L’ INFLUENZA DEI CONSERVATIVE
THINK TANK (CTT) SULLA POLITICA
MONDIALE
di
Giorgio Castriota Skanderbegh
Ci sono
alcune verità che circolano sul discorso politico, sulla nostra società, e in
generale sul nostro tempo. Verità sedicenti, autoaffermanti, luoghi comuni:
difficilmente si trova qualcuno che non ripete almeno in parte o
tangenzialmente uno dei discorsi così consolidati: la politica si è
polarizzata, ci sono estremisti da “entrambe” le parti, ci sono interessi
nascosti che non ci dicono, il politicamente corretto è una dittatura che vuole
metterci il bavaglio, dietro al movimento ambientalista c’è qualcosa di poco
chiaro, quella Greta Thunberg lì si è proprio sistemata, oggi i veri
discriminati sono [inserisci nazionalità del parlante]. Espressioni che si
possono trovare sulla bocca di qualunque passante durante un sondaggio, che si
passano tra un caffè e una pacca sulla spalla.
Di certo la
capillare diffusione di internet ha posto l’infinitamente sottolineato problema
dell’appianamento delle fonti, ma quando si parla di confronto ideologico, anzi
di Guerra delle Idee, si commette una leggerezza se si immagina una moda
passeggera alimentata da qualche troll che sfoga frustrazioni attraverso un
modem. Già a un’analisi superficiale si noterà che le supposte verità di cui
sopra fanno capo a un sistema di valori preciso, ossia un sistema di destra,
ancora più precisamente della destra americana, capitalista, ultrareligiosa,
secessionista, liberista, misogina, omotransfobica. Una vera analisi sul
complottismo e sulla circolazione delle idee, insomma, riporta circolarmente al
punto di partenza, con nuova consapevolezza: i complottisti hanno ragione, c’è
davvero qualcuno che muove i fili, ma non è nascosto nel sotterraneo di una
pizzeria, né in una torre tempestosa; quei fili servono solo a far guardare
dall’altra parte. Occorre una prospettiva diacronica sulla nascita delle
organizzazioni della nuova destra statunitense, i think tank conservatori.
Il secondo
dopoguerra segna profondi rivolgimenti nella società nordamericana. La sofferta
desegregazione, l’attenzione alle classi media e bassa, il Social Security Act
del 1965 che stabilisce Medicare e Medicaid, supporti sanitari per le persone
meno abbienti, il movimento ambientalista, le marce per i diritti dei neri: per
gli infinitamente facoltosi bianchi, carezzati dallo stato ma al contempo
furiosi liberisti, si tratta dell’inferno sulla terra. In questi rivolgimenti,
in questa lotta di classe alle porte, dal lato miliardari si possono
identificare alcune figure chiave che preparano il contrattacco.
Fred Koch è
un magnate statunitense del petrolio che negli anni Quaranta contribuisce alla
costruzione di raffinerie utilissime al Terzo Reich per il mantenimento della
propria macchina da guerra. Nel 1958 è inoltre tra gli undici membri fondatori
della John Birch Society, organizzazione dichiaratamente razzista e fortemente
complottista: in particolare lo spauracchio è l’avanzata del comunismo, che
i birchers vedono incedere praticamente dappertutto. Secondo
loro, per esempio, il presidente Eisenhower è una spia dei sovietici, e
ovviamente la popolazione nera (a cui proprio in quegli anni cominciavano a
essere garantiti alcuni diritti fondamentali, almeno ufficialmente) è una
pedina per l’avanzata di Mosca nel cuore degli Stati Uniti. Fred Koch non
lascia agli eredi solo un impero, ma anche un’ideologia fortemente liberista,
anti-governativa, e che sostiene la sacra libertà del mercato e delle imprese.
Alla sua morte nel 1967, tra i suoi figli, a prendere le redini delle aziende
di famiglia sono in particolare Charles e David. I fratelli Koch, come il
padre, non vedono di buon occhio la politica, diffidano in toto del sistema che
cerca di tassarli, ma si rendono conto che non possono restare a lungo lontani
dai palazzi del potere: gli Stati Uniti stanno cambiando; le regolazioni
fiscali si stanno stringendo sugli altissimi profitti, l’opinione pubblica
comincia a rivoltarsi contro le corporazioni viste come sfruttatrici senza
cuore, il movimento ambientalista, che aveva già ricevuto enorme spinta dalla
pubblicazione di Primavera Silenziosa di Rachel Carson nel
1962, è entrato a far parte del discorso pubblico e, di conseguenza, della
legislazione. I Koch sono prevalentemente petrolieri, e le cause per disastro
ambientale cominciano ad affollare le loro scrivanie, e le multe e i costi per
la regolarizzazione delle loro aziende cominciano ad ammassarsi per tutti gli
anni Settanta. Il loro profitto, insomma, è in pericolo. Nel 1978 Charles Koch,
in un articolo sul giornale Libertarian Review intitolato The Business
Community: Resisting Regulation[2], insiste sulla necessità di
creare un “movimento” per la distruzione del paradigma statalista, per la quale
serviranno dei “talenti”, ossia un gruppo di studiosi e comunicatori che
possano efficacemente diffondere queste idee. Charles Koch prende queste idee
da esperienze precedenti, tra cui proprio la John Birch Society di cui faceva
parte suo padre, e anche da uno spregiudicato e giovane intellettuale da lui
assoldato, Richard Fink. Quest’ultimo, nel 1996, sistematizzerà il suo piano
per una conquista in tre fasi della politica negli Stati Uniti nel documento
intitolato Structure of Social Change[3], ma non è certo il primo ad approdare a
certe considerazioni. Altri miliardari, oltre ai Koch, erano altrettanto
preoccupati.
