger. Per quanto riguardava il mio pensiero, mi tenevo, apparentemente, sempre del tutto in disparte; si trattava tuttavia di un’astuzia ben compresa anche da una larga parte dei miei uditori.3 Le parole di Bloch offrono una preziosa testimonianza sul valore effettivo e sulle peculiarità delle sue lezioni, che nel trattare gli autori e i problemi filosofici connessi al loro pensiero, in realtà rivelano l’utilizzo in corpore vivo di alcune categorie fondamentali della sua filosofia4. Lo stesso Bloch del resto, nell’introduzione alle Zwischenwelten, volendo chiarire i criteri della sua ermeneutica, avverte il lettore che non si sarebbe trovato di fronte a un tradizionale manuale di storia della filosofia. L’attenzione, infatti, è posta su quegli aspetti che, per vari motivi, sono rimasti marginali o possono essere interpretati in un modo diverso rispetto a quanto era stato fatto in precedenza. “Lo sguardo – afferma Bloch – cade su ciò che è apparso troppo poco e su ciò che doveva essere visto in modo diverso dal solito; dunque, su ciò che non è stato osservato correttamente oppure è stato interpretato in modo errato”5. Il vero senso del termine Zwischenwelten sarebbe dunque quello di indicare quegli interstizi nei quali sono rimasti celati frammenti di verità, fenditure che contengono delle anticipazioni, poiché in esse si concentra un’eccedenza utopico-emancipatoria, che può in futuro maturare degli sviluppi. Le modalità con le quali Bloch si è accostato e ha interpretato la storia della filosofia non sono state in ogni caso esenti da critiche. Secondo alcuni interpreti6, infatti, la ricerca di un teleologismo immanente al processo storico, di un “futuro nel passato” indirizzato al costituirsi di un regno dell’umano, avrebbe fatto cadere Bloch in un vizio di apriorismo. Il suo orizzonte ermeneutico rimarrebbe in definitiva “chiuso”, non aprendo, quindi, a un interrogare autentico nei confronti della storia della filosofia, poiché le risposte cercate sarebbero in larga parte predeterminate da una metafisica del non-ancora-essere. Tali giudizi, però, sebbene contengano un fondo di verità, non risultano, a mio avviso, del tutto convincenti oppure andrebbero articolati diversamente. Se infatti la ricerca di Bloch è effettivamente orientata all’utopico, proprio l’anticipazione utopica gli fornisce uno strumento che, alla prova dei fatti, si rivela particolarmente fecondo ed efficace nell’aprire originali prospettive interpretative, e questo è tanto più vero nei confronti della filosofia classica tedesca7. Al di là, infatti, delle condizioni sociali ed economiche, nelle quali quel movimento di pensiero e culturale in genere era maturato, al di là dunque della famigerata “miseria tedesca”, che viene comunque tenuta in considerazione da Bloch, il filosofo è in grado di riconoscere in esso, grazie alla lente della speranza, un nucleo utopico caratterizzante, che apre a prospettive ulteriori. [La miseria] ha avuto effetti terribili in termini di oppressione, di meschinità e di rottura della colonna vertebrale su tutti i nostri geni con poche eccezioni, anche su Kant, su Bach e visibilmente su Schiller. E, nonostante ciò, si fa avanti qualcosa, un tono di calore, un non-voler-sopportare, un voler-sapere-meglio, un voler-fare-meglio, un sognare-oltre, un sogno in avanti (ein Traum nach vorwärts), che non si trova appunto così facilmente in altre culture. Da ciò anche l’affinità di questo voler-andare-oltre con la Bibbia, anch’esso un libro, scritto in condizioni di enorme miseria, nelle sofferenze del popolo di Israele.8 Queste penetranti considerazioni, oltre a ribadire la riconosciuta capacità del filosofo di saper distinguere il diverso valore dei contenuti trattati, chiamano però direttamente in causa l’originale concezione del marxismo, elaborata da Bloch, che si era alimentata