Fortini-Enzensberger, il carteggio
Esistono, esisteranno ancora, carteggi nel XXI secolo, carteggi elettronici a cui ci si rivolgerà curiosi ed esigenti, convinti che qualcosa di un autore importante sia scivolato fuori dai margini dell’opera edita, e che possa perciò aiutarci ad ampliare la visione che abbiamo del suo lavoro letterario e intellettuale? È quanto in ogni caso continuiamo a fare per il Novecento, dove anche scambi occasionali, circoscritti nel tempo, ci promettono se non scoperte, almeno conferme e comunque chiavi di lettura ulteriori. In quest’ottica possiamo ora leggere Così anche noi in un’eco, ossia il carteggio tra i due poeti e intellettuali Franco Fortini e Hans Magnus Enzensberger, svoltosi tra il 1961 e il 1968. Il libro esce per Quodlibet, nella collana dedicata all’Archivio Franco Fortini, a cura della giovane e brillante studiosa Matilde Manara. Il materiale non è corposo; si tratta di quattordici lettere di Enzensberger e cinque sole di Fortini, ma l’apparato documentario nel suo insieme è rigoroso e ricco. Oltre allo scambio epistolare occasionato da un lavoro di reciproca traduzione, il volume comprende anche due testi apparsi in rivista, in cui ognuno dei due poeti commenta la poesia dell’altro, un articolo di uno studioso tedesco di Brecht, che critica un precedente articolo di Fortini apparso in Germania, la replica epistolare di quest’ultimo, e infine alcune poesie di Enzensberger nella versione di Fortini. Fondamentale è poi il saggio introduttivo di Matilde Manara, che si concentra sul ruolo della traduzione nell’opera di Fortini e in una più generale strategia di politica culturale condivisa, all’epoca, con Enzensberger e altri scrittori europei. Quando i due poeti iniziano il lavoro di traduzione, sostenuto da un duplice progetto editoriale – Suhrkamp per la Germania e Feltrinelli per l’Italia –, sono entrambi coinvolti nella creazione di “Gulliver”, una rivista con una vera redazione europea, in grado di esplorare la letteratura contemporanea al di là dei confini nazionali, dando anche spazio a interventi di Kulturkritik. Alla fine, nonostante l’impegno di Maurice Blanchot (primo ideatore), di Vittorini, Calvino e Leonetti, degli esponenti del tedesco Gruppo 47, “Gulliver” non vedrà mai la luce, ma l’esigenza di abbracciare una visuale internazionale continuerà ad accompagnare Fortini e Enzensberger sia sul terreno della poesia che della saggistica. Si trovano tutt’e due di fronte a un crinale – per utilizzare un’immagine cara al critico Luca Lenzini – situato tra il 1956 (l’esito dell’insurrezione ungherese) e l’inizio degli anni Sessanta, con l’insorgenza dell’industria culturale di massa. Nonostante la differenza di età (Fortini è più vecchio di dodici anni) e di scelte poetiche (Enzensberger è più vicino alle avanguardie europee), li accomuna la pratica del saggio non specialistico, con intenti di decifrazione critica della contemporaneità. Nel 1962, esce in Germania la raccolta di saggi di Enzensberger, poi tradotti per Feltrinelli nel 1965 col titolo Questioni di dettaglio. Poesia, politica e industria della coscienza (ripubblicati nel 1998 da e/o); nel 1965, Fortini pubblica per il Saggiatore Verifica dei poteri. In questo contesto di riconsiderazione radicale del ruolo dell’intellettuale e del poeta, si svolge il carteggio, in gran parte incentrato sulle difficoltà specifiche o più generali della traduzione. Il nodo maggiore è Fortini a individuarlo con la sua solita perspicacia: nei testi che comporranno il volume Poesie per chi non legge poesia, scorge in Enzensberger un gioco sui “contrasti fra i diversi piani linguistici (linguaggio colloquiale, tecnico, giornalistico)”, gioco che sfrutta l’eterogeneità sincronica della lingua. Delle proprie poesie, per l’edizione tedesca di Poesia e errore, egli sottolinea invece il carattere diacronico, “la mia poesia (…) passeggia, insomma, su e giù per i secoli della lingua italiana”. Queste peculiarità si riflettono poi sulle scelte metriche dei rispettivi autori (in Enzensberger il verso libero e in Fortini la centralità dell’endecasillabo). Come si vede, nel carteggio si misura un’ampiezza di questioni, che scendono nel dettaglio della pratica traduttiva, avendo sempre alle spalle, però, un discorso ben più ampio; un discorso non solo sulla poesia, ma anche sulla capacità di quest’ultima di funzionare come voce critica insieme ad altre, in un contesto di nuovi conflitti che l’emergente cultura di massa e la sua correlativa gestione capitalistica stavano rivelando.
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