Il sanguigno
Richard Mellon Scaife — banchiere, petroliere, e industriale della metallurgia
— racconta nel suo memoir A Richly Conservative Life che lui,
come altri, avverte nel secondo dopoguerra una minaccia esistenziale alla
civiltà americana, portata avanti dal progressismo. La deriva liberal del paese
va fermata, e così Scaife comincia a incontrarsi con altri miliardari
preoccupati durante gli anni della Guerra Fredda, prima in modo informale, e
poi sempre più sistematizzato. Da questi incontri nasce la League to Save
Carthage (la Lega per salvare Cartagine), che nel 1964 si trasforma nella
Carthage Foundation: L’America non deve fare la fine di Cartagine, non deve
cadere.
Scaife
ereditava non soltanto uno dei patrimoni più ingenti della storia degli USA, ma
anche un particolare sistema: già nel 1941, sua madre aveva creato la Sarah
Scaife Foundation, un’associazione di beneficenza nata pochi giorni dopo
l’attacco giapponese a Pearl Harbor. Uno strumento utile per proteggere la
fortuna di famiglia dall’aumento della tassazione previsto per l’imminente
sforzo bellico americano.
Il vantaggio
delle fondazioni private nel sistema americano è la quasi totale mancanza di
regolazioni; queste sono tenute a donare il 5% dei propri beni annualmente a
forme di beneficenza pubblica e altre associazioni “non-profit”. Le donazioni
fatte attraverso fondazioni private, tuttavia, sono deducibili dalle tasse;
pertanto un facoltoso donatore può non solo vedere la pressione fiscale ridursi
drammaticamente, ma far circolare grandi capitali vers0 le cause che ha più a
cuore. Il trucco, in sostanza, non è solo donare, ma donare alle associazioni
che hai fondato tu.
Un
importante membro della League to Save Carthage è il sessantaquattrenne Lewis
Powell. Questi, che oltre a essere un potente avvocato siede nei consigli di
amministrazione di società come la Philip Morris, si scopre molto preoccupato
dell’avversione dei cittadini statunitensi all’America corporativa, alla
guerra, e alla produzione industriale[4]; a questo si aggiungono le manifestazioni
dei giovani e degli studenti, soprattutto militanti del potere nero, oltre che
l’élite intellettuale di sinistra. Nel 1971 Powell redige un memo destinato al
suo amico Eugene Sydnor Jr., direttore della Camera di Commercio degli Stati
Uniti; in questo testo confidenziale[5] Powell identifica la provenienza
delle idee pericolose per il modello di impresa americano, ossia «dal campus
del college, dal pulpito, dai media, dalle riviste intellettuali e letterarie,
dalle arti e dalle scienze, e dai politici». Il tono del memo è apocalittico:
«la questione definitiva è la sopravvivenza»; nei campus delle università,
secondo Powell, ci sono poche personalità conservatrici, e perciò bisogna
lavorare alla creazione di figure dotate di autorità, ammantate di imparzialità
e potere accademico, e insistere (tra le altre cose con la pressione per
l’adozione di certi testi) perché il sistema capitalista sia egualmente
rappresentato e «trattato con la giusta obiettività». Una chiamata alle armi in
piena regola, per la quale Powell avverte che servirà una mobilitazione
praticamente senza precedenti:
la forza risiede nell’organizzazione, nell’attenta pianificazione e
implementazione a lungo termine, nella coerenza dell’azione lungo un periodo
indefinito di anni, in una scala di finanziamenti disponibile solo attraverso
uno sforzo combinato, e nel potere politico accessibile solo attraverso
un’azione unitaria e un’organizzazione nazionale.
È importante
non soltanto riaffermare quello capitalista come il migliore dei mondi
possibili, ma anche rappresentare il business americano come l’entità sotto
attacco e ingiustamente discriminata. La minaccia al business, per Powell, è
una minaccia alla libertà di tutti.
Il memo,
intorno alle cinquemila parole, è destinato ad avere conseguenze enormi per la
storia dell’organizzazione politica degli Stati Uniti e, in ultima analisi, del
mondo. Ecco la spinta necessaria per un vero attacco; ecco che i miliardari
rispondono volentieri alla chiamata, creando apparati impressionanti: per
esempio, il sistema creato dai fratelli Koch si estende talmente tentacolare da
essere stato battezzato Kochtopus.
L’obiettivo
di conquista passa esattamente dalle associazioni private di cui sopra; la loro
azione può contare su capitali virtualmente infiniti (e controlli vicini allo
zero), e la loro straordinaria capacità di fare rete. Su strategia già
collaudata dalla John Birch Society, queste organizzazioni adottano nomi
innocui, che anzi proiettano un’aura positiva e accademicamente ineccepibile:
Cato Insitute, Freedom School, American Civil Rights Union (!), Competitive
Enterprise Institute. Con la produzione di intellettuali e letteratura queste
associazioni sono in grado di fornire soluzioni mirate ai policy-maker del
Congresso, e far passare in discussione disegni di legge che seguono gli
interessi dei facoltosi finanziatori. La Heritage Foundation, finanziata
generosamente da Richard Scaife, nel 1979 produce il Mandate For
Leadership, contenente circa 1270 “suggerimenti”, tra cui programmi per
fermare la affirmative action (la serie di azioni politico-sociali vòlte
all’inclusione di persone appartenenti a minoranze etniche e di genere), e
forti riduzioni della tassazione; secondo la stessa associazione, circa il 60%
dei provvedimenti riportarti nel Mandate viene adottato dall’amministrazione
Reagan[6]: la Heritage Foundation controlla le
azioni del presidente degli Stati Uniti.
Espugnare le
università si rivela più laborioso; secondo John K. Wilson[7], ancora a metà degli anni Ottanta i
conservatori non riescono a convincere il pubblico della crisi dell’educazione
superiore negli USA; bastano pochi anni, poche figure chiave, e pochi concetti
fondamentali per ribaltare la situazione.
