DRAGHI A RIMINI
Grazie per la vostra accoglienza. Grazie per il calore di questo applauso. Mi chiedo se vado oltre la commozione. Questo vostro entusiasmo mi colpisce molto in profondo.
Parlerò
soprattutto ai giovani in questo momento.
Voi vivete la politica
come ideali da condividere, impegno sociale per la loro affermazione
e, soprattutto, la testimonianza di una vita coerente con questi
ideali.
Voi insieme riflettete, combattete, sperate,
costruite.
Ecco perché questo vostro entusiasmo oggi e questa
accoglienza mi colpiscono molto: voi siete la speranza della
politica.
Presidente
Scholz,
Direttore Forlani,
Signore Ministre,
Sindaco
Sadegholvaad,
Prefetto Forlenza,
Autorità tutte,
Signore
e signori,
È
un grande, grandissimo piacere essere qui a Rimini con voi in questo
‘Meeting’.
Voglio ringraziare naturalmente, soprattutto
il Presidente Scholz e il Direttore Forlani, per l’invito. Lei,
Presidente, ha ricordato il calore della vostra accoglienza due anni
fa qui a Rimini, e naturalmente lo ricordo anche io, e lo ricordavo
quando mi preparavo per questo intervento.
Eravamo in una
fase acuta e dolorosa della pandemia e qui però al Meeting si
provava già a riflettere su come ricostruire la nostra società, la
nostra economia dopo quel terribile trauma.
Nel mio intervento
provai a disegnare una politica economica adatta a un momento così
duro.
Parlai dell’assoluta necessità di sostenere le famiglie,
le imprese, in un periodo di recessione profonda, e dissi di tornare
a una crescita sostenibile e condivisa.
Parlai della distinzione
tra “debito buono” e “debito cattivo”, ovvero tra la spesa
che permette a un’economia di rafforzarsi e quella per interventi
che non fanno crescere né la produzione né l’equità sociale;
dell’importanza di sostenere i più deboli e i più giovani.
Queste
idee hanno ispirato l’azione del governo di unità nazionale che il
Presidente della Repubblica mi ha poi chiesto di guidare, qualche
mese dopo, per rispondere alle crisi che stavamo
attraversando.
Adesso come allora, il Meeting è un’occasione
unica per guardare avanti, con immaginazione e anche con
pragmatismo.
Per ragionare sul Paese che siamo, su quello che
vogliamo diventare.
Anche
oggi ci troviamo in un momento estremamente complesso, per l’Italia
e per l’Europa.
Il quadro geopolitico è in rapida
trasformazione, con il ritorno della guerra sul nostro continente, le
tensioni nello stretto di Taiwan.
La congiuntura economica è
segnata da profonda incertezza:
il notevole aumento del tasso
d’inflazione è partito dal costo dell’energia, si è trasmesso
ai beni alimentari, e oggi pesa in modo molto gravoso sui bilanci
delle famiglie e delle imprese;
il rallentamento della crescita
globale si ripercuote negativamente sulle esportazioni;
le
condizioni di accesso al credito cominciano a peggiorare, questo avrà
sicuramente effetti sugli investimenti.
I
cambiamenti climatici si manifestano in modo minaccioso e richiedono
una risposta decisa e urgente.
Fenomeni meteorologici estremi sono
sempre più comuni, con conseguenze spesso tragiche.
Penso
al dramma della siccità, che ha colpito in particolare il bacino del
Po; allo scioglimento dei ghiacciai come quello della Marmolada; ai
violenti nubifragi.
Queste
crisi – geopolitiche, economiche, ambientali – hanno origini che
sono spesso fuori dai confini del nostro Paese.
Ma spetta a chi ha
responsabilità di governo dire la verità e, allo stesso tempo,
rassicurare i cittadini con risposte chiare e concrete.
Le sfide
sono molte, e di non facile soluzione: come continuare a
diversificare gli approvvigionamenti energetici e calmierare le
bollette per famiglie e imprese; come accelerare sulla strada delle
energie rinnovabili per combattere il cambiamento climatico; come
mantenere il giusto impulso nelle riforme e negli investimenti, per
preservare la crescita, la stabilità dei conti pubblici, l’equità;
come continuare ad assicurare all’Italia un ruolo da protagonista
nel mondo, all’interno dell’Unione Europea e del legame
transatlantico.
