24 settembre 2024

PAUL VALERY OGGI

 


E’ uscito da poco per Argolibri (nella collana “Talee” diretta da Andrea Franzoni e Fabio Orecchini, 2024) Ciò che scrivo non è scrivere, un volume che raccoglie per la prima volta in Italia tre quaderni di Paul Valéry: il primo, Ego scriptor, era già apparso per Adelphi (Quaderni, vol. 1, 1986), mentre gli altri due, Poésie, e Poїetique, sono inediti in Italia. Il testo si basa sull’edizione dei Cahiers della collana “Pleiade” (a cura di J.R. Valéry, Gallimard 1973/74) ed è stato curato e tradotto in italiano da Andrea Franzoni].

 

Da Ego scriptor

 

Ho finito per concepire il lavoro letterario in un modo che mi separa dai letterati – e dalla pratica.

Mi sono posto al di là delle parole – imponendo loro delle condizioni preliminari – e chiamandole non secondo il caso – il che significa che il soggetto agisce in me, ma io resto libero, senza attaccarmi a nessuno, senza credere che tale cosa sia necessaria in tale posto. Bisogna mantenere costantemente la propria indipendenza dalle parole.

(1905-1906. Senza titolo, III, 736.)

 

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La letteratura non è mai stata il mio obiettivo. Ma, qualche volta, lo è stato scrivere modelli di pensiero. Progetti per un’immaginazione o per una relazione. Messinscene psicologiche, modi per rappresentarsi qualche sistema.

(1910. E 10, IV, 620.)

 

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Scrivere considerato come ideale

 

Scrivere – ciò che scrivo non è scrivere, è prepararsi a scrivere per un giorno impossibile.

Scrivere, non so con quale linguaggio, – una cosa qualsiasi basta che sia ordinata – ovvero: annotare cose comuni ma con mezzi puri.

(1914. X 14, V, 404.)

 

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Da Poésie

 

La metafora multiformità del mutamento possibile.

(1903-1905. Senza titolo, III, 244.)

 

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La metafora è l’informe – lo stato fluido.

(Ibid., III, 435.)

 

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L’argomento di una poesia ha per essa la stessa importanza ed estraneità che ha, per un uomo, il proprio nome.

(1915, Senza titolo, V, 693)

 

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La questione in poesia è il raggiungimento della voce.

La voce definisce la poesia pura. È un modo lontano sia dal discorso, dall’eloquenza, e dal dramma, che dalla chiarezza e dal rigore, così come dall’ingombro o meglio dall’inumanità della descrizione.

La descrizione è di per sé incompatibile con la voce.

L’argomentazione. Il torrenziale, artificiale – Ecc. – Qui non c’è né narratore, né oratore, né questa voce deve fare immaginare qualcuno che parla. Se lo fa non è voce.

(1916, VI, 176.)

 

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Da Poїetique

 

L’artista non traduce parola per parola, ma effetto prodotto per effetto da produrre.

Il più bello e intenso stato d’animo interno non ha nessun rapporto necessario con il linguaggio.

L’arte comincia col sacrificio della fedeltà all’efficacia.

(1911. D 10, IV, 479.)

 

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Le analogie e le metafore devono essere considerate come le produzioni costanti, gli atti di un determinato stato, nel quale tutto ciò che appare lo fa solo entro una sorta di risonanza tra similitudini. In esso non esistono cose isolate, la mente procede per gruppi interi e ciò che resta isolato viene giudicato incompleto, atto non concluso.

A questo livello di percezione – sembra che anche gli oggetti esterni siano particelle di un indivisibile psichico – altrettanto reali, se non di più. Questo bosco, questo vento non esistono affatto o non abbastanza – esiste la loro relazione con tale movimento delle mani. Tutto ciò che è dato è frazione, inizio, insufficienza.

La difficoltà delle metafore viene spesso da un pudore – o dalla loro troppo grande specificità.

(Ibid., V, 26.)

 

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Poesia «pura» –

 

Quale dibattito hanno scatenato queste due parole innocenti!  – Ecco ancora un’interpretazione – forse più interessante – di questo rebus – (Insieme dei sensi possibili).

Ho preteso / sostenuto / davanti me stesso qualche anno fa che ciò che viene definito ornamento potesse riferirsi a una sorta di creazione «spontanea», locale degli organi di senso, – quelli che se non altro sono abbastanza ricchi di determinazioni specifiche e sono collegati in modo abbastanza netto alle nostre facoltà motrici – udito, vista, ecc. Allora le azioni di questi ricettori diventano emissione. La retina libera – l’orecchio distratto, – producono ciò che a loro piace consumare e in qualche modo giungono a una personale attività di reciproca contemplazione – il che implica una connessione tra i loro stati – contrasti, melos – sviluppi propri – periodici.

In sostanza penso che ogni sistema di questo tipo sia in grado tanto di fornire quanto di ricevere – questi 2 termini infatti sono gli estremi di una sola cosa, che si rispondono. – Impossibile ascoltare senza sentire qualcosa, o guardare al buio senza vedere.

La visione ordinaria e l’udito – sono percezioni interrotte dall’azione esterna – – che si rivolge alla totalità dell’essere – ragion per cui essa è «esterna» e chiama a sé il reale.

Esisterebbe dunque una coscienza pura. La coscienza del reale è fatta di un’infinità di frammenti della coscienza locale pura – e l’universo reale, composto di elementi tangenti ciascuno dei quali potrebbe appartenere a un campo di gamme – Così il colore di un oggetto sarebbe al contempo un aspetto di quest’oggetto prolungato nel reale da un altro colore qualunque, ma d’altra parte anche l’elemento di un gruppo colorato dotato di proprietà ordinate, contrasti ecc.

Ogni aspetto reale si presenta perciò generalmente come disordine di un ordine legato all’essere fisiologico.

– Ebbene, se supponiamo che la facoltà di linguaggio abbia le stesse proprietà di un senso compiuto (emissione ricezione) così come l’ho appena definito, allora la poesia pura sarebbe rispetto alla parola generale ciò che l’ornamento generale è rispetto al reale sensibile.

– Queste prospettive suggeriscono la nozione nuova di sistemi simmetrici «emettere-ricevere» che rappresentano la vera attività dei sensi considerata nel suo funzionamento. Il senso stesso ha molteplici aspetti.

Ricevere quello che desideriamo – Desiderare è emettere.

L’emissione guida e genera l’azione.

(1925, XI, 256-257.)

 

Da  https://www.leparoleelecose.it/?p=50053    25  settembre 2024


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