L’idea
fondamentale per scardinare il potere liberal nelle università è convincere il
grande pubblico che un’ondata di political correctness mette i
bastoni fra le ruote a una libera istruzione, e tenta di mettere il bavaglio
alla libertà di parola. Nel 1987 Midge Decter, una giornalista membro della
Heritage Foundation, fonda la National Association of Scholars (ancora: nome
neutrale), per osteggiare cose come il multiculturalismo (leggi l’integrazione
delle minoranze nei campus) e l’adozione di codici di condotta per combattere
le molestie sessuali ai danni delle studentesse, e ovviamente il politicamente
corretto[8]. L’attacco procede su più fronti.
Nel 1987
Allan Bloom pubblica The Closing of American Mind; Bloom è un forte
teorizzatore di un complotto portato avanti dalle minoranze etniche e di genere
per dominare l’accademia, e nel libro lamenta la totale assenza di libertà di
espressione nei college americani.
Nel 1990
Roger Kimball pubblica Tenured Radicals: How Politics Has Corrupted our
Higher Education, in cui lamenta l’attacco al canone e ai classici, il
vittimismo delle minoranze, e il complotto della sinistra per conquistare
l’accademia; attacca inoltre i nuovi corsi sugli studi di genere e African
studies.
Nel 1991
Dinesh D’Souza pubblica Illiberal Education: The Politics of Race and
Sex on Campus, in cui descrive la desolante situazione della nuova vittima
nella vita universitaria: il maschio bianco conservatore; questo è il vero
oppresso. Secondo D’Souza, di recente tornato nel circuito dei dibattiti dopo
la pausa seguita agli umilianti confronti con Christopher Hitchens nei primi
anni Duemila, le politiche di ammissione delle minoranze stanno distruggendo il
campus, e anzi creano segregazione, ed è tutta colpa della “polizia del
pensiero” e del politicamente corretto. Dinesh D’Souza è di origini indiane: il
veicolo ideale per un messaggio del genere.
Allan Bloom
è finanziato dalla Olin Foundation, del miliardario John Olin, magnate della
produzione di armi.
La stessa
Olin Foundation, e in aggiunta L’American Enterprise Fellowship, garantiscono
ingenti somme a Dinesh D’Souza.
Roger
Kimball dirige un giornale conservatore (il New Criterion) su cui pubblica una
prima versione del suo libro; il giornale riceve finanziamenti dalle fondazioni
Olin, Scaife, e Bradley.
Ecco che ci
si è occupati dei problemi sociali. E per i fastidiosi ambientalisti?
Accettare le
evidenze scientifiche sulla crisi climatica antropica significa adozione di
contromisure, regolamentazioni, significa dispendio. Ecco allora che Patrick
Michaels, fino al 2019 membro anziano del Cato Institute nell’ambito degli
studi sull’ambiente, nel suo libro del 2005 Meltdown: The Predictable
Distortion of Global Warming by Scientists, Politicians, and the Media,
mette in guardia contro la junk science, la scienza corrotta dalla
politica (di sinistra) che vuole danneggiare il libero mercato.
L’amministrazione
G. W. Bush impiega diversi elementi affiliati a think tank conservatori, in
particolare Gale Norton, fellow del Property and Environmental
Research Center, prima donna creata Segretario degli Interni in Usa. Sotto
questa amministrazione, gli Stati Uniti non ratificano il Protocollo di Kyoto
del 1997.
In anni
molto più recenti, Tucker Carlson, noto alumnus del Cato
Institute, popolare conduttore di programmi di approfondimento politico sulla
rete Fox e gonfaloniere dell’ex presidente Trump, si fa spesso megafono di
posizioni sul cambiamento climatico assimilabili a questi gruppi.
P.J.
Jaques et al.[9] esaminano una bibliografia di 141
libri in lingua inglese identificati come portatori di tesi scettiche nei
confronti del cambiamento climatico pubblicati tra il 1972 e il 2005; di
questi, 130 (92%) sono direttamente collegabili a uno o più CTT. La ricerca si
estende anche fuori dal territorio USA, e sembra suggerire che lo scetticismo
in materia di ambiente sia aiutato grandemente da questo tipo di pubblicazioni.
Gli autori passano poi a esaminare 50 Conservative Think Tank, sia attraverso i
loro siti internet che le loro pubblicazioni. Trovano chiaro supporto a tesi
anti-ambientaliste in 45 di questi, il 90%.
Il successo
di una circolazione aggressiva di tali idee è chiaro se si osserva che anche
fonti meno specializzate se ne fanno megafono: ancora il 25 gennaio 2022,
durante un episodio del popolarissimo podcast del conduttore statunitense Joe
Rogan, lo psicologo (ora radiato) Jordan Peterson può ripetere alcuni dei punti
chiave dell’eco-scetticismo di matrice conservatrice: Peterson arriva a negare
la validità del concetto di clima, sostenendo che dire “clima” e “ambiente”
significa riferirsi a “tutto”, e quindi è come non dire niente[10].
La guerra
delle idee ha operato con successo il salto oceanico, e dagli Stati Uniti si è
diffusa con pochi ostacoli a tutto il mondo, e investe ambiti della cultura che
attaccano da più fronti. Sul territorio italiano opera il think tank Centro
Studi Politici Strategici Machiavelli, che ha rapporti con la Heritage
Foundation e l’International Republican Insitute[11]. Il Centro pubblica articoli come Gay,
ambientalista, pro-immigrazione: Superman è Zan coi superpoteri[12], e annovera
fra i membri Roberto Vannacci.