Queste questioni, nel loro insieme, presentano un
passaggio storico drammatico, che deve essere affrontato con
profondità di analisi e coraggio di azione.
Le decisioni che
prendiamo oggi sono destinate a segnare a lungo il futuro
dell’Italia.
Nel febbraio dello scorso anno, quando è iniziata
l’esperienza dell’esecutivo, eravamo in un contesto diverso da
quello attuale, ma altrettanto difficile.
La pandemia sembrava
essere fuori controllo e - come avevamo osservato proprio qui al
Meeting - generava in noi un’incertezza paralizzante.
L’occupazione
delle terapie intensive era a un livello critico, mentre le
vaccinazioni progredivano lentamente, tra difficoltà di
approvvigionamento e di distribuzione.
Il bollettino di deceduti e
malati di Covid-19 restituiva ogni giorno un quadro tragico.
Le
scuole erano spesso chiuse e la didattica a distanza non riusciva a
rappresentare un’alternativa valida ed equa all’insegnamento in
presenza.
L’economia faceva fatica a uscire dalla più grave
contrazione dal dopoguerra, con imprese e lavoratori che soffrivano
per le conseguenze delle pur necessarie misure di contenimento
dell’epidemia, per il crollo dell’attività.
In Italia e
all’estero c’era scetticismo rispetto alla nostra capacità di
presentare e iniziare ad attuare un Piano valido per riformare la
nostra economia e spendere bene i fondi che ci erano stati assegnati
con il Next Generation EU.
Sembravamo avviati verso una ripresa
lenta e incerta.
A
diciotto mesi di distanza, possiamo dire che non è andata così.
Gli
italiani hanno reagito con coraggio e concretezza, come spesso hanno
fatto nei momenti più difficili, e hanno riscritto una storia che
sembrava già decisa.
Insieme, abbiamo dimostrato ancora una volta
che l’Italia è un grande Paese, che ha tutto quello che serve per
superare le difficoltà che la storia ci mette di nuovo davanti.
Il
governo ha fatto del proprio meglio:
per rispondere con prontezza
alle esigenze degli italiani;
per compiere tutte le scelte
necessarie con indipendenza di giudizio;
per mantenere alta la
credibilità di fronte ai cittadini e ai partner internazionali;
e
per cercare sempre l’unità di intenti, il dialogo, la coesione
sociale.
Questo è stato il nostro metodo di lavoro.
Tra
poche settimane gli italiani sceglieranno la composizione del nuovo
Parlamento, che darà la fiducia a un nuovo governo, sulla base di un
nuovo programma.
A questo proposito: invito tutti ad andare a
votare.
Voglio ringraziare tutti i ministri, tecnici e
politici, per la dedizione e le competenze che hanno messo al
servizio dell’Italia.
Nei mesi che abbiamo avuto a disposizione,
abbiamo gestito le emergenze che si sono presentate e cominciato a
disegnare un Paese più forte, equo, moderno.
Molto però resta da
fare, in un contesto che, come ho accennato, è ostico e non consente
soste.
Guidare l’Italia è un onore per cui sono grato al
Presidente Mattarella, al Parlamento, alle forze politiche che ci
hanno sostenuto, a tutti gli italiani che come voi mi hanno
accompagnato con il loro affetto.
Mi auguro che chiunque
avrà il privilegio di farlo, di guidare il Paese, saprà preservare
lo spirito repubblicano che ha animato dall’inizio il nostro
esecutivo.
Sono convinto che il prossimo governo, qualunque sia il
suo colore politico, riuscirà a superare quelle difficoltà che oggi
appaiono insormontabili – come le abbiamo superate noi l’anno
scorso.
L’Italia ce la farà, anche questa volta.
Soprattutto
nei momenti di crisi, l’azione di governo dev’essere rapida,
convinta.
Mancano pochi giorni all’inizio dell’anno scolastico
e voglio ricordare come la riapertura delle scuole sia stato uno dei
nostri principali obiettivi sin dall’inizio della campagna
vaccinale.
Avremmo potuto aspettare il superamento di una
soglia di vaccinazione più alta nella popolazione, l’eliminazione
di tutte le restrizioni delle attività commerciali prima di riaprire
le scuole.
Ma non sarebbe stato giusto, soprattutto nei confronti
dei giovani che avevano dovuto rinunciare a lungo alla didattica in
presenza.
Abbiamo scelto di riaprire appena è stato possibile.
