08 marzo 2021

Peter Handke, Canto alla durata

 


Revivre, ressentir…, by Véronique Paquereau


E' da tanto che voglio scrivere qualcosa sulla durata,

non un saggio, non un testo teatrale, non una storia –

la durata induce alla poesia.

Voglio interrogarmi con un canto,

dire e affidare a un canto

cos’è la durata.


Quante volte ho avvertito la durata

nei primi segni di primavera alla Fontaine Sainte-Marie,

nel vento notturno della Porte d’Auteuil,

nel sole estivo del Carso,

nell’incamminarmi all’alba verso casa dopo un’intesa.


Quel senso di durata, cos'era?

Era un periodo di tempo?

Qualcosa di misurabile? Una certezza?

No, la durata era una sensazione,

la più fugace di tutte le sensazioni,

spesso più veloce di un attimo,

non prevedibile, non controllabile,

inafferrabile, non misurabile.

Eppure con il suo aiuto

avrei potuto affrontare sorridendo ogni avversario

e disarmarlo

e se mi considerava un uomo malvagio

l'avrei convinto a pensare:

"Egli è buono!"

e se esistesse un Dio

sarei stato la sua creatura

finché provavo quella sensazione della durata...


...e mi venne così di descrivere

la sensazione della durata

come il momento in cui ci si mette in ascolto,

il momento in cui ci si raccoglie in se stessi,

in cui ci si sente avvolgere,

il momento in cui ci si sente raggiungere

da cosa? Da un sole in più,

da un vento fresco,

da un delicato accordo senza suono

in cui tutte le dissonanze si compongono e si fondono

assieme.

Peter Handke, Canto alla durata




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