Lo scrittore
Daniele Rielli firma un contributo al volume Non si può più dire
niente? (UTET, 2022), in cui dipinge uno scenario apocalittico in cui
il “woke” sta distruggendo il nostro rapporto con la comicità, l’arte, e la
letteratura; il politicamente corretto, secondo l’autore, sta disgregando la
società fondata sulla ragione illuminista. Rielli cita proprio Jordan Peterson
come intellettuale ingiustamente ostracizzato. Peterson è noto per le sue
posizioni da determinismo biologico, che vogliono la donna dedita alla
procreazione. Nello stesso testo, Rielli dichiara che è insensato combattere
contro «un patriarcato ormai inesistente» (p.156).
Daniele
Rielli è candidato nella dozzina del Premio Strega 2023; è un autore
rispettato, e membro a pieno titolo dell’intellighenzia letteraria italiana.
Daniele Rielli non è al soldo di nessuno, eppure ripete tesi messe nero su
bianco da ideologi della destra estrema americana un cinquantennio fa. La
penetrazione nel discorso culturale di queste tesi è completa, la guerra delle
idee è vinta, i colonizzatori sono stabilmente nelle nostre istituzioni e nella
nostra letteratura.
È
impossibile qui fare una lista comprensiva di tutti gli infiniti rimandi e
contro-rimandi tra un’associazione e l’altra, descrivere come la presenza di
membri dei Conservative Think Tank infesta un numero preoccupante di
istituzioni ed enti. Idee che si danno per scontate non nascono in natura, ma
sono frutto di deliberata diffusione, e di una precisa volontà della destra
internazionale di proteggere uno status quo che sente minacciato.
Oggi la
macchina di propaganda è ancora in piena attività, se nei telefoni dei più
giovani vengono spinti contenuti che hanno una netta direzione, se Andrew Tate
è protagonista di montaggi cool e i podcast incel e alt-right fanno
numeri importanti.
Riconoscere
questa eterodirezione deve essere un passo fondamentale per decostruire la
rappresentazione della realtà dipinta ogni giorno da media, libri, dispositivi,
algoritmi, conferenze. Se è vero che queste persone non si nascondono, se è
vero che firmano memoir, articoli, conferenze, dichiarazioni d’intenti, è anche
vero che godono di un apparato di distrazione potentissimo, e la consapevolezza
del suo funzionamento deve essere una priorità.
[Ove non
indicato diversamente, la fonte è Jane Mayer, Dark Money, The Hidden
History of the Billionaires Behind the Rise of the Radical Right,
Doubleday, New York, 2016].
Bibliografia:
Jane Mayer, Dark Money, The Hidden History of the
Billionaires Behind the Rise of the Radical Right, Doubleday, New York,
2016.
https://www.libertarianism.org/publications/essays/business-community-resisting-regulation
Kim Phillips-Fein, Invisible hands, The
Businessmen’s Crusade Against The New Deal, W. W. Norton, 2010.
Lewis Powell, Attack on American Free enterprise
system, archiviato sul sito https://scholarlycommons.law.wlu.edu/powellmemo/
Lee Edwards, The Power of Ideas, The Heritage
Foundation at 25 Years, Jameson Books, Inc, Ottawa, IL, 1997.
John K. Wilson, The Myth of Political Correctness,
The conservative attack on higher education, Duke University Press, Durham
and London, 1995.
P.J. Jaques, R.E. Dunlap, M. Freeman, The
organisation of denial: Con-servative think tanks and environmental scepticism,
in Environmental Politics, vol. 17, issue 3, 2008.
Joe Rogan Experience Podcast Episode #1769, disponibile
online all’indirizzo https://jrelibrary.com/1769-jordan-peterson/
La minaccia cinese e come affrontarla. La tavola rotonda
con Dean Cheng, Centro Studi Machiavelli, https://www.centromachiavelli.com/en/2021/11/26/cina-minaccia-dean-cheng/#
https://www.centromachiavelli.com/2021/10/13/superman-gay-bisex/#
Note
[1] Ove non indicato diversamente, la fonte
è Jane Mayer, Dark Money, The Hidden History of the Billionaires Behind
the Rise of the Radical Right, Doubleday, New York, 2016.
[2] https://www.libertarianism.org/publications/essays/business-community-resisting-regulation
[3] https://kochdocs.org/2019/08/19/1996-structure-of-social-change-by-koch-industries-executive-vp-richard-fink/
[4] Cfr. Kim Phillips-Fein, Invisible
hands, The Businessmen’s Crusade Against The New Deal, W. W. Norton, 2010.
[5] Lewis Powell, Attack on
American Free enterprise system, archiviato sul sito https://scholarlycommons.law.wlu.edu/powellmemo/
[6] Lee Edwards, The Power of
Ideas, The Heritage Foundation at 25 Years, Jameson Books, Inc, Ottawa, IL,
1997. Edwards è Fellow della Heritage Foundation e storico del movimento
conservatore negli Stati Uniti.
[7] John K. Wilson, The Myth of
Political Correctness, The conservative attack on higher education, Duke
University Press, Durham and London, 1995.
[8] Ibid.
[9] P.J. Jaques, R.E. Dunlap, M.
Freeman, The organisation of denial: Con-servative think tanks and
environmental scepticism, in Environmental Politics, vol. 17,
issue 3, 2008.
[10] Joe Rogan
Experience Podcast Episode #1769, disponibile online all’indirizzo
https://jrelibrary.com/1769-jordan-peterson/.
[11] La
minaccia cinese e come affrontarla. La tavola rotonda con Dean Cheng, Centro
Studi Machiavelli, https://www.centromachiavelli.com/en/2021/11/26/cina-minaccia-dean-cheng/#
[12] https://www.centromachiavelli.com/2021/10/13/superman-gay-bisex/#
Giorgio Castriota Skanderbegh è nato a Foggia nel 1991. È
laureato in Lettere moderne e suoi racconti e articoli sono apparsi su la
nuova carne, Sulla quarta corda, SuperTrampsClub, Birò, Poetarum Silva e Nazione
Indiana.