proprio dal contatto con l’idealismo tedesco, in particolare di stampo hegeliano, e che era stata la causa determinante della rottura con l’ortodossia9. Essa trova il suo perno teorico nella negazione di una rigida relazione tra struttura e sovrastruttura, che fondava una visione del processo storico scandito in modo deterministico. Da questo punto di vista Bloch accomuna nella stessa critica tanto lo storicismo idealistico quanto il materialismo storico, nella sua versione economicistica, poiché in fondo a entrambi appartiene la stessa visione di una “soggettività dominatrice”10, che, avendo definitivamente svelato il segreto della storia e le leggi del suo movimento, può quindi attendere l’ineluttabilità degli avvenimenti futuri. La dimensione etica del marxismo di Bloch, un’etica intesa in senso oggettivo, non come moralità astrattamente individualistica, implica però la concezione di un soggetto animato dalla speranza, teso a cancellare l’ingiustizia grazie a una prassi indirizzata all’edificazione di una diversa forma di organizzazione sociale, poiché “la società senza classi è realmente ciò che, sotto il nome di ‘morale’, si è cercato invano per tanto tempo”11. La filosofia dell’utopia, definendosi in modo strutturale come una filosofia della prassi, si pone in relazione privilegiata con la prevalenza della ragion pratica affermata dall’idealismo soggettivo, dando però a essa l’impronta concreta del rapporto dialettico con la realtà di derivazione hegelo-marxiana. La maggiore autonomia riconosciuta alla sovrastruttura – parafrasando le parole di Leibniz in risposta a Locke, Bloch era solito affermare: “Niente può essere nella sovrastruttura che prima non sia stato nella struttura, eccetto la sovrastruttura stessa”12 – produce però delle ulteriori conseguenze teoriche ed ermeneutiche sostanziali, come si è già visto a proposito dell’idealismo. La sovrastruttura possiede infatti per Bloch una doppia valenza, in quanto “luogo dell’ideologia” e, allo stesso tempo, “luogo della cultura”13. Nel primo caso essa svolge, in un senso classicamente marxiano, la funzione di giustificazione ideologica di quanto un’epoca storicamente produce, ma da un punto di vista culturale può rivelare, al contrario, un contenuto non-transeunte, un sostrato ereditario, indicativo di un problema ancora aperto, irrisolto. Con l’indagine sulla parte d’ideologia contenuta in un pensiero, si fa evidente nel modo migliore quel che è problema perdurante, eventualmente substrato ereditabile, e quel che invece appartiene alla storia passata per sempre. […] Quanto è ancora importante, ci riguarda ancora, è carico di realtà, non ha nulla da temere da simili analisi; altrimenti il marxismo non sarebbe il luogo dell’eredità culturale.14 A questo proposito un esempio cogente ci viene offerto dal pensiero borghese di stampo idealistico. Il suo tentativo di definire un ambito ideale armonico e razionale, ma astrattamente e ideologicamente privo di effettiva incidenza sulla realtà, nell’ottica proposta da Bloch poteva rivelare una valenza diversa. Compito precipuo del marxismo, riferimento essenziale di ogni relazione critica con le problematiche storicofilosofiche, è dunque ereditare l’eccedenza presente nella cultura, come testimonianza del persistere nel passato di un nucleo incompiuto, ma ancora vivo, che lascia pre-apparire i contorni di una utopica felicità futura. Il concetto di eredità merita però ulteriore attenzione, poiché esso gioca un ruolo centrale nella filosofia di Bloch e rappresenta forse, insieme a quello della speranza, il criterio ermeneutico fondamentale nel suo approccio alla storia della filosofia. Ereditare significa infatti esercitare un rapporto attivo con il passato e con il presente, con quella componente inesaudita, non-riscattata, definita in modo significativo da Bloch “futuro