Giovanni Sabbatucci
È un pomeriggio caldo quello del 10 giugno 1924. Giacomo Matteotti esce di casa e non vi ritorna più. Non è di un deputato qualsiasi il corpo massacrato che verrà trovato due mesi dopo in un bosco vicino Roma. Solo dieci giorni prima della sua sparizione Matteotti ha tenuto un discorso infuocato alla Camera, contro il fascismo e l'irregolarità delle elezioni. È il leader di uno dei maggiori partiti di opposizione, forse il leader dell'intera opposizione. Non è difficile collegare i due avvenimenti, il discorso e la morte, né scoprire che gli autori del delitto, che non si sono preoccupati di cancellare le tracce, sono uomini dello stretto entourage del Duce. Ce n'è abbastanza per far scoppiare il più clamoroso scandalo politico della storia d'Italia. E ce ne sarebbe abbastanza per le dimissioni immediate del governo. Tutto sembra far credere a una crisi. Ma non è questo che accade. L'opposizione parlamentare sceglie la strada della protesta morale, il governo resiste, la maggioranza non accenna a spaccarsi, il regime si consolida. Mussolini, il trionfatore delle elezioni del '24 contro le quali aveva tuonato Matteotti, forza la sorte e instaura la 'dittatura a viso aperto'. Quel delitto che sarebbe potuto essere l'ultima occasione di arrestare il regime, ne diviene invece il punto di svolta, lo snodo decisivo. Ma quel corpo abbandonato e quel rifiuto morale si caricano di un significato simbolico. L'atto di morte del deputato Matteotti è l'atto di nascita dell'antifascismo come scelta politica ed etica.
Le responsabilità di Mussolini
Giovanni Sale, La Civiltà Cattolica, 1 giugno 2024
Quale fu la responsabilità di Mussolini nella vicenda del delitto Matteotti? Fu lui il mandante del delitto, oppure no? Ebbe una responsabilità diretta nella realizzazione dello stesso, oppure una responsabilità soltanto indiretta, vale a dire soltanto politica o morale? Il dibattito storico su questa delicata materia è ancora aperto: su essa pesano molto, al di là della lettura degli atti processuali e della documentazione che è stata pubblicata, i diversi punti di vista degli interpreti, non sempre scevri, in realtà, di partigianeria ideologica.
Secondo alcuni storici, Mussolini sarebbe stato il mandante materiale del delitto. Questa posizione è stata sostenuta in passato, spesso sulla base di motivazioni molto generiche, da diversi intellettuali di sinistra, ed è riapparsa in più recenti pubblicazioni, trovando maggiore attenzione da parte degli storici. Secondo altri, invece, a Mussolini andrebbe imputata soltanto la responsabilità morale e politica del delitto. Essi parlano dello zelo eccessivo di alcuni uomini vicini al Duce, come Marinelli e compagni, che, prendendo spunto da alcune parole – quelle riguardanti la Ceka – pronunciate da Mussolini in un momento d’ira, si decisero ad agire, nella presunzione che con quelle parole egli intendesse eliminare Matteotti. Questa posizione è stata sostenuta in sede processuale da Rossi – nemico giurato del Duce – ed è sostanzialmente condivisa anche dal maggiore biografo di Mussolini, Renzo De Felice.
La crisi politica conseguente
Giuliano Procacci, Storia degli italiani
Parve per un momento che il vuoto dovesse farsi attorno al governo, la cui complicità nell'assassinio ben pochi mettevano in dubbio. Molti distintivi fascisti scomparvero dagli occhielli delle giacche e Mussolini stesso ebbe la sensazione del proprio isolamento. Ben presto però egli ritrovò la sua baldanza, perché da una parte l'opposizione parlamentare, guidata da Giovanni Amendola, dopo aver abbandonato l'aula di Montecitorio (la cosiddetta secessione dell'Aventino), non seppe fare appello al paese e proporre una reale alternativa, paralizzata ancora una volta dalla paura della rivoluzione, e d'altra parte perché poté contare sull'appoggio del re e sulla neutralità del Vaticano. Il 3 gennaio 1925 Mussolini si presentò alla Camera per assumersi tutta la responsabilità del delitto Matteotti e per sfidarla provocatoriamente ad avvalersi della facoltà di metterlo sotto stato d'accusa. La Camera, non accettando il guanto di sfida che le veniva lanciato, segnò praticamente la propria condanna a morte e lo Stato liberale cessò definitivamente di esistere.
Il discorso del 3 gennaio 1925 https://it.wikisource.org/wiki/Discussione:Italia_-3_gennaio_1925,_Discorso_sul_delitto_Matteotti
In viaggio con Barbero - Il Caso Matteotti (la7.it)
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