L’ INFLUENZA DEI CONSERVATIVE
THINK TANK (CTT) SULLA POLITICA
MONDIALE
di
Giorgio Castriota Skanderbegh
Ci sono
alcune verità che circolano sul discorso politico, sulla nostra società, e in
generale sul nostro tempo. Verità sedicenti, autoaffermanti, luoghi comuni:
difficilmente si trova qualcuno che non ripete almeno in parte o
tangenzialmente uno dei discorsi così consolidati: la politica si è
polarizzata, ci sono estremisti da “entrambe” le parti, ci sono interessi
nascosti che non ci dicono, il politicamente corretto è una dittatura che vuole
metterci il bavaglio, dietro al movimento ambientalista c’è qualcosa di poco
chiaro, quella Greta Thunberg lì si è proprio sistemata, oggi i veri
discriminati sono [inserisci nazionalità del parlante]. Espressioni che si
possono trovare sulla bocca di qualunque passante durante un sondaggio, che si
passano tra un caffè e una pacca sulla spalla.
Di certo la
capillare diffusione di internet ha posto l’infinitamente sottolineato problema
dell’appianamento delle fonti, ma quando si parla di confronto ideologico, anzi
di Guerra delle Idee, si commette una leggerezza se si immagina una moda
passeggera alimentata da qualche troll che sfoga frustrazioni attraverso un
modem. Già a un’analisi superficiale si noterà che le supposte verità di cui
sopra fanno capo a un sistema di valori preciso, ossia un sistema di destra,
ancora più precisamente della destra americana, capitalista, ultrareligiosa,
secessionista, liberista, misogina, omotransfobica. Una vera analisi sul
complottismo e sulla circolazione delle idee, insomma, riporta circolarmente al
punto di partenza, con nuova consapevolezza: i complottisti hanno ragione, c’è
davvero qualcuno che muove i fili, ma non è nascosto nel sotterraneo di una
pizzeria, né in una torre tempestosa; quei fili servono solo a far guardare
dall’altra parte. Occorre una prospettiva diacronica sulla nascita delle
organizzazioni della nuova destra statunitense, i think tank conservatori.
Il secondo
dopoguerra segna profondi rivolgimenti nella società nordamericana. La sofferta
desegregazione, l’attenzione alle classi media e bassa, il Social Security Act
del 1965 che stabilisce Medicare e Medicaid, supporti sanitari per le persone
meno abbienti, il movimento ambientalista, le marce per i diritti dei neri: per
gli infinitamente facoltosi bianchi, carezzati dallo stato ma al contempo
furiosi liberisti, si tratta dell’inferno sulla terra. In questi rivolgimenti,
in questa lotta di classe alle porte, dal lato miliardari si possono
identificare alcune figure chiave che preparano il contrattacco.
Fred Koch è
un magnate statunitense del petrolio che negli anni Quaranta contribuisce alla
costruzione di raffinerie utilissime al Terzo Reich per il mantenimento della
propria macchina da guerra. Nel 1958 è inoltre tra gli undici membri fondatori
della John Birch Society, organizzazione dichiaratamente razzista e fortemente
complottista: in particolare lo spauracchio è l’avanzata del comunismo, che
i birchers vedono incedere praticamente dappertutto. Secondo
loro, per esempio, il presidente Eisenhower è una spia dei sovietici, e
ovviamente la popolazione nera (a cui proprio in quegli anni cominciavano a
essere garantiti alcuni diritti fondamentali, almeno ufficialmente) è una
pedina per l’avanzata di Mosca nel cuore degli Stati Uniti. Fred Koch non
lascia agli eredi solo un impero, ma anche un’ideologia fortemente liberista,
anti-governativa, e che sostiene la sacra libertà del mercato e delle imprese.
Alla sua morte nel 1967, tra i suoi figli, a prendere le redini delle aziende
di famiglia sono in particolare Charles e David. I fratelli Koch, come il
padre, non vedono di buon occhio la politica, diffidano in toto del sistema che
cerca di tassarli, ma si rendono conto che non possono restare a lungo lontani
dai palazzi del potere: gli Stati Uniti stanno cambiando; le regolazioni
fiscali si stanno stringendo sugli altissimi profitti, l’opinione pubblica
comincia a rivoltarsi contro le corporazioni viste come sfruttatrici senza
cuore, il movimento ambientalista, che aveva già ricevuto enorme spinta dalla
pubblicazione di Primavera Silenziosa di Rachel Carson nel
1962, è entrato a far parte del discorso pubblico e, di conseguenza, della
legislazione. I Koch sono prevalentemente petrolieri, e le cause per disastro
ambientale cominciano ad affollare le loro scrivanie, e le multe e i costi per
la regolarizzazione delle loro aziende cominciano ad ammassarsi per tutti gli
anni Settanta. Il loro profitto, insomma, è in pericolo. Nel 1978 Charles Koch,
in un articolo sul giornale Libertarian Review intitolato The Business
Community: Resisting Regulation[2], insiste sulla necessità di
creare un “movimento” per la distruzione del paradigma statalista, per la quale
serviranno dei “talenti”, ossia un gruppo di studiosi e comunicatori che
possano efficacemente diffondere queste idee. Charles Koch prende queste idee
da esperienze precedenti, tra cui proprio la John Birch Society di cui faceva
parte suo padre, e anche da uno spregiudicato e giovane intellettuale da lui
assoldato, Richard Fink. Quest’ultimo, nel 1996, sistematizzerà il suo piano
per una conquista in tre fasi della politica negli Stati Uniti nel documento
intitolato Structure of Social Change[3], ma non è certo il primo ad approdare a
certe considerazioni. Altri miliardari, oltre ai Koch, erano altrettanto
preoccupati.