nel passato”15. Il riconoscimento della presenza di sfasature ontologico-temporali all’interno del processo storico, e in questo caso storico-filosofico, caratterizza il tentativo blochiano di ridefinizione dello storicismo, del superamento di una visione compatta della storia in cui il passato è considerato pienamente esaurito. Il sedimentarsi invece di un passato non redento rappresenta qualcosa di inespresso a livello ontologico, che rimane allo stato di latenza e per questo può avere una sua maturazione nel futuro. La filosofia dialettico-materialistica deve dunque “adire l’eredità culturale nel suo complesso, aumentarla e, a differenza dallo storicismo, mantenerla attivamente viva”16. Si comprende allora che il motivo per cui la stessa riflessione di Bloch si è costantemente alimentata del confronto con i filosofi del passato è legato a una esigenza teorica profonda, poiché l’indagine storico-filosofica, nel rintracciare e restituire la cifra utopica nei diversi fili che la legano all’attualità, lascia intravedere anche alcune categorie importanti del pensiero blochiano e apre al futuro del possibile da realizzare. _______ Note 1 La nostra traduzione si basa sull’edizione delle lezioni lipsiensi pubblicata postuma, Leipziger Vorlesungen zur Geschichte der Philosophie, Suhrkamp, Frankfurt a.M. 1985, 4 voll., vol. IV, dal titolo Neuzeitliche Philosophie II: Deutscher Idealismus. Die Philosophie des 19. Jahrunderts, che riproduce fedelmente, grazie alle registrazioni magnetiche, la parola blochiana, rispettando quindi il tono divulgativo usato dal filosofo, ma che presenta purtroppo anche delle lacune dovute allo smarrimento di alcuni nastri. Per i tipi di Mimesis erano già apparsi i volumi La filosofia di Kant, Mimesis, Milano-Udine 2010 e L’Idealismo tedesco e dintorni, Mimesis, Milano-Udine 2011, che ora confluiscono in questo unico volume arricchito dell’ultima sezione relativa alle filosofie post-hegeliane. In precedenza invece erano state tradotte in italiano solo le lezioni sulla filosofia rinascimentale, con il titolo appunto di Filosofia del Rinascimento, il Mulino, Bologna 1981, a cura di R. Bodei. La traduzione era stata effettuata sull’edizione originale tedesca contenuta in Zwischenwelten in der Philosophiegeschichte, vol. XII della Gesamtausgabe, in 15 voll., Suhrkamp, Frankfurt a.M. 1959-1977, pp. 175-302, volume rielaborato dallo stesso Bloch, nel quale è confluita l’attività accademica svolta a Tübingen (cfr. a questo proposito E. Bloch, Marxismo e utopia, a cura di V. Marzocchi, Editori Riuniti, Roma 1984, pp. 112-113). Nella sua biografia dedicata a Bloch, L’utopia concreta di Ernst Bloch. Una biografia, La Scuola di Pitagora Editrice, Napoli 2014, A. Münster afferma a p. 256: “Il fatto, anzi, di essere stato nominato responsabile del settore ‘Storia della filosofia’ fu, beninteso, per Ernst Bloch un’incitazione supplementare a gettarsi corpo e anima in ricerche minuziose sulla storia della filosofia, e il risultato di questi sforzi sarebbe presto culminato nel grande ciclo di conferenze raccolto nei quattro volumi del ‘Corso di filosofia di Lipsia dedicato alla storia della filosofia’ (1950-1956), che furono pubblicate solo nel 1985”. 2 Sulla vicenda umana e politica di Bloch si possono confrontare: A. Münster, L’utopia concreta di Ernst Bloch. Una biografia, cit., pp. 253-304; K. Bloch, Memorie della mia vita, Marietti, Genova 1982, pp. 182-233; S. Zecchi, Utopia e speranza nel comunismo, Feltrinelli, Milano 1974, pp. 9-49; G.D. Neri, Aporie della realizzazione. Filosofia e ideologia nel socialismo reale, Feltrinelli, Milano 1980, pp. 21-100; C. Cases, Saggi e note di letteratura tedesca, Einaudi, Torino 1963, pp. 121-128; Aa. Vv., Hoffnung kann enttäuscht werden. Ernst Bloch in Leipzig, Verlag Anton Hain, Frankfurt a.M. 1992, pp. 7-184. 