Lo
abbiamo fatto consci del ‘rischio calcolato’ a cui andavamo
incontro, nonostante le molte voci scettiche che ci davano degli
irresponsabili.
Il risultato ci ha premiati: gli studenti sono
tornati tra i banchi, le scuole sono restate aperte, la pandemia e la
pressione sugli ospedali sono rimaste sotto controllo.
Il governo
aveva semplicemente valutato correttamente l’impatto delle
vaccinazioni. Ma ha poi scelto nel suo insieme con coraggio e senso
di responsabilità.
Anche
la crisi energetica dovuta all’invasione russa dell’Ucraina ha
richiesto rapidità d’azione.
In pochi mesi, abbiamo ridotto in
modo significativo le importazioni di gas dalla Russia, un cambio
radicale nella politica energetica italiana.
Abbiamo stretto nuovi
accordi per aumentare le forniture – dall’Algeria
all’Azerbaigian.
Gli effetti sono stati immediati: l’anno
scorso, circa il 40% delle nostre importazioni di gas è venuto dalla
Russia.
Oggi, in media, è circa la metà.
Abbiamo
accelerato lo sviluppo delle rinnovabili – essenziali per ridurre
la nostra vulnerabilità energetica, per abbattere le emissioni.
Nei
soli primi otto mesi di quest’anno ci sono state richieste di nuovi
allacciamenti ad impianti di energia rinnovabile per una potenza pari
a quasi quattro volte quella istallata complessivamente nel 2020 e
nel 2021.
La nostra agenda di diversificazione dal gas russo è
stata fondamentale per dare a cittadini e imprese maggiore certezza
circa la stabilità delle forniture.
Se sarà realizzata nei tempi
previsti l’istallazione di due nuovi rigassificatori, l’Italia
sarà in grado di diventare completamente indipendente dal gas russo
a partire dall’autunno del 2024.
È un obiettivo fondamentale
per la sicurezza nazionale, perché la Russia non ha esitato a usare
il gas come arma geopolitica contro l’Ucraina e i suoi alleati
europei.
Si parla molto di sovranità, ma dipendere, come è
accaduto in passato, per quasi metà delle proprie forniture di gas
da un Paese che non ha mai smesso di inseguire il suo passato
imperiale è l’esatto contrario della sovranità.
Non deve
accadere mai più.
I
risultati dei nostri sforzi sono già visibili.
A differenza di
altri Paesi europei, le forniture di gas russo in Italia sono sempre
meno significative, e una loro eventuale interruzione avrebbe un
impatto minore di quanto avrebbe avuto in passato.
Il livello di
riempimento degli stoccaggi ha ormai toccato l’80%, in linea con
l’obiettivo di raggiungere il 90% entro ottobre.
Il governo ha
predisposto i necessari piani di risparmio del gas, con intensità
crescente a seconda della quantità di gas che potrebbe venire
eventualmente mancare. Ma avete sentito il ministro Cingolani e cosa
preveda per quanto riguarda il risparmio energetico.
Il
mantenimento dei volumi delle forniture di gas non impedisce però
l’aumento dei costi, che hanno raggiunto livelli insostenibili.
Il
prezzo del gas sul mercato di riferimento è da diversi giorni
largamente sopra i 200 euro per MWh, con picchi poco sotto i 300 euro
- più di dieci volte il valore storico.
Il governo italiano ha
spinto molto a livello europeo per avere un tetto massimo al prezzo
del gas russo che importiamo.
Alcuni Paesi continuano a opporsi a
questa idea, perché temono che Mosca possa interrompere le
forniture. Però i frequenti blocchi nelle forniture di gas russo
avvenuti quest’estate hanno dimostrato i limiti di questa
posizione.
Oggi l’Europa, e soprattutto questi Paesi più
di noi, si trova con forniture incerte di gas russo e anche prezzi
esorbitanti.
La Commissione è al lavoro su una proposta per
introdurre un tetto al prezzo del gas, che sarà presentata al
prossimo Consiglio Europeo. Non so quale esito avrà perché – come
dico. le posizioni sono molto diverse. Ma la Commissione presenterà
anche una riflessione su come slegare il costo dell’energia
elettrica dal costo del gas.
