27 marzo 2021

IL PINOCCHIO DI GIORGIO MANGANELLI

 


I classici, come si sa, sono tali proprio perchè si prestano sempre a molteplici letture. Manuela Busulla questa mattina mi ha invitato a rileggere PINOCCHIO con gli occhi di un grande critico: Giorgio Manganelli. (fv)

I mille volti di un burattino
Pinocchio nella geniale rilettura di Giorgio Manganelli.
Crudeltà e senso di solitudine tra simboli e metafore

Come su un pentagramma, note, accordi e variazioni compongono una sinfonia nuova. Dove nulla è stonato ma in perfetta armonia, tanto da creare una partitura inedita. Il testo di Giorgio Manganelli – Pinocchio: un libro parallelo (Adelphi) – si presenta proprio in questi termini, perché attenta e ricca di spunti è la rilettura del classico di Carlo Collodi. Che in queste pagine sembra animarsi in un’atmosfera singolare, talvolta solo minacciosa, spesso spaventevole. Le possibilità interpretative sono molteplici, si snodano su più livelli tant’è che «il libro si dilata, è tendenzialmente infinito», parola del giornalista e critico letterario milanese, autore di tale saggio.
A sorprendere è la tragicità della fiaba, quel velo di malinconia, la strisciante solitudine sottesa agli episodi vissuti dal burattino di legno. Poco importa che si metta in scena quanto accade nel Paese dei balocchi, sul Campo dei miracoli e nel ventre della balena. Pinocchio invita a riflettere sui rapporti non idilliaci tra padre e figlio, sulla lealtà e il tradimento, sulla dualità di personaggi il cui spessore metaforico rende la narrazione estremamente attuale. Ma non è ancora tutto, diversi e assai complessi i rimandi pedagogici o la crudeltà sottesa al racconto. Ne sono un esempio angeli e demoni, sogni e incubi, come il costante spauracchio della morte. Manganelli enfatizza proprio tali sfumature e allora risulta chiaro come quel legno «che vuole diventare e trasformarsi» sia il protagonista di una storia di capitolazioni e fughe. Eppure sorge spesso qualche fattore che complica la possibilità di sottrarsi a un destino difficile. Ne è un esempio quel fuoco che brucia i piedi di Pinocchio. Sul medesimo registro vanno lette le menomazioni corporali: il naso che si allunga per le bugie raccontate, le orecchie d’asino del protagonista e di Lucignolo.
Dolore, vergogna e disperazione sono gli ingredienti principali di un’epopea studiata come un crescendo, percorsa da simbolismi. Geppetto modella il suo tronco di legno in pieno inverno e poi veste il burattino con un abitino di carta. Pinocchio si misura con la fame, cade nella trappola del Gatto e della Volpe, s’imbatte nel Grillo Parlante. Tra le maschere del Gran Teatro trova dei fratelli, eppure nessuno di loro gli chiede di restare. E Manganelli punta i riflettori su questo rocambolesco giro di “sevizie”, di sottili cattiverie, di perfidie. La morte è una continua minaccia esterna: fiamme, lame di coltelli o nodo scorsoio non possono, tuttavia, nulla contro Pinocchio («nessuno se non lui poteva far morire quel suo legno “durissimo”»). La sua diversità, quel suo essere una marionetta lo difendono. In balia delle onde, lui galleggia. Non può strapparsi i capelli per la disperazione, perché li ha dipinti. Nonostante ciò un fato avverso si accanisce contro di lui. E nell’irrealtà desidera diventare un bambino normale, pertanto è come se volesse suicidarsi e rinascere in carne e ossa. Però questo ha un prezzo estremamente alto: è forse una palingenesi, ma di un’entità tale da fargli perdere quell’unicità, la libertà che, invece, può concedersi. Basti pensare alla città di Acchiappacitrulli, a svariati altri aneddoti. Resiste a ogni trasformazione e piuttosto cambiano i personaggi che gli sono attorno, si modificano interagendo con lui.
Tra angoscia, meraviglia, turbamento, il Pinocchio di Manganelli dimostra - in maniera magistrale - come tra le pagine di un libro si possano trovare diverse storie, parallelismi da rincorrere ed echi di voci lontane. In estrema sintesi s’arriva alla conclusione che crudeltà e amore sono le due facce di una stessa medaglia. Sia pure tra paradossi tali da sorprendere il lettore o enigmi pensati perché ci si interroghi sul senso della fiaba.

Manuela Busalla (2017)

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