3 E. Bloch, Marxismo e utopia, cit., pp. 102-103. 4 Nell’introdurre la Filosofia del Rinascimento Remo Bodei punta proprio su questo aspetto per chiarire l’originalità dell’impianto categoriale blochiano: “Per comprendere [il lavoro di Bloch] è necessario esaminare brevemente alcune di queste categorie: Zwischenwelten, Ungleichzeitigkeit, Nachreife, Nebenbei, Multiversum, ossia, rispettivamente, inframondi, asincronia, maturazione tardiva, l’Ac-canto o il Marginale, Multiversum” (R. Bodei, Introduzione a E. Bloch, Filosofia del Rinascimento, cit., p. 14). 5 E. Bloch, Zwischenwelten in der Philosophiegeschichte, cit., p. 17. 6 Cfr. K.-D. Eichler, Philosophiegeschichte als Phänomenologie des Heimwegs, in Hoffnung kann enttäuscht werden. Ernst Bloch in Leipzig, cit., pp. 191-220; sullo stesso tema, con un punto di vista diverso, cfr. anche H.-E. Schiller, Philosophie als Optativ, in Id., Bloch-Konstellationen. Utopien der Philosophie, zu Klampen, Lüneburg 1991, pp. 11-24. 7 Mi sembra significativo segnalare come Bloch, quando ha dovuto fornire degli esempi di fenditure ricche di contenuti riutilizzabili in chiave utopica, abbia fatto esplicito riferimento, tra gli altri, a rappresentanti della filosofia classica tedesca o a nodi problematici del loro pensiero. Cfr. E. Bloch, Zwischenwelten in der Philosophiegeschichte, cit., p. 19: “In base a ciò [Bloch fa riferimento a quanto detto prima nel tentativo di chiarire che le Zwischenwelten possono essere anche singoli aspetti del pensiero di un autore], si possono rendere evidenti Zwischenwelten nella dottrina delle idæ innatæ di Cartesio, nel principio del possibile di Leibniz, che sospinge fuori da sé l’esistenza reale (possibile exigit existere), nella concezione filosofico-storica di Kant, sebbene non in quella morale, dell’idea regolativa come sviluppo della libertà, la quale può divenire costitutiva per la storia nel caso di una efficace affermazione in senso pratico. […] E si può scoprire anche nel caso di Schelling, nonostante il tratto reazionario della sua tarda filosofia, un qualcosa di carattere interstiziale molto importante, che non si accorda con l’immagine usuale e potrebbe avere una maturazione tardiva. Questo anche proprio nella sua tarda filosofia della Mitologia e della Rivelazione con la sua crescente successione di legge severa, amore ecclesiastico e spirito libero”. 8 E. Bloch, Leipziger Vorlesungen, cit., vol. IV, p. 16; tr. it. in loco p. 71. 9 La rottura maturò quando, sulle pagine della “Deutsche Zeitschrift für Philosophie”, si sviluppò un dibattito sul rapporto tra dialettica idealistica hegeliana e dialettica materialistica marxiana. In verità però, fin dalla prolusione accademica, tenuta a Lipsia il 25 maggio 1949, con il titolo Università, Marxismo, Filosofia, Bloch aveva espresso chiaramente, per coloro che avessero voluto intendere, il suo pensiero a proposito dei rapporti tra idealismo tedesco e marxismo, facendo emergere i punti forti della sua originale lettura della filosofia di Marx. “L’idealismo è una categoria, e ben significativa, della reale storia della filosofia, ed è una miniera non ancora interamente sfruttata” e a chi tendeva a liquidarlo in modo superficiale, ricordava la frase di Lenin tratta dai Quaderni filosofici: “L’idealismo intelligente è più vicino al materialismo intelligente di quanto non lo sia il materialismo sciocco”. La prolusione accademica, da cui sono state tratte le citazioni, è contenuta nel volume Karl Marx (il Mulino, Bologna 1972, a cura di R. Bodei, pp. 151-173, qui p. 167) che raccoglie un’antologia degli scritti di Bloch relativi al marxismo (ma il riferimento a Lenin rinvia a Quaderni filosofici, Feltrinelli, Milano 1970, p. 276). Il testo originale invece, Universität, Marxismus, Philosophie, è ora contenuto nei Philosophische Aufsätze zur objektiven Phantasie, vol. X