Un gran film d' altri tempi. Sembra scritto da Ermanno Olmi. (fv)
Di seguito la recensione del critico cinematografico ROBERTO CHIESI:
VERMIGLIO di Maura Delpero
Il passato è un luogo dove tutto si svolge in modo diverso.
Il passato in un mondo remoto e ormai estraneo alla nostra contemporaneità come
il piccolo borgo contadino della provincia di Trento dove è ambientato
"Vermiglio" (2024), secondo film di Maura Delpero, è un'altra
dimensione, dove i gesti, le parole, il senso stesso del tempo vengono vissuti
in un altro modo perché chi lo viveva apparteneva ad un'altra cultura.
L'autrice, dopo avere dolorosamente perduto il padre, che di quei luoghi era
originario, ha voluto rievocare quell'universo e lo ha fatto intessendo una
narrazione "inattuale", anomala nel cinema italiano di oggi, che
aderisce completamente alla natura e alla cultura degli abitanti. Se la
rievocazione ha una tonalità nostalgica, Delpero non ha però voluto edulcorare
nulla, anzi: ha raccontato una comunità dove, nel 1944, l'autorità del padre è
assoluta e ha il potere di decidere quale figlia avrà il privilegio di studiare
e quale, invece, sarà relegata alle incombenze domestiche, nonostante il suo
schietto desiderio di crescere culturalmente. Le figlie femmine sono
discriminate in quanto femmine fin dalla nascita ma anche i figli maschi non
hanno diritto di parola e, per esistere, devono per forza ribellarsi: il padre,
che oltretutto è il maestro di scuola, ha già deciso per lei e anche per ogni
figlio. In questo mondo lento, dominato dal passare delle stagioni, segnato
dalle fatiche quotidiane, gelato dalla neve, arriva un intruso, un soldato
siciliano e provoca l'innamoramento di una delle figlie del maestro-padre
padrone. Questo è l'elemento romanzesco, che avrà conseguenze drammatiche e che
Maura Delpero adotta come veicolo per mostrare quali dinamiche psicologiche,
sentimentali e anche sociali determina tale intrusione di un individuo venuto
da un altro universo (la Sicilia). al tempo stesso, l'autrice - con amore e
tenerezza per i personaggi, soprattutto le donne e i bambini - osserva il loro
vivere in quel microcosmo immutabile, dipendente in tutto e per tutto dalla
natura e dalla religione che gli abitanti hanno adattato a loro stessi.
"Vermiglio" ha un tessuto figurativo (la fotografia dai colori freddi
è di Michail Kričman) ispirato dal desiderio di resuscitare quel mondo
contadino nel nitore dei suoi dettagli e della sua fisicità, senza ometterne le
asprezze. E' un film di contemplazione: questo è il suo pregio e al tempo
stesso il suo limite maggiore, perché nasce da un tale rispetto per i ritmi del
piccolo mondo arcaico che filma, da riprodurne anche la monotonia, la ripetitività,
riducendo la narrazione ai particolari minimali, che diventano
incommensurabili.
ROBERTO CHIESI
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