09 settembre 2011

INVITO ALLA LETTURA DEI CLASSICI

Nonostante il cattivo uso che la scuola ha fatto degli autori classici – basti pensare al modo in cui sono stati spesso trattati Dante e Manzoni – chi li ha letti veramente sa che essi sono dei modelli di stile e di pensiero insuperabili. Per invitare i lettori di questo blog a rimettersi in mano gli eterni contemporanei cominciamo con il pubblicare le originali recensioni di tre libri che hanno fatto epoca scritte dalla giovane Elisa Ribaudo. Siamo rimasti particolarmente colpiti dallo stile essenziale della sua scrittura e dalla sua straordinaria capacità di cogliere in poche righe l’anima di un libro. F.V.

Anime morte – Nikolaj Gogol' (1809 - 1852) letto da Elisa Ribaudo

Il protagonista di questo romanzo, Čičikov, rappresenta la figura dell’anti-eroe. Ruffiano, bugiardo e manipolatore. Insomma, un personaggio attuale, contemporaneo, oserei dire Italiano.
Gli altri personaggi hanno anche loro dei caratteri grotteschi che incarnano la società Russa di quell’epoca. Čičikov si reca da loro per acquistare delle anime morte, ossia una lista di contadini defunti. Ma cosa se ne fa di queste anime morte? A cosa gli servono? Questa è la domanda che il lettore si pone durante tutta la prima parte del romanzo. C'è grande curiosità.
Ma, più che Čičikov, è proprio l’autore, Gogol’, a destare interesse nel lettore. Un autore che si intromette spesso nella narrazione, con squisito senso dell’ironia, con osservazioni di un realismo disarmante. La descrizione della burocrazia, ad esempio, sembrerebbe scritta due giorni fa, e non solo: sembrerebbe scritta sul modello – e che modello! – italiano. Per non parlare poi della pericolosa potenza del chiacchiericcio, capace di distruggere la reputazione di un uomo sulla base di argomentazioni fasulle.
Gogol’ è un autore estremamente moderno. Moderno è anche il suo protagonista, Čičikov, da me ribattezzato Gennarino De Pasquale – nome tipicamente Italiano - poiché potrebbe benissimo sentirsi a suo agio in mezzo ai nostri politici, sì, quelli della cricca.
Ma del resto l’autore è consapevole del fatto che il protagonista possa risultare sgradevole, tanto che lo sottolinea lui stesso:
"Se non avesse guardato, l’autore, più profondamente nella sua anima [di Čičikov], se non avesse pescato sul fondo di questa quel che scivola via e si sottrae alla luce, se non avesse messo a nudo i pensieri segreti, quelli che a nessun altro uomo confida, ma l’avesse mostrato così come sembrava a tutta la città, a Manilov e a tutti gli altri, tutti sarebbero stati arcicontenti e l’avrebbero preso per una persona interessante".
Probabilmente è proprio ciò che l’autore voleva, il "vedere messa a nudo l’umana miseria". Perché? Il perché lo dice lui stesso:
"Ma chi di voi, pieno di bontà cristiana, non in pubblico, ma in silenzio, da solo, nel momento del colloquio solitario con se stesso, lascerà andare nel profondo la grave domanda: “Ma non c’è per caso anche in me una parte di Čičikov?”. Sì, certo che c’è!"
Già, certo che c’è.
Che egli speri in una redenzione del lettore? O che forse quel monito sia solo parte dell’ironia che tanto contraddistingue l’autore? Chissà, ma probabilmente ha ragione nel dire che c’è un po’ di Gennarino in ognuno di noi.

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