della Gesamtausgabe, cit., pp. 270-291, qui pp. 285-286. Su questo tema in particolare rinviamo a G. Vattimo, Origine e significato del marxismo utopistico (materialismo e spirito d’avanguardia), in “Il Verri”, n. 9, 1975, pp. 109-176; H.H. Holz, La rilevanza della filosofia di Ernst Bloch per il marxismo, in “aut-aut”, n. 173-174, 1979, pp. 140-149; G. Cacciatore, Ragione e speranza nel marxismo. L’eredità di Ernst Bloch, Dedalo, Bari 1979; Id., Marxismo, etica e utopia negli anni Venti: Bloch e Lukács, in Id. (a cura di), Figure dell’utopia. Saggi su Ernst Bloch, F. Redi Editore, Avellino 1989, pp. 35151; C. Finamore, Ernst Bloch. Il marxismo come utopia, in “Pensiero politico”, n. 14, 1981, pp. 467-475. 10 G. Prestipino, Realismo e utopia. In memoria di Lukács e Bloch, Editori Riuniti, Roma 2002, p. 19; nella stessa pagina l’autore scrive: “L’idea di una società giusta presuppone certamente una scienza del passato e del presente, presuppone anche una consapevolezza dei limiti entro i quali alcune cose saranno possibili in futuro (laddove altre saranno impossibili), ma come idea di una perfettibilità appartiene alla ragione etica piuttosto che alla ragione teorica o teorico-pratica”. La ragione etica, secondo Prestipino, è stata dunque messa in crisi proprio dalla presunzione del “sapere assoluto” comune allo scientismo borghese e a quello proletario e aggiunge: “Spetta dunque al marxismo della Seconda Internazionale e al ‘diamat’ venuto in auge dopo la rivoluzione d’ottobre il demerito di aver riabilitato quell’illusione borghese nelle sembianze di un determinismo storico che, ammantandosi di una presunta dialettica materialistica, avrebbe dovuto scandire il progresso secondo fasi o stadi successivi e sottomettere anche il futuro a scansioni predeterminate” (ivi, p. 20). Nelle lezioni lipsiensi sulla filosofia classica tedesca, Bloch, fedele a quanto affermato nella intervista citata in precedenza, inserisce commenti sul marxismo, tesi a criticarne proprio l’interpretazione di scienza apodittica, dovuta alla matematizzazione del sapere che aveva influenzato anche correnti filosofiche come il giusnaturalismo. Cfr. anche quanto detto da Bloch nelle Leipziger Vorlesungen (cit., vol. IV, p. 56; tr. it. in loco pp. 111-112): “Per noi che non pratichiamo alcun diritto di natura, non esiste più in generale la questione di provare il marxismo apoditticamente dalla ragion pura. Ci bastano le prove empiriche e la ricerca della tendenza. Ci basta questo alto grado di probabilità, che certamente non ha la certezza del teorema di Pitagora, ma non ne ha nemmeno bisogno. Per questo motivo il teorema di Pitagora sta alla lavagna e il marxismo trasforma il mondo”. Cfr. anche nello stesso volume, p. 83; tr. it. in loco p. 138. 11 E. Bloch, Universität, Marxismus, Philosophie, cit., p. 276; tr. it. cit., p. 157; lo stesso concetto è ribadito anche in E. Bloch, Marxismo e utopia, cit., p. 95. 12 E. Bloch, Das Materialismusproblem, seine Geschichte und Substanz, in Id., Gesamtausgabe, cit., vol. VII, p. 397. 13 E. Bloch, Universität, Marxismus, Philosophie, cit., p. 280; tr. it. cit. p. 161. 14 Ivi, p. 281; tr. it. cit., pp. 162-163. 15 Bloch ha dedicato al problema dell’eredità una delle sue opere più importanti, Erbschaft dieser Zeit, in Id., Gesamtausgabe, cit., vol. IV; tr. it. a cura di L. Boella, Eredità del nostro tempo, il Saggiatore, Milano 1992. Sul concetto di eredità cfr. E. Bloch, Marxismo e utopia, cit., pp. 86-91, e le considerazioni di Manfred Frank nella sua opera Il Dio a venire. Lezioni sulla nuova mitologia, Einaudi, Torino 1994, pp. 20-34. Il tema dell’ereditare ha segnato uno dei punti di massima divaricazione tra Lukács e Bloch. Cfr. a questo proposito G. Prestipino, Realismo e utopia, cit., pp. 202-208.

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