Ancora sconvolti dalle
immagini di Notre-Dame in fiamme, ripetiamo con Victor Hugo: il tempo è cieco, l’ uomo è stupido.
Victor
Hugo
Notre-Dame de Paris
La chiesa di Notre-Dame di Parigi è
certamente ancora oggi un maestoso e sublime edificio. Ma, per quanto bella si
sia conservata col passare del tempo, è difficile non sospirare e non
indignarsi di fronte alla degradazione e alle innumerevoli mutilazioni che il
tempo e gli uomini alternativamente hanno inferto al venerabile monumento,
senza rispetto per Carlomagno che ne aveva posto la prima pietra, né per
Filippo Augusto che ne aveva posto l'ultima. Sul volto di questa vecchia regina
delle nostre cattedrali, accanto ad una ruga si trova sempre una cicatrice.
Tempus edax, homo edacior, espressione che tradurrei volentieri così: il tempo
è cieco, l'uomo è stupido. […]
Innanzitutto, per citare solo
qualche esempio capitale, esistono sicuramente poche pagine architettoniche più
belle di questa facciata sulla quale, successivamente e insieme, i tre portali
incavati ad ogiva, il cordone ricamato fiancheggiato dalle sue due finestre
laterali come il prete dal diacono e dal sottodiacono, l'alta e fragile loggia di
archi trilobati che sostiene una pesante piattaforma sulle sue sottili
colonnette, infine le due nere e massicce torricon le loro tettoie di ardesia,
parti armoniose di un magnifico insieme, sovrapposte in cinque giganteschi
piani, si sviluppano sotto lo sguardo, in gran numero ma ordinatamente, con i
loro multiformi particolari di statuaria, di scultura e di cesellatura,
potentemente armonizzati alla tranquilla grandezza dell'insieme; vasta sinfonia
di pietra, per così dire; opera colossale di un uomo e di un popolo, unica e al
tempo stesso complessa come l'Iliade e i Romanceros di cui è sorella; prodotto
prodigioso del contributo di tutte le energie di un'epoca, ove su ogni pietra
si vede impressa in cento modi diversi la fantasia dell'operaio disciplinata
dal genio dell'artista; sorta di creazione umana, in poche parole, potente e
feconda come la creazione divina a cui sembra aver strappato il suo duplice
carattere: la varietà e l'eternità. E quel che abbiamo detto della facciata,
dobbiamo dirlo dell'intera chiesa; e quello che diciamo della chiesa cattedrale
di Parigi, dobbiamo dirlo di tutte le chiese della cristianità medievale. Tutto
rientra in quest'arte derivata da se stessa, logica e ben proporzionata.[...]
È un edificio della transizione.
L'architetto sassone aveva appena eretto i primi pilastri della navata, quando
l'ogiva che arrivava dalla crociata è venuta a posarsi da conquistatrice su
quei larghi capitelli romanici che avrebbero dovuto sostenere solo archi a
tutto sesto. L'ogiva, padrona da quel momento, ha costruito il resto della
chiesa. Tuttavia, all'inizio inesperta e timida, essa si svasa, si allarga, si
contiene, e non osa ancora slanciarsi in guglie e pinnacoli come farà più tardi
in tante meravigliose cattedrali. Sembra risentire della vicinanza delle
pesanti colonne romaniche. D'altra parte, questi edifici della transizione dal
romanico al gotico non sono meno preziosi da studiare degli esemplari
architettonici puri. Esprimono una sfumatura dell'arte che senza di essi
andrebbe perduta.
È l'innesto dell'ogiva sull'arco a
tutto sesto. Notre-Dame di Parigi, in particolare, è un curioso esempio tipico
di questa varietà. Ogni faccia, ogni pietra del venerabile monumento è una
pagina non solo della storia del paese, ma anche della storia della scienza e
dell'arte. Quindi, per indicare qui soltanto i dettagli principali, mentre la
piccola Porte-Rouge raggiunge quasi i limiti delle delicatezze gotiche del
quindicesimo secolo, le colonne della navata, per il loro volume e la loro
imponenza, retrocedono fino all'abbazia carolingia di Saint-Germain-des-Prés.
