Di Silvana Mangano, 18enne protagonista di “Riso amaro”, bellissima, erano innamorati tutti. Come si poteva rimanere impassibili di fronte al fascino della mondina in calze sopra le ginocchia, maggiorata, viso incantevole e sguardo di sfida. È diventata l’immagine del film. Per lei fu l’inizio di una carriera folgorante, che rivelò una diva italiana da far invidia a Hollywood. Dietro il film c’era l’appoggio del partito comunista e l’Unità sentì l’esigenza di mandare un inviato che avesse le carte in regola, che conoscesse il linguaggio cinematografico per aver visto tanti film fin dall’adolescenza, in certi periodi anche uno al giorno, e certamente per averne letto a fondo. Italo Calvino disse di sì e si recò in Piemonte, nelle campagne vercellesi, più precisamente nella cascina Venezia e nella Tenuta Selve. Un’esperienza notevole per un giovane scrittore che avrebbe avuto successo frequentando i generi letterari più diversi, dal realismo, subito dopo la guerra, alla sperimentazione al post moderno. Una coraggiosa ricerca che ne fece uno dei più grandi intellettuali italiani del novecento. Scrive anche per attenuare la pesantezza della retorica:
“Mi sembra che il linguaggio venga sempre usato in modo approssimativo, casuale, sbadato, e ne provo un fastidio intollerabile. Non si creda che questa mia reazione corrisponda a un’intolleranza per il prossimo: il fastidio peggiore lo provo sentendo parlare me stesso. Per questo cerco di parlare il meno possibile, e se preferisco scrivere è perché scrivendo posso correggere ogni frase tante volte quanto è necessario per arrivare non dico a essere soddisfatto delle mie parole, ma almeno a eliminare le ragioni d’insoddisfazioni di cui posso rendermi conto.” E forse anche per questo va alla ricerca di nuove forme, storie, espressioni, maturazioni linguistiche. Quando arriva sul set di “Riso Amaro” è iscritto al Pci ma sta tentando di essere assunto a L’Unità”. Raf Vallone, responsabile della terza pagina, gli affida una rubrica, ma fra i due non scatta l’amicizia. Sia l’uno che l’altro però ascoltano i consigli di Pavese. Bisognava stare attenti perché non parlava molto. Ma a volte basta vederli lavorare i maestri per apprendere i segreti del mestiere. Certo, arrivando sul set di De Santis non avrebbe mai immaginato di trovare una creatura come la giovane Silvana, Ne rimase incantato e lo rivela l’articolo pubblicato da L’Unità il 14 luglio1948, dove tra l’altro Italo Calvino scrive:
”Silvana Mangano sarà una delle grandi fortune del film. È romana, ha 18 anni, il viso e i capelli della Venere di Botticelli ma un’espressione più fiera, dolce e fiera insieme, occhi oscuri, un incarnato terso e limpido senza ombre né luci, spalle che si aprono con una dolcezza da cammeo, un busto di ardita armonia di linee trionfali e aeree, la vita come uno stelo snello, e un mirabile ritmo di curve piene e di arti longilinei. Insomma, a farla breve, Silvana Mangano m’ha fatto una grandissima impressione e devo dichiarare che nessuna fotografia può bastare a darne un’idea.”
ATTILIO GATTO
Mi piace, mi piace molto la fotografia di Silvana Mangano che ne ha fatto Italo Calvino.
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