Questo legame che c’è tra il costo
dell’energia elettrica prodotta con le rinnovabili, e quindi acqua,
sole, vento, e il prezzo massimo del gas ogni giorno è un legame che
non ha più senso. I produttori di energia rinnovabili in un mondo
dominato dalla produzione di gas potevano aver bisogno di essere
sussidiati e lo sono stati, e lo sono molto anche oggi. Ma oggi non
ha più senso che il prezzo dell’energia elettrica sia legato al
prezzo massimo del gas e i produttori di energia rinnovabili sono
quelli che oggi hanno conseguito i profitti più alti.
Comunque,
qualunque sia la nostra idea sul futuro noi avremo questa discussione
al Consiglio Europeo e su questa riflessione della Commissione
immagino ci sia molto più accordo e molto più sostegno da parte di
tutti i paesi.
Detto questo, in questa fase del ciclo
economico, però, era giusto dare e non prendere, e così abbiamo
fatto. Il governo non ha mai aumentato le tasse – con la sola
eccezione delle tasse sugli extraprofitti delle imprese del settore
energetico.
Queste aziende, come dicevo ora per i produttori di
rinnovabili e per altri comparti, hanno registrato utili senza
precedenti solo a causa dell’aumento dei prezzi dei combustibili
fossili – un aumento che, allo stesso tempo, penalizza la
maggioranza di cittadini e le imprese.
È stato giusto chiedere
alle imprese del settore energetico di contribuire di più – ed è
essenziale che lo facciano, invece di rimandare o addirittura evitare
di pagare quanto gli viene chiesto.
Per le altre aziende e per i
cittadini, il governo ha iniziato un percorso di riduzione delle
tasse, per quanto compatibile con l’equilibrio di bilancio e con il
tempo che ci è stato dato.
Mi riferisco all’abbattimento
dell’IVA sulle bollette, alla revisione dell’IRPEF, alla
riduzione del cuneo fiscale. L’obiettivo è stato quello di
iniziare a rendere il fisco più leggero, e allo stesso tempo più
equo.
Eliminare ingiustizie e opacità non vuol dire aumentare le
tasse.
Questo è lo scopo della riforma del catasto: aumentare la
trasparenza sui valori delle abitazioni, far emergere le cosiddette
“case fantasma”, su cui i proprietari non pagano nulla o meno di
quanto dovuto.
Abbiamo avviato la riforma della riscossione e ci
siamo impegnati perché non ci fossero nuovi condoni prima del suo
completamento.
L’evasione fiscale non deve essere né tollerata
né incoraggiata. Quest’agenda di politica economica ha avuto
chiaramente un impatto positivo sulla crescita. Il prodotto interno
lordo è aumentato del 6,6% lo scorso anno e la crescita acquisita
per quest’anno è già del 3,4%. Siamo tornati ai livelli di PIL
che registravamo prima della pandemia in anticipo rispetto alle stime
della Commissione Europea.
Secondo il Fondo Monetario
Internazionale cresceremo più di Francia, Germania e della zona euro
nel suo complesso. Anche il tasso di occupazione è cresciuto e ha
toccato i livelli più alti dal 1977, che è l’inizio delle serie
storiche. A giugno di quest’anno c’erano 900mila occupati in più
rispetto a febbraio del 2021 di cui quasi il 40% con contratti a
tempo indeterminato.
Il mercato del lavoro italiano continua però
a essere caratterizzato da stipendi bassi e precarietà diffusa,
soprattutto tra i giovani. La pandemia e il ritorno dell’inflazione
hanno colpito in modo particolarmente severo i più deboli.
Tuttavia,
l’aumento dei posti di lavoro, il taglio delle tasse per le
famiglie, le corpose misure di sostegno hanno permesso di frenare
l’aumento delle diseguaglianze.
Il governo si è mosso in modo
particolare per sostenere le famiglie.
Con
la riforma dell’IRPEF e l’assegno unico per i figli abbiamo
stanziato a regime quasi 14 miliardi in più per le famiglie,
riorganizzato e semplificato i benefici fiscali.
Abbiamo aumentato
la durata del congedo parentale, esteso il diritto all’indennità
di maternità a nuove categorie di lavoratrici, riformato
l’assistenza ai non autosufficienti.
Abbiamo consentito a decine
di migliaia di giovani con meno di 36 anni di acquistare una casa con
tasse ridotte e mutui garantiti dallo stato.
Nella seconda metà
dello scorso anno, le richieste di mutuo degli under-36 sono
cresciute del 54% rispetto a un anno prima.
