26 agosto 2022

AL LABORATORIO SOCIALE "MALA SPINA" di PALERMO si torna a parlare della RIVOLTA del SETTE e MEZZO

 


L A S T O R I A
Sono passati 156 anni da quei sanguinosi e gloriosi sette giorni e mezzo di rivolta, che andarono dal 15 al 22 settembre del 1866, passati alla Storia come “la rivolta del Sette e Mezzo”.
Una rivolta dei Siciliani - che avevano già scoperto che l’Unità d’Italia era, se possibile, ancor peggio della dominazione precedente - che a Palermo trovò il centro verso cui affluire dalle campagne e dalle borgate dei comuni vicini per rivendicare delle condizioni di vita diverse, per prendersele con la forza.
Con quell’annessione molti si erano illusi di poter finalmente avere la rivalsa sui baroni e sui ricchi proprietari terrieri che fino ad allora avevano dettato legge in Sicilia nei confronti delle classi più deboli e dei contadini; salvo, poi, comprendere che la pesantissima tassazione del nuovo governo piemontese, la repressione feroce, la soppressione delle corporazioni religiose costituivano il vero volto dell’agenda politica italiana.
Chi ha combattuto quella rivolta?
Renitenti di leva - in Sicilia erano quasi ventimila - ecclesiastici, espropriati, repubblicani, mazziniani, socialisti, autonomisti, impiegati borbonici cacciati dai loro posti di lavoro, contadini - che avevano creduto alle promesse di distribuzione delle terre da parte di Garibaldi per poi ricevere soltanto fucilate - e rappresentanti delle arti e dei mestieri, colpiti dalla soppressione delle corporazioni religiose.
La combatterono i palermitani - stanchi di attendere l’arrivo di un padrone più buono - che, in quei sette giorni e mezzo, dimostrarono che era possibile incrinare e spezzare quel vile meccanismo di sfruttamento che li affamava e uccideva. Che era giusto sognare un futuro diverso per sé e per la propria terra.
La repressione fu feroce: nel 23 settembre 1866, le strade di Palermo diventarono un vero e proprio lago di sangue. Eppure, per quanto i libri di storia non restituiscano né memoria né dignità a questo straordinario evento, per le strade della nostra città riecheggiano la forza e le parole di un’insurrezione coraggiosa scandita al grido di “Viva Santa Rosalia!”
Vogliamo ricordare quei gloriosi giorni di rivalsa, per celebrare questo importante pezzo della storia siciliana e per rinnovare insieme un sogno di rivoluzione che deve ancora trovare soddisfazione.
Ci vediamo, allora, dal 16 al 18 settembre al Laboratorio Sociale Malaspina per tre giorni di socialità e iniziative in ricordo della rivolta del Sette e Mezzo.
📌 I L PROGRAMMA
🔺 Venerdì 16, ore 20:00
Cena sociale benefit Laboratorio Sociale Malaspina
🔺 Sabato 17, ore 17:30
Presentazione del libro "Sette giorni d’insurrezione a Palermo. Avvenimenti del 1866"
con Santo Lombino, che ne ha curato l’introduzione
A seguire: musiche e danze popolari
🔺 Domenica 18, ore 17:30
“𝕷𝖊 𝖌𝖊𝖘𝖙𝖆 𝖉𝖎 𝕺𝖗𝖑𝖆𝖓𝖉𝖔 𝖊 𝕽𝖎𝖓𝖆𝖑𝖉𝖔 𝖕𝖊𝖗 𝖑’𝖆𝖒𝖔𝖗𝖊 𝖉𝖎 𝕬𝖓𝖌𝖊𝖑𝖎𝖈𝖆”
Spettacolo dell’opera dei pupi a cura del figlio d’arte Salvatore Oliveri e del cantastorie Salvatore Fundarò.
🔺 Durante i tre giorni sarà possibile prendere visione della Mostra visiva del Sette e Mezzo, che sarà istallata all’interno del Laboratorio Sociale Malaspina.
• Salvatore Oliveri discende dalla famiglia Canino di Trapani: prima c'era Liberto Canino, costruttore di "pianini", che diventa puparo incontrando per caso, nella Palermo dell'800, il napoletano Gaetano Greco; a sua volta, Liberto trasmetterà la grande passione per i pupi al figlio Gaspare, che potrà sempre contare sull'aiuto instancabile del nipotino Salvatore. Una vita di puparo e oprante, quella di Salvatore Oliveri - l'ultimo a portare avanti questa tradizione secolare nella provincia di Trapani.
•Salvatore Fundarò è figlio dell’Alcamo contadina, e in particolare della Contrada dei Miracoli. I nonni gli trasmettono la passione per il canto: prima, infatti, si cantava nei campi, nell’orto, e lo si faceva dall’alba fino a quando, al tramonto, non si smetteva di lavorare. Il ritmo scandiva il lavoro, leniva la fatica.
Quando Totò è un picciutteddu, i genitori gli regalano u zampuneddu, e lì comincia in prima persona la sua storia.
Totò è un cantastorie, e cunta. Il cunto non è un racconto; ha un ritmo ben preciso, quello del ditirambo - la metrica dei componimenti per il dio Dioniso.
Il canto, per lui, è memoria ed è rivendicazione di una vita nuovamente e finalmente nel rispetto della Terra, a contatto con la Natura.pani

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