Il sanguigno
Richard Mellon Scaife — banchiere, petroliere, e industriale della metallurgia
— racconta nel suo memoir A Richly Conservative Life che lui,
come altri, avverte nel secondo dopoguerra una minaccia esistenziale alla
civiltà americana, portata avanti dal progressismo. La deriva liberal del paese
va fermata, e così Scaife comincia a incontrarsi con altri miliardari
preoccupati durante gli anni della Guerra Fredda, prima in modo informale, e
poi sempre più sistematizzato. Da questi incontri nasce la League to Save
Carthage (la Lega per salvare Cartagine), che nel 1964 si trasforma nella
Carthage Foundation: L’America non deve fare la fine di Cartagine, non deve
cadere.
Scaife
ereditava non soltanto uno dei patrimoni più ingenti della storia degli USA, ma
anche un particolare sistema: già nel 1941, sua madre aveva creato la Sarah
Scaife Foundation, un’associazione di beneficenza nata pochi giorni dopo
l’attacco giapponese a Pearl Harbor. Uno strumento utile per proteggere la
fortuna di famiglia dall’aumento della tassazione previsto per l’imminente
sforzo bellico americano.
Il vantaggio
delle fondazioni private nel sistema americano è la quasi totale mancanza di
regolazioni; queste sono tenute a donare il 5% dei propri beni annualmente a
forme di beneficenza pubblica e altre associazioni “non-profit”. Le donazioni
fatte attraverso fondazioni private, tuttavia, sono deducibili dalle tasse;
pertanto un facoltoso donatore può non solo vedere la pressione fiscale ridursi
drammaticamente, ma far circolare grandi capitali vers0 le cause che ha più a
cuore. Il trucco, in sostanza, non è solo donare, ma donare alle associazioni
che hai fondato tu.
Un
importante membro della League to Save Carthage è il sessantaquattrenne Lewis
Powell. Questi, che oltre a essere un potente avvocato siede nei consigli di
amministrazione di società come la Philip Morris, si scopre molto preoccupato
dell’avversione dei cittadini statunitensi all’America corporativa, alla
guerra, e alla produzione industriale[4]; a questo si aggiungono le manifestazioni
dei giovani e degli studenti, soprattutto militanti del potere nero, oltre che
l’élite intellettuale di sinistra. Nel 1971 Powell redige un memo destinato al
suo amico Eugene Sydnor Jr., direttore della Camera di Commercio degli Stati
Uniti; in questo testo confidenziale[5] Powell identifica la provenienza
delle idee pericolose per il modello di impresa americano, ossia «dal campus
del college, dal pulpito, dai media, dalle riviste intellettuali e letterarie,
dalle arti e dalle scienze, e dai politici». Il tono del memo è apocalittico:
«la questione definitiva è la sopravvivenza»; nei campus delle università,
secondo Powell, ci sono poche personalità conservatrici, e perciò bisogna
lavorare alla creazione di figure dotate di autorità, ammantate di imparzialità
e potere accademico, e insistere (tra le altre cose con la pressione per
l’adozione di certi testi) perché il sistema capitalista sia egualmente
rappresentato e «trattato con la giusta obiettività». Una chiamata alle armi in
piena regola, per la quale Powell avverte che servirà una mobilitazione
praticamente senza precedenti:
la forza risiede nell’organizzazione, nell’attenta pianificazione e
implementazione a lungo termine, nella coerenza dell’azione lungo un periodo
indefinito di anni, in una scala di finanziamenti disponibile solo attraverso
uno sforzo combinato, e nel potere politico accessibile solo attraverso
un’azione unitaria e un’organizzazione nazionale.
È importante
non soltanto riaffermare quello capitalista come il migliore dei mondi
possibili, ma anche rappresentare il business americano come l’entità sotto
attacco e ingiustamente discriminata. La minaccia al business, per Powell, è
una minaccia alla libertà di tutti.
Il memo,
intorno alle cinquemila parole, è destinato ad avere conseguenze enormi per la
storia dell’organizzazione politica degli Stati Uniti e, in ultima analisi, del
mondo. Ecco la spinta necessaria per un vero attacco; ecco che i miliardari
rispondono volentieri alla chiamata, creando apparati impressionanti: per
esempio, il sistema creato dai fratelli Koch si estende talmente tentacolare da
essere stato battezzato Kochtopus.
L’obiettivo
di conquista passa esattamente dalle associazioni private di cui sopra; la loro
azione può contare su capitali virtualmente infiniti (e controlli vicini allo
zero), e la loro straordinaria capacità di fare rete. Su strategia già
collaudata dalla John Birch Society, queste organizzazioni adottano nomi
innocui, che anzi proiettano un’aura positiva e accademicamente ineccepibile:
Cato Insitute, Freedom School, American Civil Rights Union (!), Competitive
Enterprise Institute. Con la produzione di intellettuali e letteratura queste
associazioni sono in grado di fornire soluzioni mirate ai policy-maker del
Congresso, e far passare in discussione disegni di legge che seguono gli
interessi dei facoltosi finanziatori. La Heritage Foundation, finanziata
generosamente da Richard Scaife, nel 1979 produce il Mandate For
Leadership, contenente circa 1270 “suggerimenti”, tra cui programmi per
fermare la affirmative action (la serie di azioni politico-sociali vòlte
all’inclusione di persone appartenenti a minoranze etniche e di genere), e
forti riduzioni della tassazione; secondo la stessa associazione, circa il 60%
dei provvedimenti riportarti nel Mandate viene adottato dall’amministrazione
Reagan[6]: la Heritage Foundation controlla le
azioni del presidente degli Stati Uniti.
Espugnare le
università si rivela più laborioso; secondo John K. Wilson[7], ancora a metà degli anni Ottanta i
conservatori non riescono a convincere il pubblico della crisi dell’educazione
superiore negli USA; bastano pochi anni, poche figure chiave, e pochi concetti
fondamentali per ribaltare la situazione.