Questa è stata la
nostra agenda sociale: crescita, occupazione, dare agli anziani
dignità nella vecchiaia, ai giovani fiducia e mezzi per raggiungere
i propri obiettivi.
Quest’anno,
aiuti e sostegni a famiglie e imprese non hanno avuto bisogno di
alcuno scostamento di bilancio.
Abbiamo confermato i nostri
obiettivi di indebitamento.
Il debito pubblico in rapporto al
prodotto interno lordo è sceso di 4,5 punti percentuali nel 2021 e
il governo prevede continui a calare anche quest’anno di altri 3,8
punti percentuali.
Il rapporto debito/PIL resta a livelli molto
alti, ma se queste previsioni dovessero confermarsi, si tratterebbe
del maggior calo in termini assoluti in un biennio a partire dal
dopoguerra.
Il miglioramento dei conti pubblici non dipende
soltanto dalla presenza di una fase economica espansiva.
Mai negli
ultimi venti anni in Italia l’uscita da una recessione era stata
accompagnata da una riduzione significativa nel rapporto
debito/PIL.
E se è vero che l’inflazione contribuisce alla
riduzione del rapporto debito/PIL, non è sufficiente a spiegarla,
poiché anche i confronti tra l’Italia e gli altri Paesi europei ci
sono favorevoli.
Si prevede che il rapporto tra debito e PIL in
Francia e Germania alla fine di quest’anno sarà prossimo al
livello del 2020, a fronte invece del forte calo in
Italia.
L’economia internazionale è ora in forte peggioramento
e questo peggioramento ha iniziato a colpire il nostro Paese.
La
politica economica che abbiamo seguito in questi mesi ci mette però
su basi solide, e mostra un possibile percorso da seguire.
Crescita
economica, giustizia sociale, sostenibilità dei conti pubblici sono
pienamente compatibili fra loro, e possono rafforzarsi a vicenda.
La
credibilità dell’azione di ogni governo sta anche nella risposta
che riceve dai cittadini.
Penso alla campagna vaccinale, uno
sforzo logistico imponente per cui ringrazio ancora una volta il
personale sanitario, l’esercito, la Protezione Civile, i
volontari.
Ci siamo posti obbiettivi ambiziosi e abbiamo dato
priorità ai più anziani e ai fragili, secondo il principio della
vulnerabilità – l’unico eticamente corretto.
Davanti alla
serietà delle istituzioni, gli italiani hanno reagito con senso di
responsabilità e spirito civico davvero eccezionali.
In soli sei
mesi, tra febbraio e agosto 2021, 38 milioni di persone hanno
ricevuto la prima dose.
Ricordo con piacere le parole di elogio
verso il nostro Paese del Cancelliere tedesco Olaf Scholz durante la
sua prima visita a Roma.
La
credibilità interna deve andare di pari passo con la credibilità
internazionale.
Questa è fondamentale perché l’Italia abbia un
peso in Europa e nel mondo coerente con la sua storia, con le
aspettative dei suoi cittadini.
L’Italia è un Paese fondatore
dell’Unione Europea, protagonista del G7 e della NATO.
Il
nostro debito pubblico – tra i più alti del mondo – è detenuto
per oltre il 25% da investitori esteri.
Migliaia di aziende
straniere si riforniscono dalle nostre imprese, fanno i loro ordini o
impiegano i loro capitali in Italia e contribuiscono alla crescita,
all’occupazione, al bilancio pubblico.
È per questi motivi che
protezionismo e isolazionismo non coincidono con il nostro interesse
nazionale.
Dalle illusioni autarchiche del secolo scorso alle
pulsioni sovraniste che recentemente spingevano a lasciare l’euro,
l’Italia non è mai stata forte quando ha deciso di fare da sola.
Il
posto dell’Italia è al centro dell’Unione Europea e ancorato al
Patto Atlantico, ai valori di democrazia, libertà, progresso sociale
e civile che sono nella storia della nostra Repubblica.
È con
questa visione che i nostri padri, i nonni hanno ricostruito l’Italia
e reso la sua economia una delle più dinamiche del mondo, con uno
degli stati sociali più generosi.
È grazie alla nostra
appartenenza al mercato unico che siamo riusciti a costruire su
queste basi un’economia con forti tutele per lavoratori e
consumatori.
Ed è grazie alla partecipazione dell’Italia
da Paese fondatore se l’Europa è diventata un’Unione di pace e
di progresso.