Sembrerebbe ci fossero sei secoli di differenza fra quella porta e queste
colonne.
Persino gli ermetici trovano nei
simboli del portale maggiore un compendio soddisfacente della loro scienza, di
cui la chiesa di Saint-Jacques-de-la-Boucherie era un geroglifico così
completo. Pertanto, l'abbazia romanica, la chiesa filosofale, l'arte gotica,
l'arte sassone, la pesante colonna rotonda che richiama Gregorio VII, il
simbolismo ermetico con cui Nicolas Flamel preludeva a Lutero, l'unità papale,
lo scisma, Saint-Germain-des-Prés, Saint-Jacques-de-laBoucherie, tutto è fuso,
combinato, amalgamato in Notre-Dame. Questa chiesa centrale e generatrice è,
fra le vecchie chiese di Parigi, una specie di chimera; ha la testa di una, le
membra di un'altra, il dorso di un'altra ancora, qualcosa di tutte.
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La scala dei filosofi a Notre-Dame
Notre-Dame de Paris. Libro alchemico di pietra
La cattedrale di Parigi, come la
maggioranza delle basiliche metropolitane, è posta sotto l'invocazione della
benedetta Vergine Maria o Vergine-Madre. In Francia il popolino chiama queste
chiese le Notre-Dame.
In Sicilia, esse hanno un nome
ancora più espressivo, quello di Matrici. Si tratta, quindi, proprio di templi
dedicati alla Madre (lat. mater, matris), alla Matrone nel senso primitivo,
questo termine, per corruzione, è diventato poi Madone ( Si è preferito
lasciare il vocabolo francese per una migliore comprensione del passaggio tra
Matrone e Madone N.d.T.) (ital. madonna), mia Signora e, per estensione,
Notre-Dame.
Attraversiamo il cancello del
porticato ed iniziamo lo studio della facciata del gran portale, chiamato atrio
centrale o del Giudizio. Il pilastro di mezzo, che divide in due il vano
d'ingresso, ci offre una serie di rappresentazioni allegoriche delle scienze
medioevali.
Di fronte al Sagrato, — ed al posto
d'onore, — l'alchimia è raffigurata da una donna la cui fronte tocca le nubi.
Seduta in trono, ella ha nella mano sinistra uno scettro — segno di sovranità —
mentre con la destra tiene due libri, uno chiuso (esoterismo) e l'altro aperto
(essoterismo). Mantenuta tra le sue ginocchia e poggiata sul suo petto si eleva
la scala dai nove gradini, — scala philosophorum, — geroglifico della pazienza
che deve essere posseduta dai suoi fedeli nel corso delle nove successive
operazioni della fatica ermetica.
«La pazienza è la scala dei
Filosofi, ci dice Valois ( Oeuvres de Nicolas Grosparmy et Nicolas Valois. Mss.
Biblioteca dell'Arsenal n. 2516 (166 S.A.F.), p. 176), e l'umiltà è la porta
del loro giardino, perché a chiunque persevererà senza orgoglio e senza
invidia. Dio farà misericordia.»
Tale è il titolo del capitolo
filosofale di quel mutus Liber rappresentato dal tempio gotico; tale il
frontespizio di questa Bibbia occulta dai massicci fogli di pietra; questa
l'impronta, il sigillo della Grande Opera laica sul frontone stesso della
Grande Opera cristiana. Non poteva essere meglio situato se non sulla soglia
stessa dell'ingresso principale.
Così la cattedrale ci appare basata
sulla scienza alchemica, investigatrice delle trasformazioni della sostanza
originale, della Materia elementare (lat. 60 materea, radice mater, madre).
Perché la Vergine-Madre, spogliata del suo velo simbolico, non è altro che la
personificazione della sostanza primitiva, di cui si è servito, per realizzare
i suoi fini, il Principio creatore di tutto ciò che esiste
(Da: Fulcanelli, Il mistero delle
cattedrali, Edizioni Mediterranee, pag. 60)
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