Se Internet diventa
un'ossessione. Una riflessione di Bauman
Zygmunt Bauman
Noi, travolti
dall’ossessione di restare connessi
Il dizionario Merriam-Webster, che gode di grande considerazione, liquida il termine “ossessione” come «un’attività verso cui si nutre molto interesse o a cui si dedica molto tempo»; “compulsione” come «il sentirsi costretti a fare qualcosa»; e “dipendenza” come «un persistente consumo compulsivo di una sostanza di cui la persona che ne fa uso conosce l’effetto nocivo». Il rapporto che abbiamo con le nove ore o più che, stando a una ricerca attuale, l’individuo medio trascorre quotidianamente davanti a schermi grandi, medi o in formato tascabile
(ossia nell’universo online) rispecchia tutte e tre le definizioni. (…)
Lasciatemi cominciare
dalla considerazione secondo cui le azioni nel mondo connesso sono
nettamente più veloci e vantaggiose di quelle che impone invece la
vita nell’universo disconnesso. In netto contrasto con il modo in
cui una persona si aggira nel mondo offline, le imprese della vita di
un individuo che naviga nell’universo online sono incomparabilmente
più semplici (senza la necessità di abilità particolarmente
complesse né di uno sforzo prolungato), più veloci (i risultati
sono davvero immediati e si ha la sensazione di riuscire a ottenere
qualcosa senza dover aspettare), più sicure (le iniziative che si
intraprendono quando si è connessi possono essere annullate senza
grossi problemi, ed è improbabile che le conseguenze di ciò
finiscano per tormentare la persona che naviga incautamente in rete).
Ma era proprio questo a
cui mirava l’idea di progresso annunciata dai profeti, dai pionieri
e dai promotori della modernità, così come i conseguenti affanni
della modernizzazione. È esattamente ciò che “essere moderni,”
o “condurre una vita moderna,” doveva significare: liberarsi, a
una a una, di tutte le fatiche e i disagi della vita. (…)
Considerate, ad esempio,
il contributo che ha avuto nello scacciare lo spettro maligno della
nostra epoca: la minaccia dell’esclusione, dell’estromissione,
dell’abbandono e della solitudine. Su Facebook non ci si deve più
sentire soli o abbandonati, rifiutati, eliminati – lasciati lì a
cuocere nel proprio brodo senza la compagnia di nessuno se non di se
stessi. C’è sempre, ventiquattr’ore al giorno e sette giorni su
sette, qualcuno da qualche parte pronto a ricevere un messaggio e
persino a rispondere a esso o a confermare di averlo ricevuto. (…)
Ma cos’è che è andato
perduto – già accertato o che si prevede di perdere? Tanto per
cominciare, i ricercatori riferiscono di danni che affliggono (o che
si presume possano affliggere) le nostre facoltà mentali;
innanzitutto, le qualità/capacità ritenute indispensabili per
stabilire un ambito di cui la ragione e la razionalità hanno bisogno
per essere utilizzate e dare piena prova di sé: attenzione,
concentrazione, pazienza – e la loro durata. (…)
Stiamo perdendo la
pazienza, ma i grandi risultati si ottengono solo con molta pazienza.
Bisogna tener testa agli ostacoli che si incontrano, alle probabilità
inattese che tuttavia confondono i piani o interrompono la loro
realizzazione. Sono stati condotti molti studi su questo problema, e
la maggior parte dei risultati ha mostrato che la capacità di
attenzione, di rimanere concentrati a lungo – e nel complesso la
perseveranza, la tolleranza e la forza d’animo, le caratteristiche
fondamentali della pazienza – stanno diminuendo, e rapidamente.
(...)
Oggigiorno, il
“multitasking” tende a essere la strategia di gran lunga
preferita nell’utilizzo della rete con le sue sempre più numerose
app e gadget, contenendosi un attimo (per quanto fuggevole) di
attenzione. (…)
La prossima
considerazione riguarda il probabile impatto sulla natura dei
rapporti umani. Stringere o interrompere dei rapporti è di gran
lunga più facile e meno rischioso nell’universo online che in
quello offline. Il fatto di allacciare delle relazioni online non
implica impegni a lungo termine, figuriamoci poi quelle in stile
«finché morte non ci separi, nella buona e nella cattiva sorte»,
né richiede il duro, logorante e prolungato sforzo che invece
esigono i legami nel mondo disconnesso. (…)
C’è un’altra
questione, forse la più controversa tra quelle che emergono dal
dibattito sui vantaggi e gli svantaggi della rete mondiale. L’esporsi
in modo universale, facile e comodo agli eventi del mondo in “tempo
reale”, abbinato a un’apertura analogamente universale, e
all’affacciarsi con la medesima facilità e tranquillità al
palcoscenico pubblico, è stato salutato da molti osservatori come
un’autentica svolta nella breve seppur movimentata e burrascosa
storia della democrazia moderna.
Contrariamente alle
previsioni piuttosto diffuse secondo cui Internet rappresenterà un
importante passo in avanti nella storia della democrazia, chiamando
in causa ognuno di noi nel plasmare il mondo che ci dividiamo e
sostituendo la “piramide del potere” che abbiamo ereditato con
politiche “trasversali” – si stanno accumulando le prove a
sostegno del fatto che Internet potrà benissimo contribuire a
prolungare e inasprire i conflitti e gli antagonismi, impedendo al
contempo un reale dialogo a più voci e la possibilità di un
armistizio e di un accordo conclusivo.
Paradossalmente, il
pericolo nasce dalla tendenza della maggior parte degli internauti a
rendere il mondo online una zona priva di conflitti, benché non
venendo a patti sulle questioni alla base degli scontri di modo che
vengano risolti accontentando entrambe le parti – ma sottraendo
tali conflitti che tormentano il mondo offline alla loro vista e
attenzione… (…)
Va detto che il
sopraccitato inventario dei vizi e delle virtù effettive e
potenziali della suddivisione del Lebenswelt (“mondo della vita”)
in un universo online e offline è tutt’altro che completo. (...)
Nonostante tutto quello
che al momento si possa sostenere, una delle conseguenze meno
allettanti riguarda il prezzo da pagare per i risultati più grandi
ottenuti dall’universo online in termini di comodità, facilità,
assenza di rischio – e incoraggiando una tendenza a trapiantare le
concezioni del mondo fatte a misura dell’ambiente online nel suo
corrispettivo offline, a cui possono essere applicati a costo di un
grande danno etico e sociale.
La Repubblica – 6 luglio 2015
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