L’Italia ha bisogno di un’Europa forte tanto
quanto l’Europa ha bisogno di un’Italia forte.
In
questi mesi non abbiamo mai rinunciato alle nostre proposte – dal
miglioramento degli approvvigionamenti di vaccini, al tetto al prezzo
del gas importato dalla Russia, all’allargamento dell’Unione
Europea all’Ucraina.
Lo scorso dicembre, insieme al Presidente
della Repubblica francese, Emmanuel Macron, abbiamo descritto i
principi che secondo noi dovrebbero essere alla base delle nuove
regole europee di bilancio.
Quelle attuali sono poco credibili,
poco trasparenti e non permettono di utilizzare la politica di
bilancio in modo efficace durante una recessione.
Inoltre, non è
chiaro come le ambizioni dell’Unione Europea in termini di politica
industriale, transizione ecologica, difesa comune possano essere
compatibili con queste regole.
Non è chiaro come, con esse, si
possa costruire una “sovranità europea”, un obiettivo oggi
particolarmente importante alla luce delle condizioni geopolitiche in
Europa.
Il governo italiano ha spiegato le proprie posizioni,
cercato alleanze, provato a guidare l’Unione verso risultati che
sarebbero nell’interesse di tutti.
Sulle regole di bilancio,
guarderemo con grande interesse alla proposta della Commissione
Europea e ci auguriamo possa essere un buon compromesso tra le varie
posizioni in campo.
L’Italia sa essere un Paese autorevole ed è
con l’autorevolezza che viene il rispetto degli altri.
Il
Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza è una prova essenziale della
nostra credibilità.
I nostri partner europei si sono impegnati a
tassare in futuro i propri cittadini per permettere oggi all’Italia
di riprendersi più velocemente dalla crisi pandemica, di
modernizzare la sua struttura produttiva.
La maggioranza degli
italiani si aspetta da tempo riforme e investimenti che rendano
l’economia più efficiente, equa, sostenibile, che mettano al
centro del Paese il Sud, i giovani, le donne.
Questo spirito anima
e ha animato le politiche che abbiamo messo in campo – dalla
concorrenza, alla corposa agenda di semplificazioni, alla
giustizia.
Questo spirito guida gli investimenti che abbiamo
avviato, dagli asili nido, alle ferrovie, al miglioramento della rete
idrica.
L’erogazione dei finanziamenti del PNRR – pari a 191,5
miliardi di euro – dipende dalla valutazione che la Commissione
Europea fa del Piano e della sua attuazione.
Dipende, quindi,
dalla nostra capacità di realizzare le politiche innovative che
abbiamo ideato nei tempi stabiliti – come abbiamo fatto
sinora.
Abbiamo conseguito tutti gli obiettivi previsti dalle
prime due scadenze del piano, e siamo al lavoro per raggiungerne il
più alto numero possibile prima del cambio di governo.
L’invasione
russa dell’Ucraina ha trovato un’Italia che ha definito con
chiarezza la propria posizione: al fianco del popolo ucraino, del suo
diritto a difendersi e decidere del proprio destino.
È una
posizione che abbiamo concordato con gli altri membri dell’Unione
Europea e i nostri alleati.
È una posizione che è stata
sostenuta con convinzione dal Parlamento – sia dalla maggioranza
sia dal principale partito di opposizione.
Ed è una
posizione che ha incrociato il grande senso di solidarietà degli
italiani, con la loro commovente accoglienza dei profughi nelle case,
nelle scuole, nelle parrocchie.
Voglio ancora una volta
ringraziare le famiglie, il terzo settore, gli insegnanti, per questo
sforzo collettivo di generosità e di organizzazione.
L’Ucraina
è un Paese libero, sovrano, democratico, che è stato brutalmente
attaccato dalla Russia.
Non possiamo dirci europei se non
siamo pronti a difendere la dignità dell’Ucraina e dell’Europa.
Allo
stesso tempo, dobbiamo essere pronti a cogliere le opportunità per
raggiungere una pace che sia duratura e sostenibile.
Non c’è
alcuna contraddizione tra la ricerca della pace, il sostegno
all’Ucraina, l’attuazione di sanzioni efficaci contro la
Russia.
L’Italia si è impegnata da subito perché si
arrivasse allo sblocco di milioni di tonnellate di cereali bloccate
nei porti del Mar Nero.