L’idea
fondamentale per scardinare il potere liberal nelle università è convincere il
grande pubblico che un’ondata di political correctness mette i
bastoni fra le ruote a una libera istruzione, e tenta di mettere il bavaglio
alla libertà di parola. Nel 1987 Midge Decter, una giornalista membro della
Heritage Foundation, fonda la National Association of Scholars (ancora: nome
neutrale), per osteggiare cose come il multiculturalismo (leggi l’integrazione
delle minoranze nei campus) e l’adozione di codici di condotta per combattere
le molestie sessuali ai danni delle studentesse, e ovviamente il politicamente
corretto[8]. L’attacco procede su più fronti.
Nel 1987
Allan Bloom pubblica The Closing of American Mind; Bloom è un forte
teorizzatore di un complotto portato avanti dalle minoranze etniche e di genere
per dominare l’accademia, e nel libro lamenta la totale assenza di libertà di
espressione nei college americani.
Nel 1990
Roger Kimball pubblica Tenured Radicals: How Politics Has Corrupted our
Higher Education, in cui lamenta l’attacco al canone e ai classici, il
vittimismo delle minoranze, e il complotto della sinistra per conquistare
l’accademia; attacca inoltre i nuovi corsi sugli studi di genere e African
studies.
Nel 1991
Dinesh D’Souza pubblica Illiberal Education: The Politics of Race and
Sex on Campus, in cui descrive la desolante situazione della nuova vittima
nella vita universitaria: il maschio bianco conservatore; questo è il vero
oppresso. Secondo D’Souza, di recente tornato nel circuito dei dibattiti dopo
la pausa seguita agli umilianti confronti con Christopher Hitchens nei primi
anni Duemila, le politiche di ammissione delle minoranze stanno distruggendo il
campus, e anzi creano segregazione, ed è tutta colpa della “polizia del
pensiero” e del politicamente corretto. Dinesh D’Souza è di origini indiane: il
veicolo ideale per un messaggio del genere.
Allan Bloom
è finanziato dalla Olin Foundation, del miliardario John Olin, magnate della
produzione di armi.
La stessa
Olin Foundation, e in aggiunta L’American Enterprise Fellowship, garantiscono
ingenti somme a Dinesh D’Souza.
Roger
Kimball dirige un giornale conservatore (il New Criterion) su cui pubblica una
prima versione del suo libro; il giornale riceve finanziamenti dalle fondazioni
Olin, Scaife, e Bradley.
Ecco che ci
si è occupati dei problemi sociali. E per i fastidiosi ambientalisti?
Accettare le
evidenze scientifiche sulla crisi climatica antropica significa adozione di
contromisure, regolamentazioni, significa dispendio. Ecco allora che Patrick
Michaels, fino al 2019 membro anziano del Cato Institute nell’ambito degli
studi sull’ambiente, nel suo libro del 2005 Meltdown: The Predictable
Distortion of Global Warming by Scientists, Politicians, and the Media,
mette in guardia contro la junk science, la scienza corrotta dalla
politica (di sinistra) che vuole danneggiare il libero mercato.
L’amministrazione
G. W. Bush impiega diversi elementi affiliati a think tank conservatori, in
particolare Gale Norton, fellow del Property and Environmental
Research Center, prima donna creata Segretario degli Interni in Usa. Sotto
questa amministrazione, gli Stati Uniti non ratificano il Protocollo di Kyoto
del 1997.
In anni
molto più recenti, Tucker Carlson, noto alumnus del Cato
Institute, popolare conduttore di programmi di approfondimento politico sulla
rete Fox e gonfaloniere dell’ex presidente Trump, si fa spesso megafono di
posizioni sul cambiamento climatico assimilabili a questi gruppi.
P.J.
Jaques et al.[9] esaminano una bibliografia di 141
libri in lingua inglese identificati come portatori di tesi scettiche nei
confronti del cambiamento climatico pubblicati tra il 1972 e il 2005; di
questi, 130 (92%) sono direttamente collegabili a uno o più CTT. La ricerca si
estende anche fuori dal territorio USA, e sembra suggerire che lo scetticismo
in materia di ambiente sia aiutato grandemente da questo tipo di pubblicazioni.
Gli autori passano poi a esaminare 50 Conservative Think Tank, sia attraverso i
loro siti internet che le loro pubblicazioni. Trovano chiaro supporto a tesi
anti-ambientaliste in 45 di questi, il 90%.
Il successo
di una circolazione aggressiva di tali idee è chiaro se si osserva che anche
fonti meno specializzate se ne fanno megafono: ancora il 25 gennaio 2022,
durante un episodio del popolarissimo podcast del conduttore statunitense Joe
Rogan, lo psicologo (ora radiato) Jordan Peterson può ripetere alcuni dei punti
chiave dell’eco-scetticismo di matrice conservatrice: Peterson arriva a negare
la validità del concetto di clima, sostenendo che dire “clima” e “ambiente”
significa riferirsi a “tutto”, e quindi è come non dire niente[10].
La guerra
delle idee ha operato con successo il salto oceanico, e dagli Stati Uniti si è
diffusa con pochi ostacoli a tutto il mondo, e investe ambiti della cultura che
attaccano da più fronti. Sul territorio italiano opera il think tank Centro
Studi Politici Strategici Machiavelli, che ha rapporti con la Heritage
Foundation e l’International Republican Insitute[11]. Il Centro pubblica articoli come Gay,
ambientalista, pro-immigrazione: Superman è Zan coi superpoteri[12], e annovera
fra i membri Roberto Vannacci.
