Florentino Ariza è “brutto e triste, ma tutto amore”.
Fermina Daza è una donna altera, con la camminata da cerva.
Juvenal Urbino è un medico molto famoso e gode di grande stima.
Insomma: lui, lei, l’altro.
Sembrerebbe la trama di un romanzetto, ma così non è.
Non è il caso de L’amore ai tempi del colera.
Tale romanzo è, invece, il racconto di come "per cinquantatre anni, sette mesi e undici giorni, notti comprese" l’amore testardo e incontrastato di Florentino Ariza resista al muro edificato da Fermina Daza intorno al suo cuore.
Il lettore arriva persino a tifare per Florentino Ariza, come se fosse una partita: Florentino Ariza perde terreno, poi avanza, poi ricade di nuovo nel baratro, poi… Ma non è una partita, è la testardaggine di un uomo innamorato, sebbene sia stato rifiutato brutalmente dalla donna che ama.
Lo stesso lettore simpatizza anche per Juvenal Urbino che, sebbene sia “l’uomo di troppo” nella vita di Florentino Ariza, sebbene sia l’uomo da lui odiato e – perché no – anche invidiato, tutto sommato è anche lui un personaggio positivo.
Gabriel García Márquez, sull’onda di “lui, lei l’altro” poteva suddividere il romanzo in “buoni e cattivi”, ma così non ha fatto; egli ha invece preferito che il lettore si affezionasse ad entrambi. Cosa che altri autori non hanno voluto fare, o che semplicemente non sono riusciti a fare.
La narrazione ripercorre la vita di Florentino Ariza e Fermina Daza, indagando le personalità di entrambi. Si conoscono quando lei è adolescente, si riscrivono quando lei ormai è un’anziana vedova.
Cito una frase che compare circa a metà libro: Perché Florentino Ariza esisteva, in effetti, nonostante quanto lei si era imposta di credere: ecco, questo, a mio modesto parere, è il fulcro della storia.
Elisa Ribaudo
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