Questo successo diplomatico – merito
della mediazione della Turchia e delle Nazioni Unite – limita il
rischio di una catastrofe alimentare in molti dei Paesi più poveri
del mondo.
Può inoltre costituire una prima opportunità di
dialogo tra le parti. E speravo fino a ieri che la decisione di
permettere l’accesso della centrale nucleare di Zaporizhzhia a
ispettori dell’Onu fosse un altro di questi segni.
Purtroppo
stanotte missili russi hanno bombardato la zona intorno alla centrale
e quindi non posso che associarmi alle parole del Santo Padre perché
si eviti un disastro nucleare.
In ogni caso, in questa ricerca
della pace è essenziale che le promesse siano sincere, che siano
seguite da azioni concrete e che, soprattutto, sia l’Ucraina a
decidere quali termini di pace siano accettabili.
La
nostra credibilità – interna ed esterna – ha molto beneficiato
della coesione che tutti abbiamo saputo mostrare di fronte alle
avversità.
Questa coesione è stata in parte il prodotto
dell’unità nazionale, che ha visto – almeno per un po’ - i
partiti mettere da parte le proprie differenze per trovare punti
d’incontro nell’interesse degli italiani.
Terminata
l’esperienza dell’unità nazionale, questa coesione avrà
naturalmente una declinazione diversa.
Il dialogo fra le forze
politiche è necessario anche nel confronto e nello scontro tra
posizioni diverse:
la coesione si dovrà ritrovare nel
sentire comune di tutti i protagonisti, nel loro senso di
appartenenza agli stessi ideali propri della nostra Repubblica e
della nostra Unione Europea.
Ma questa coesione è stata anche il
prodotto di un’interazione costante con tutte le forze sociali e le
istituzioni impegnate nella vita del Paese.
Nelle parole di Vaclav
Havel, “libertà e democrazia richiedono partecipazione e pertanto
responsabilità da tutti noi”.
Il confronto con i sindacati e le
parti sociali è stato particolarmente importante, perché buone
relazioni industriali sono fondamentali per la crescita sociale ed
economica del Paese.
Il governo lo ha cercato con costanza e
convinzione – dalla gestione della pandemia, all’impegno contro
le morti sul lavoro, alla stesura dei provvedimenti contro il
carovita.
Altrettanto essenziale è stata la collaborazione con
gli enti territoriali, che hanno avuto e continueranno ad avere un
ruolo centrale nell’attuazione del PNRR.
In particolare, vorrei
ringraziare i sindaci per l’impegno paziente e fattivo a favore
delle loro comunità, che ho auto modo di apprezzare all’assemblea
dell’ANCI lo scorso novembre a Parma.
Voglio poi ricordare il
ruolo del Terzo Settore che, come ha detto qui il Cardinale Matteo
Zuppi “è un interlocutore importante e decisivo per le istituzioni
presenti e future”.
Infine, la capacità dell’Italia di
reagire di fronte alle crisi si deve anche all’impegno delle
associazioni e dei volontari, che ogni giorno prestano aiuto ai più
deboli, rafforzano lo spirito di comunità.
Molte
volte mi è stato chiesto di descrivere la mia “agenda” che -
nelle intenzioni di chi vuole che si descriva – dovrebbe essere un
insieme di proposte da lasciare al prossimo governo.
Ma
io credo che saranno gli italiani, con il loro voto, a scegliere i
loro rappresentanti per la prossima legislatura e quindi il programma
del futuro esecutivo.
Io
posso solo fare – come fatto con voi oggi - una sintesi dei
principi e del metodo che hanno guidato l’azione del nostro governo
e dei risultati che ne sono conseguiti.
Ora
vi guardo e vedo una platea formata prevalentemente di giovani: è
sempre vero, ma in questa occasione in particolare la parola deve
essere di verità, ma anche di speranza.
Non
bisogna tacere le difficoltà che abbiamo di fronte, ma non è onesto
descriverle come delle calamità che ci vedono inerti.
No.
Con le vostre energie, con la vostra serietà, con il vostro amore
per la vita e per l’Italia, voi, noi tutti, supereremo questi
ostacoli, vinceremo queste sfide.
La
fiducia nel futuro si fonda su questa consapevolezza e sarà la
nostra forza.
Grazie.
MARIO DRAGHI RIMINI 24 AGOSTO 2022
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