Lo scrittore
Daniele Rielli firma un contributo al volume Non si può più dire
niente? (UTET, 2022), in cui dipinge uno scenario apocalittico in cui
il “woke” sta distruggendo il nostro rapporto con la comicità, l’arte, e la
letteratura; il politicamente corretto, secondo l’autore, sta disgregando la
società fondata sulla ragione illuminista. Rielli cita proprio Jordan Peterson
come intellettuale ingiustamente ostracizzato. Peterson è noto per le sue
posizioni da determinismo biologico, che vogliono la donna dedita alla
procreazione. Nello stesso testo, Rielli dichiara che è insensato combattere
contro «un patriarcato ormai inesistente» (p.156).
Daniele
Rielli è candidato nella dozzina del Premio Strega 2023; è un autore
rispettato, e membro a pieno titolo dell’intellighenzia letteraria italiana.
Daniele Rielli non è al soldo di nessuno, eppure ripete tesi messe nero su
bianco da ideologi della destra estrema americana un cinquantennio fa. La
penetrazione nel discorso culturale di queste tesi è completa, la guerra delle
idee è vinta, i colonizzatori sono stabilmente nelle nostre istituzioni e nella
nostra letteratura.
È
impossibile qui fare una lista comprensiva di tutti gli infiniti rimandi e
contro-rimandi tra un’associazione e l’altra, descrivere come la presenza di
membri dei Conservative Think Tank infesta un numero preoccupante di
istituzioni ed enti. Idee che si danno per scontate non nascono in natura, ma
sono frutto di deliberata diffusione, e di una precisa volontà della destra
internazionale di proteggere uno status quo che sente minacciato.
Oggi la
macchina di propaganda è ancora in piena attività, se nei telefoni dei più
giovani vengono spinti contenuti che hanno una netta direzione, se Andrew Tate
è protagonista di montaggi cool e i podcast incel e alt-right fanno
numeri importanti.
Riconoscere
questa eterodirezione deve essere un passo fondamentale per decostruire la
rappresentazione della realtà dipinta ogni giorno da media, libri, dispositivi,
algoritmi, conferenze. Se è vero che queste persone non si nascondono, se è
vero che firmano memoir, articoli, conferenze, dichiarazioni d’intenti, è anche
vero che godono di un apparato di distrazione potentissimo, e la consapevolezza
del suo funzionamento deve essere una priorità.
[Ove non
indicato diversamente, la fonte è Jane Mayer, Dark Money, The Hidden
History of the Billionaires Behind the Rise of the Radical Right,
Doubleday, New York, 2016].
Bibliografia:
Jane Mayer, Dark Money, The Hidden History of the
Billionaires Behind the Rise of the Radical Right, Doubleday, New York,
2016.
https://www.libertarianism.org/publications/essays/business-community-resisting-regulation
Kim Phillips-Fein, Invisible hands, The
Businessmen’s Crusade Against The New Deal, W. W. Norton, 2010.
Lewis Powell, Attack on American Free enterprise
system, archiviato sul sito https://scholarlycommons.law.wlu.edu/powellmemo/
Lee Edwards, The Power of Ideas, The Heritage
Foundation at 25 Years, Jameson Books, Inc, Ottawa, IL, 1997.
John K. Wilson, The Myth of Political Correctness,
The conservative attack on higher education, Duke University Press, Durham
and London, 1995.
P.J. Jaques, R.E. Dunlap, M. Freeman, The
organisation of denial: Con-servative think tanks and environmental scepticism,
in Environmental Politics, vol. 17, issue 3, 2008.
Joe Rogan Experience Podcast Episode #1769, disponibile
online all’indirizzo https://jrelibrary.com/1769-jordan-peterson/
La minaccia cinese e come affrontarla. La tavola rotonda
con Dean Cheng, Centro Studi Machiavelli, https://www.centromachiavelli.com/en/2021/11/26/cina-minaccia-dean-cheng/#
https://www.centromachiavelli.com/2021/10/13/superman-gay-bisex/#
Note
[1] Ove non indicato diversamente, la fonte
è Jane Mayer, Dark Money, The Hidden History of the Billionaires Behind
the Rise of the Radical Right, Doubleday, New York, 2016.
[2] https://www.libertarianism.org/publications/essays/business-community-resisting-regulation
[3] https://kochdocs.org/2019/08/19/1996-structure-of-social-change-by-koch-industries-executive-vp-richard-fink/
[4] Cfr. Kim Phillips-Fein, Invisible
hands, The Businessmen’s Crusade Against The New Deal, W. W. Norton, 2010.
[5] Lewis Powell, Attack on
American Free enterprise system, archiviato sul sito https://scholarlycommons.law.wlu.edu/powellmemo/
[6] Lee Edwards, The Power of
Ideas, The Heritage Foundation at 25 Years, Jameson Books, Inc, Ottawa, IL,
1997. Edwards è Fellow della Heritage Foundation e storico del movimento
conservatore negli Stati Uniti.
[7] John K. Wilson, The Myth of
Political Correctness, The conservative attack on higher education, Duke
University Press, Durham and London, 1995.
[8] Ibid.
[9] P.J. Jaques, R.E. Dunlap, M.
Freeman, The organisation of denial: Con-servative think tanks and
environmental scepticism, in Environmental Politics, vol. 17,
issue 3, 2008.
[10] Joe Rogan
Experience Podcast Episode #1769, disponibile online all’indirizzo
https://jrelibrary.com/1769-jordan-peterson/.
[11] La
minaccia cinese e come affrontarla. La tavola rotonda con Dean Cheng, Centro
Studi Machiavelli, https://www.centromachiavelli.com/en/2021/11/26/cina-minaccia-dean-cheng/#
[12] https://www.centromachiavelli.com/2021/10/13/superman-gay-bisex/#
Giorgio Castriota Skanderbegh è nato a Foggia nel 1991. È
laureato in Lettere moderne e suoi racconti e articoli sono apparsi su la
nuova carne, Sulla quarta corda, SuperTrampsClub, Birò, Poetarum Silva e Nazione
Indiana.
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